Roma non fa la stupida…l’anno prossimo

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Roma non fa la stupida…l’anno prossimo

Roma non fa la stupida…l’anno prossimo

27 Giugno 2020

Quale sia stato il ruolo dell’Urbe nell’ascesa, nel declino  e nella caduta dell’Impero Romano e dall’Evo antico ai giorni nostri è espresso, con una felice intuizione, dalle parole di un poeta germanico dal nome romanizzato in Rutilio Namaziano  nel suo poema “De Reditu”: “…fecisti patriam diversis gentibus unam urbem fecisti quod prius orbis erat”.

Parole che fissano, per sempre, la vocazione universale e cosmopolita di Roma sancita dalla equanimità dello “ius” e dalla suggestione della “bellezza”

E se l’Italia, come nazione, ha molto di bellezze architettoniche e museali Roma ha di più.

Ma come ha fatto a ridursi così come la vediamo oggi?

La valutazione sulle responsabilità della attuale Sindaca pentastellata Raggi la daranno, a breve, i cittadini romani.

Ma certo i tempi per un’analisi che possa scongiurare gli errori (anzi gli orrori) passati bisognerà iniziare a farla.

La sindacatura della Raggi che succede alla tormentata consiliatura Marino caduta per defezione della stessa maggioranza consiliare (e non per mano di Notaio secondo una diffusa ma non corretta vulgata) è il sunto esasperato della delusione e della frustrazione di una città che ha visto, in pochi anni, succedersi le consiliature  Alemanno e Marino ciascuna con il suo carico di guai e di problemi non solo irrisolti ma aggravati.

Il frutto, in buona sostanza, del cosiddetto “voto vendicativo”: che ha portato alla guida della città una giovane avvocata dal curriculum modesto e dalla ancora più modesta preparazione amministrativa che ha, probabilmente, fatto quel “pochissimo” che ha saputo o potuto.

D’altronde solo la rabbia di un voto vendicativo e distruttivo poteva far aggio sulla considerazione di buon senso che gli enormi problemi di una città come Roma potessero essere risolti sulla base della “gioiosa inesperienza”. 

Ma tant’è.

Se Roma non fosse Roma (ma qualsiasi altra città italiana) sarebbe già tecnicamente fallita ai sensi del testo unico che regola le autonomie locali.

Sopravvive in forza di alchimie giuridico-contabili che hanno formalmente distinto un debito storico (di cui ad oggi non si conosce l’esatto importo) stimato tra gli 8 ed i 13 miliardi di Euro che viene restituito in gran parte con l’aiuto di contributi del Governo centrale dal debito cosiddetto “corrente” frutto di appostazioni che in quanto ad equilibrio sfidano qualunque principio noto della fisica.

Tale voragine trascina inesorabilmente con sè il destino (ed il bilancio) delle aziende cosiddette partecipate tra cui, per citare le più tristemente note per servizi e bilanci, Atac ed Ama.

Con un esercito di dipendenti che sfiora, con le partecipate, le 60mila unità (o meglio 60mila famiglie).

Senza un piano integrato (cosiddetto ciclo) dei rifiuti, senza un piano industriale per la creazione di termovalorizzatori di nuova generazione, senza un piano di crescita urbanizzata della città integrata con un piano coerente di mobilità veicolare di superficie e di metropolitana leggera e pesante.

Con la fattualità di rappresentare con i suoi quasi 5 milioni di abitanti (con l’hinterland) in unità di luogo il 10% della popolazione italiana: e quindi di dover muovere ogni giorno rifiuti pari al 10% dell’intera produzione giornaliera italiana e veicoli e persone pari al 10% dell’intera popolazione e parco macchine italiane.

Con un’estensione territoriale di città metropolitana tra le maggiori d’Europa che richiederebbe studi di altissima ingegneria sociale e di mobilità per rendere coerenti con il territorio sia i trasporti pubblici che la raccolta dei rifiuti.

Con una periferia che già negli anni “meno peggio” veniva definita come espressione di “povertà dignitosa”.

Ed a cui la sindacatura pentastellata, con le sue teoriche  sulla decrescita in-felice, ha aggiunto – molto – in povertà e tolto – molto – in dignità.

Senza un piano del commercio visto con l’ottica della “rivendicazione dei pezzenti” come se il degrado delle vie dello shopping internazionale “cosiddette vie del lusso” dovesse essere salutato con brindisi di prosecco.

Ma senza nemmeno una considerazione delle altre attività commerciali non centrali abbandonate ad una progressiva chiusura con desertificazione di intere periferie.

Senza una gestione moderna e performante dei beni monumentali ed archeologici (potenti attrattori di turismo e quindi di ricchezza) lasciati alla gestione di sistemi opachi di biglietterie e di aperture dei siti.

Risulta inutile parlare dell’entropia dei sistemi complessi a chi ha fatto della non necessità di competenze specialistiche la propria cifra politica.

Ma il principio entropico fa parte di tutte le più accreditate teorie della fisica e dei sistemi strutturati: e purtroppo il disordine tende sempre ad aumentare, per di più in maniera esponenziale, con il crescere della complessità del sistema di riferimento.

E certo un impoverimento ed un disordine economico ed amministrativo come quello attuale è di agevole constatazione.

Con un’urbanistica in cui la moltiplicazione dei dirigenti o lo spezzamento delle competenze si è sostanziato in una totale “paralisi provvedimentale”.

Come, riservatamente, confessano dirigenti apicali di Roma Capitale: “…da quando c’è questa (la Raggi) in tutti gli uffici compreso il Segretariato ci sono più “commissari ad acta” che provvedimenti”.

In pratica il TAR è divenuto, fattualmente, il decisore di ultima istanza delle linee programmatiche urbanistico – amministrative con delega all’autorità giudiziaria amministrativa di quelli che avrebbero dovuto essere i poteri – doveri di “indirizzo politico”.

La cinematografia romana e la moda sono ormai agonizzanti per disinteresse.

I network televisivi (vedi Sky) non hanno più sedi operative a Roma in favore di Milano ed anche Mediaset con Rete 4 è sempre sul punto di chiudere la storica sede dell’Aventino.

A livello bancario le sedi romane son divenute esclusivamente “di rappresentanza” essendo ogni decisione di qualche significato economico decisa a Milano e comunque altrove.

Le strutture turistico – ricettive già penalizzate da un turismo pezzente e low cost risultano annientate dai provvedimenti in tema di contenimento del coronavirus e, in pratica, ignorate nella disperata richiesta di aiuto economico.

Questo lo scenario che precede il prossimo voto comunale.

La scelta del candidato Sindaco sarà determinante e costituirà una prova di maturità per l’intero centro – destra.

Perchè Roma non può permettersi altri “esperimenti” di candidati individuati in quanto “presidenti del Borgo Rosso calcio” –  come nel film di Alberto Sordi – od in base ad alchimie partitiche fondate sulla telegenia e/o sul “capitale erotico” (che nel pragmatismo del mondo anglosassone risulta la versione veritiera della nostra ipocrita “bella presenza”).

Serve uno bravo.

Ma bravo davvero anche individuato al di fuori dei recinti di appartenenza partitica.

Perchè le periferie romane contengono quella rabbia latente che può diventare, se esasperata e senza sbocchi, ferocia incontrollabile come nel mirabile film interpretato da Alberto Sordi “Il borghese piccolo piccolo”.