Rifondazione: Governo terrorista sulle pensioni

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Rifondazione: Governo terrorista sulle pensioni

19 Giugno 2007

Un’altra giornata sul filo del rasoio per l’Esecutivo di Prodi. Cominciata, sul fronte delle pensioni, con le frecciatine di prima mattina di Damiano a Padoa Schioppa e le pesanti accuse di metà pomeriggio di Rifondazione Comunista: “le cifre rese note dal Tesoro sui costi dello scalone sono una sorta di terrorismo psicologico che mira a esercitare una pressione indebita sulla trattativa in corso con i sindacati. E l’elemento inquietante è proprio il disegno politico che traspare dietro questa campagna di disinformazione”, ha detto Giovanni Russo Spena.

Toni più leggeri nel confronto di Palazzo Chigi tra Governo e parti sociali, che si è concluso con un nuovo appuntamento: quello di giovedì, quando  il governo presenterà alle parti un testo scritto con le proprie proposte sulla riforma del sistema previdenziale. Solo allora si capirà se è possibile arrivare a un accordo entro dieci giorni, come ha riferito al termine del vertice il leader della Cisl Raffaele Bonanni. Meno ottimista il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: ”Siamo ancora lontani da un buon accordo, l’unico che firmeremmo – ha detto – C’è ancora molto lavoro da fare, le posizioni del Governo devono cambiare in maniera significativa. E’ una trattativa difficile, anche per le diverse posizioni nel Governo stesso”. Dal canto loro, i sindacati insistono (come ha sottolineato anche oggi il segretario della Uil Luigi Angeletti) sull’introduzione di incentivi, sulla libertà di scelta su quando andare in pensione e sul no a qualsiasi proposta di allungamento dell’età lavorativa mentre il Governo vorrebbe abbattere lo scalone, ma innalzare gradualmente l’età pensionabile (con i cosiddetti scalini) in linea con gli altri Paesi europei. Resta il nodo sul reperimento delle risorse, sulle quali l’Esecutivo dovrà far luce questo giovedì.

Ad aprire le danze di Palazzo Chigi, questo pomeriggio, il monito di Prodi: “Vi chiedo un ritmo pressante perché  la trattativa è fatta per trovare una soluzione ma la decisione va presa molto, molto velocemente”. Un invito che è suonato come un chiaro avvertimento affinché possa essere perseguito l’obiettivo di chiudere la partita entro il 28 giugno, giorno della presentazione del Dpef. Ma la situazione è tutt’altro che facile da risolvere: sul ring delle pensioni, da una parte ci sono la sinistra radicale e i sindacati, che spingono per l’eliminazione dello scalone, dall’altra il ministro Padoa Schioppa, parte della maggioranza di Governo e Confindustria, contrari all’abolizione tout-court dell’innalzamento dell’età.  Ma la coalizione guidata da Romano Prodi resta divisa anche su dove e in quale misura reperire le risorse per finanziare l’abolizione o l’attenuazione del famoso scalone di fine anno. E perfino sui numeri relativi ai costi per l’abolizione dello scalone è guerra.

Già dalla mattina infatti l’aria che tirava non era delle migliori. A surriscaldare il clima, a poche ore di distanza dal settimo incontro formale tra Governo e parti sociali, i dati della Ragioneria dello Stato secondo cui la cancellazione della Maroni, quindi la sostituzione dell’innalzamento a 60 anni dell’età pensionabile dal 2008 con graduali aumenti a partire da 58 anni, costerebbe circa 10 miliardi di euro fino al 2016. Spostare il tetto a 59 anni nel 2008 dai 60 previsti costerebbe comunque 2,5 miliardi.

Lo scalone resta infatti una materia incandescente anche perché a differenza dei coefficienti produce da subito risparmi e la sua cancellazione imporrebbe il recupero di risorse ingenti. Risorse che da ieri hanno un ammontare preciso ma sulle quali si è accesa la polemica . “È inutile gettare allarmismi alla vigilia della trattativa”, aveva detto il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, dopo la diffusione dei dati della Ragioneria dello Stato criticando apertamente Padoa Schioppa. E ancora: “È noto che superare lo scalone costa – ha detto Damiano – troveremo le misure compensative”. Aggiungendo poi che se non si raggiunge un’intesa tra governo e sindacati sulle pensioni entro la fine del giugno, il rischio è che si entri “in una fase difficile e critica per il paese”.  A fargli eco, il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferreo, secondo cui togliere lo scalone costa, “ma non quella cifra lì”. Quei calcoli, secondo il ministro, “sono fatti come se tutti andassero in pensione il giorno dopo averne maturato il diritto, ma questo accade solo se la gente si trova in una condizione di insicurezza e di paura, per cui teme che gli si modifichino le regole ogni cinque minuti, come è successo negli ultimi anni.

Già nei giorni scorsi, i sindacati avevano fatto muro sulla possibilità di slittamento a settembre della discussione su scalone e coefficienti . E anche oggi, hanno chiesto all’Esecutivo di Prodi di rispettare i tempi della trattativa. “Il superamento dello scalone previdenziale è stato già pagato con l’aumento dello 0,30% dei contributi dei lavoratori dipendenti con cui si è realizzato un miliardo di euro all’anno”, ha tuonato il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, a ricordare così al governo, nel corso del confronto, le garanzie date nella scorsa Finanziaria dal ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa.

La polemica è aggiornata a giovedì.