Riforma Popolari, De Benedetti si autoassolve. Ma le (tante) domande senza risposta restano
18 Gennaio 2018
di Carlo Mascio
Carlo De Benedetti irrompe sulla scena pubblica e a Otto e mezzo da Lilli Gruber, parla della querelle sull’ormai famigerata telefonata del 16 gennaio 2015 al suo broker con cui dava mandato di acquisire le azioni delle banche popolari, dopo che l’allora premier Renzi l’aveva rassicurato sul fatto che la riforma sarebbe passata (“Passa, me lo ha detto Renzi, passa” disse l’ingegnere a Bolengo). Telefonata che per l’ingegnere non sembra essere un problema. “E’ tutto un po’ ridicolo – dice De Benedetti – era un segreto di Pulcinella la riforma delle popolari. Era nel programma di Renzi che tra l’altro non mi ha detto niente di particolare. Mi ha solo detto che la riforma delle popolari sarebbe stata fatta. Nessuna parola su un decreto o su una data”. Tutto normale, dunque. Peccato però che alcune domande restino ancora senza risposte.
Se è vero infatti che era un segreto di Pulcinella come sostiene l’ingegnere (e anche Renzi), come mai non c’è stata la corsa all’acquisto delle quotazioni delle popolari, tanto che la plusvalenza incassata da De Benedetti è risultata abbastanza alta (600mila euro)? Anche perché, in genere, quando una notizia di questo tipo è solamente ventilata, le quotazioni salgono e i guadagni, di conseguenza, scendono.
Così come anche la questione del “decreto sì, decreto no” è tutt’altro che archiviata. Stando alla telefonata, la parolina magica, (decreto, appunto), è stata pronunciata dal suo broker Gianluca Bolengo, come si legge nella richiesta di archiviazione presentata dai pm e consegnata alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche su iniziativa del solito Andrea Augello, senatore di Idea, che sulla questione ha presentato anche un’interrogazione al ministro Padoan: “Su questo se passa un decreto fatto bene salgono [le quotazioni delle Popolari]” disse Bolengo a De Benedetti che rispose con l’ormai famosa frase: “Passa, me lo ha detto Renzi, passa”. Per cui, come precisa Augello,”non è credibile che De Benedetti non sia più in grado di ricordarsi le regole della grammatica e della sintassi. Se infatti – continua il senatore – nella telefonata Bolengo utilizza la parola “decreto” e se De Benedetti risponde “passa…passa”, in italiano la parola decreto utilizzata da Bolengo ha un significato preciso. E nella replica di De Bendetti la terza persona del verbo passare ha inevitabilmente come soggetto sottointeso la parola decreto. Purtroppo per lui”. La questione è tutt’altro che marginale. Come già abbiamo avuto modo di dire, il decreto, essendo un provvedimento d’urgenza, non lascia lo spazio di tempo per far diffondere la notizia, e dunque chi ne è al corrente prima ha la possibilità di comprare prima che i titoli salgano. Mentre se la legge segue il normale iter palamentare l’affare sfuma, perché i giornali ne parlano e tutti vengono a conoscenza del provvedimento ben prima che sia votato, oltre al fatto che la legge può subire, nel percorso, modifiche anche sostanziali.
Ma a quanto pare tutto questo non è importante. Non sembra importante per la Procura di Roma, la stessa che, dopo aver aperto a suo tempo l’inchiesta con l’accusa di insider trading al broker (non a De Benedetti o a Renzi), ora ha chiesto l’archiviazione del caso. Non sembra importante per tiggì e giornaloni che, a quanto pare, si sono chiusi in un silenzio assordante sulla vicenda. E non sembra rilevante tantomeno per De Benedetti secondo cui la commissione d’inchiesta sulle banche “è stata inutile”, derubricata a mero “errore politico di Renzi”. In ogni caso, se è stata inutile o meno, soprattutto per il Pd, lo sapremo il 4 marzo.