Ricordi tra Budapest e Parigi di un intellettuale davvero impegnato
20 Agosto 2009
“Fejto, come uomo e come studioso, non rientrava in nessun schieramento preconfezionato. Eppure, nessun intellettuale fu più impegnato di lui”. Parola di Maurizio Serra, diplomatico e storico, amico del grande saggista magiaro scomparso quasi centenario lo scorso anno. Le osservazioni dello studioso italiano si possono leggere nell’ introduzione al volume “Ricordi. Da Budapest a Parigi”, appena uscito per i tipi della palermitana Sellerio. Si tratta di un’autobiografia dai tratti quasi sincopati: si va dagli esordi quando il suo paese natale apparteneva ancora alla duplice monarchia fino ad arrivare alla metà degli anni Ottanta, ovvero alla stagione in cui quel totalitarismo rosso da Fejto, contrastato già fra le due guerre, mostrava ampie crepe ma non tali da annunciare il tracollo che si sarebbe verificato di lì a breve. Ancora Serra ricorda il ruolo centrale svolto dallo scrittore e giornalista (dal 1938 esule in Francia) durante la crisi del 1956: “Fu lui a smuovere l’allora stella del firmamento progressista, Jean-Paul Sartre, riuscendo a convincerlo dopo una notte intera di discussioni che i veri controrivoluzionari sedevano al Cremlino”. Altra battaglia, la “Primavera di Praga” e il successivo sostegno al dissenso polacco. Quanto emerge da “Ricordi” (identica atmosfera si respira in un altro bellissimo testo di taglio personale,”Il passeggero del secolo”, uscito sempre da Sellerio nel 2001), ne fa davvero un unicum nel panorama del “secolo breve”.
Fejto “ha sempre evitato di occultare errori o atrocità in nome di presunte verità superiori”, all’opposto – osserva Serra – di un altro grande vecchio come Eric Hobsbawm, che solo di recente “ha riconosciuto di aver omesso di menzionare nelle sue opere i crimini di Stalin e dell’URSS per non nuocere alla causa del Comunismo con l’iniziale maiuscola”. Capire ancora prima di giudicare, ammettere le proprie predilezioni eppure non farsene condizionare più di tanto. Così operava normalmente il magiaro, magari a stretto contatto con suoi intellos di riferimento: da Raymond Aron a Ignazio Silone, da Albert Camus ad Arthur Koestler. Dopo un breve innamoramento sovietista, che gli costa il carcere sotto l’ammiraglio Horthy, il suo indirizzo ideologico resterà sempre quello di un terzaforzista socialdemocratico spiccatamente antitotalitario.
Fejto ha avuto spesso lo sguardo lungo, uno fra le poche teste forti di cui si può affermare che ha sbagliato il minimo e che nelle battaglie fondamentali è stato invece dalla parte giusta. I suoi libri sulle democrazie popolari, datati inizio guerra fredda, fanno ancora testo. I suoi lavori sull’Austria fra mito e realtà continuano a far riflettere. Ai lavori più noti vanno aggiunte le riflessioni sulla fede (ebraica e poi cattolica) e neppure da dimenticare sono gli intriganti romanzi, dallo sfondo esistenziale, del periodo ungherese. “Ricordi” è, in effetti, un libro bellissimo.
Francois Fejto, “Ricordi. Da Budapest a Parigi”, Sellerio, pagine 436, euro 20,00.