(Ri)leggere Bagnasco senza pensare alla Fiat

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(Ri)leggere Bagnasco senza pensare alla Fiat

02 Settembre 2010

Anche la Chiesa ha espresso la sua opinione sulla vicenda del reintegro dei tre lavoratori nelle linee di montaggio di Melfi. Il Cardinal Bagnasco, intervistato dal Tg2 a margine delle celebrazioni per il 520mo anniversario dell’apparizione della Madonna della Guardia, ha dichiarato "Il lavoro è fondamentale per costruirsi una famiglia" […] per poi aggiungere che "trascurare la famiglia, ad esempio nelle sue esigenze economiche, significa sgretolare la società stessa".

Queste dichiarazioni, superficialmente lette, hanno polarizzato le posizioni pubbliche. Quella di chi ne rintraccia la solita insopportabile invasione di campo, e quella di chi ne evidenzia il giusto spirito cattolico che guida la difesa del più debole. Anche questa volta, in ossequio al costume nazionale del "buttare tutto in politica", abbiamo rinunciato ad articolare un dibattito pubblico approfondito. Dimentichiamoci per un attimo del caso Fiat e proviamo a rileggere la dichiarazione del Cardinale alla luce delle notizie che occupano la cronaca di oggi. Gheddafi, con il suo carrozzone circense se ne arriva in Italia ad insegnare il Corano a delle hostes reclutate, senza perdere l’occasione di indottrinare anche noi, che nemmeno siamo stati pagati per sorbircelo. "L’Europa di deve islamizzare!", profetizza; e ancora: "Se l’Unione Europea non verserà 5 miliardi di euro alla Libia, verrete africanizzati!".

Una minaccia neanche troppo sottile che fa leva su due elementi: gli stati islamici sono culturalmente più forti dell’Europa cedevolmente laica; e per di più si fondano su una tendenza demografica dilagante.
Quasi contemporaneamente in Olanda vengono arrestati due individui, di cui uno cittadino americano, con l’accusa di voler preparare un attentato di matrice religiosa: ancora una volta sembra che l’intento fosse quello di dirottare un volo. Le parole di Bagnasco sono state superficialmente fraintese quando furono espresse in relazione al caso Melfi e silenziosamente inascoltate alla luce dei fatti odierni. La famiglia è l’embrione culturale che garantisce la vita delle nostre società. Ed è proprio quella l’istituzione sotto attacco.

Furono le famiglie a morire nell’orrore di Ground Zero, di Madrid e Londra; sono le famiglie a dover essere islamizzate o africanizate; sono le famiglie gli obbiettivi dei presunti attentatori fermati in Olanda. La famiglia è l’atomo fondante del nostro tessuto sociale, ed è allo sgretolamento della stessa che dobbiamo porre rimedio se vogliamo conservare la nostra società, liberale e democratica. Ha ragione il Cardinale quando dice che "mettere in atto delle politiche adeguate ai reali bisogni della famiglia perché possa avere dei figli, significa guardare lontano, assicurare un corpo sociale equilibrato".

In questo senso l’equilibrio della società si trasforma in forza e coesione, il miglior antidoto alle sfrontate dichiarazioni di stampo neocolonialistico e alle azioni di terrorismo. La famiglia è custode della nostra identità culturale. Difendere la famiglia significa difendere la nostra identità. E’ miope, se non addirittura irresponsabile, derubricare a folklore beduino le dichiarazioni del leader libico, o considerare un caso di felice prevenzione lo sventato attentato di Amsterdam. Non ci sono guerre da combattere, nessuna trincea. La capacità di salvaguardare le istituzioni sociali che determinano il nostro vivere passa necessariamente per il sostentamento della famiglia, perché è lì che viene custodita la nostra storia e si scrive il nostro futuro.

E’ altrettanto colpevole non essere in grado di ascoltare le voci che animano il nostro dibattito pubblico, superando la stoltezza degli schieramenti politici e per una volta aggregare l’opinione pubblica con l’obbiettivo di salvaguardare i nostri valori. Il Cardinal Bagnasco non parlava di Melfi, ma del futuro della nostra società. Anche la Chiesa ha espresso la sua opinione sulla vicenda del reintegro dei tre lavoratori nelle linee di montaggio di Melfi.