
Riscoprire la bioetica

13 Luglio 2020
di Aldo Vitale
Pubblicato nei primi giorni del 2020 per le edizioni Rubbettino il volume “Riscoprire la bioetica. Capire, formarsi, insegnare” a cura della Professoressa Giorgia Brambilla raccoglie i contributi di teologi, filosofi, giuristi, medici e studiosi intorno ai temi della bioetica che sempre più pressanti e onnipresenti sono sullo scenario del dibattito pubblico culturale e giuridico tanto nazionale che internazionale.
A fronte di una sempre accresciuta rilevanza dei temi bioetici negli ultimi anni, tuttavia, non sempre è corrisposta una parallela e necessaria crescita della comprensione dei medesimi, preferendosi il più delle volte rivolgersi alla facile discesa delle preconfezionate risposte ideologiche piuttosto che intraprendere il faticoso ed erto sentiero della ricerca ragionevole e razionale.
Fugando ogni dubbio fin dal principio: il volume in questione è una chiara ed efficacissima risposta di senso al vuoto ideologico da cui spesso sono afflitte le discussioni bioetiche contemporanee ed ecco perché giustamente la curatrice dell’opera nella sua introduzione precisa che «bioetica è, in un certo senso, abitudine a pensare, a mettere insieme gli ingranaggi che compongono le questioni etiche che come delle vere e proprie mine anti-uomo incontriamo ogni giorno».
Il testo, che secondo la migliore tradizione didattica, si divide in parte generale e parte speciale, traccia il sentiero sul quale si muove l’odierna riflessione bioetica, con tutta la sua profondità e complessità multidisciplinare come del resto alla bioetica si addice, avendo riguardo ai temi più attuali e problematici come l’aborto, la fecondazione assistita, il transumanesimo, l’ideologia gender, l’eutanasia e il suicidio assistito.
Gli autori del volume curato dalla Professoressa Brambilla hanno il pregiato merito di affrontare gli argomenti della propria trattazione in modo scientificamente rigoroso, così da supportare in modo adeguato l’approfondimento per coloro che si interessano dei problemi della bioetica, ma senza rinunciare alla vocazione universalistica del sapere che impone un registro adatto anche per coloro che intendono muovere i primi passi nella conoscenza di una disciplina articolata quale la bioetica.
In questo senso la prima parte del volume di armonizza perfettamente con la seconda poiché, sempre per utilizzare le parole introduttive della curatrice del volume, «la vera sfida della bioetica è educare, che significa aiutare a riconoscere l’oggettività del reale, a partire dall’essere umano che ho davanti a me hic et nunc per ciò che è e non per ciò che ha o sa fare».
Nella temperie culturale attuale, infatti, in cui si assiste ad una incessante opera di ristrutturazione ideologica e di destrutturazione antropologica dell’essere umano, indulgendo sempre alla micidiale miscela offerta dal possibilismo tecnico dell’era presente che si fonde con il nichilismo etico-giuridico contemporaneo, “riscoprire la bioetica” rappresenta l’unica via di fuga per recuperare il senso della realtà e la realtà del senso.
Se Brambilla, infatti, precisa che «una bioetica senza verità è anche irragionevole e priva di fondamento», il teologo morale George Woodall puntualizza che «la serietà della bioetica, con le implicazioni gravissime di quanto si fa, esige un’attenzione accurata alle fonti della moralità dell’atto in ogni caso».
La bioetica, tuttavia, non è una “scienza pura”, ma è una espressione della relazionalità umana non soltanto in termini esistenziali, ma anche in termini di conoscenza, trovandosi al punto d’intersezione di quattro dimensioni epistemiche differenti quali la teologia, l’etica, la bio-medicina e il diritto, non potendosi dunque ridurre ad una sola singola dimensione, ma dovendo sempre interfacciarsi con la poliedricità della propria specificità.
Ecco perché l’avvocato Massimo Micaletti pone un rilevante interrogativo in apertura del suo capitolo:«Perché il diritto dovrebbe occuparsi di bioetica?».
Oltre i grandi temi fondativi e orientativi cristallizzati nella prima parte del libro, ampiamente consigliata per chi deve muovere i primi passi nello studio della complessa disciplina della bioetica, vi sono, però anche i singoli temi trattati nella seconda parte.
In questo senso la filosofa Claudia Navarini esamina in modo certosino la rigorosità etica e razionale dell’assolutezza del principio di autodeterminazione che viene spesso posto a fondamento legittimante dell’interruzione volontaria di gravidanza, sottolineando altresì le terribili ripercussioni psico-esistenziali, scientificamente documentate, che l’aborto volontario provoca sulla donna che decide di ricorrervi.
La filosofa Giulia Bovassi, invece, dal canto suo problematizza l’interrelazione tra homo sapiens e homo faber così caratteristica della nostra epoca che non solamente ha reso il nostro cervello l’unico organo dell’individualità umana, ma ha anche avviato – tramite il supporto delle neuroscienze e del potenziamento bio-fisico – l’essere umano all’epoca del trans-umanesimo e del post-umanesimo in vista di una transizione «verso l’immortalità virtuale- tecnologica (postumana)».
In tutto questo non può che emergere anche l’annosa questione dell’ideologia gender che Rodolfo De Mattei esamina ampiamente in quanto rilevantissimo attuale problema per la coscienza come per il diritto e per la tenuta della stessa civiltà occidentale in quanto palese «progetto contro l’uomo, violato nella sua più intima essenza, che costituisce una sfrontata sfida alle invalicabili leggi della natura umana».
Infine, il tema del fine vita che Pierluigi Pavone e Giorgia Brambilla investigano con rigore partendo dalle premesse filosofico-antropologiche di quelle posizioni che oggi considerano configurabile un presunto “diritto di morire” e che rischiano di trasformare e stravolgere la stessa convivenza politica e sociale fino ad ora conosciuta, poiché «la rivendicazione alla legittimità al suicidio, in nome di un potere libero e sovrano su se stessi, è la breccia per determinare un sistema politico in cui il potere legislativo decide – democraticamente – la legittimità a vivere di ogni cittadino».
Il testo curato da Giorgia Brambilla, fortemente consigliato non soltanto per gli “addetti ai lavori”, ma anche per genitori, educatori, giornalisti, avvocati, docenti di scuola, catechisti e sacerdoti, in cui si intrecciano le documentatissime riflessioni di ben 17 studiosi delle più diverse, ma complementari discipline, si rivela per essere, in buona sostanza, un prezioso ed insostituibile ausilio di orientamento culturale, etico e razionale in un contesto come quello attuale in cui domina soltanto la (non)cultura dello scetticismo ostinato e irragionevole che, purtroppo, ha rinunciato ed insegna a rinunciare a capire, formarsi e insegnare.