Roma rischia di pagare un prezzo troppo alto per ospitare le Olimpiadi

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Roma rischia di pagare un prezzo troppo alto per ospitare le Olimpiadi

24 Maggio 2010

Nel 2004 il governo greco ammise di aver abbondantemente sfondato il budget stabilito per le Olimpiadi: 8,954 miliardi di euro, senza contare i progetti già in corso di cui le Olimpiadi avevano imposto un completamento più affrettato, contro i 4,5 miliardi prefissati. Di fronte a un conseguente debito destinato a pesare per almeno trent’anni, si spiegò che si trattava di “un grande investimento destinato a produrre frutti nel lungo periodo”. Ma nel 2010 un altro governo greco ha dovuto ammettere che erano stati truccati pure i conti per essere ammessi nell’Euro, e il Paese è poi venuto giù. Colpa dunque delle spese eccessive delle Olimpiadi? In molti l’hanno scritto, ma noi riteniamo che la cronologia non torni. In realtà, i conti erano già stati soggetti a robusti trattamenti cosmetici già per l’ammissione all’Eurozona, nel 2000. Molto più semplicemente,  sono venuti al pettine i nodi di una gestione che era allegra per ogni cosa che venisse fatta.

L’Italia farebbe la stessa fine, se affidassero a Roma quelle Olimpiadi del 2020 cui si erano candidate anche Venezia e Palermo? Proprio a Roma c’è il precedente del 1960: Olimpiadi passate alla storia come mitiche, anche perché riuscirono a essere davvero la grande vetrina del miracolo economico di un paese dove l’indice della produzione industriale era cresciuto del 90% in un decennio, dove le case dei ceti medi iniziavano a riempirsi di frigoriferi, televisori e lavatrici, e a cui l’autorevole Financial Times aveva appena assegnato l’Oscar per la moneta più forte. Ma ciò non impedì anche a quell’appuntamento di essere occasione di scandali e inefficienze. Un risvolto negativo del boom nella capitale era stata l’ondata di selvaggia speculazione edilizia per il pur necessario aggiornamento della città alle esigenze di una moderna metropoli di due milioni di abitanti. Inevitabile, dunque, che della grande occasione sportiva si impadronisse un comitato d’affari. Secondo gli urbanisti furono i quindici chilometri della via Olimpica, con l’espansione verso l’Eur, a spazzare via il vecchio piano regolatore. Con esso, saltò anche l’intenzione originaria di contenere al massimo la speculazione facendo celebrare i Giochi nei territori comunali attorno allo stadio che, non a caso, era stato definito Olimpico.

Così, gran parte dell’organizzazione finì all’Eur. Ma anche in mezzo a tutte queste manovre torbide, il bilancio non fu del tutto negativo. L’avveniristico Palazzo dello Sport, inaugurato il 3 giugno 1960, resta tuttora uno dei più belli d’Europa. Anche se, quasi a voler eternare il risvolto della medaglia, il vicino Velodromo Olimpico fu presto abbandonato alle erbacce. In compenso, il Palazzetto dello Sport rimase vicino allo Stadio Flaminio, anche perché comunque era stato già inaugurato nel 1957. E pure vicino al Flaminio restò il famigerato Villaggio Olimpico, il cui progetto è del 1958, e di cui già nel 1963 i giornali denunciavano che cadeva a pezzi. Come le case, anche la via Olimpica si riempì presto di buche. Altri lavori riguardarono il sottovia di corso d’Italia e l’apertura di un nuovo buco nelle Mura Aureliane: antiestetico, ma probabilmente ormai improcrastinabile con la crescita vertiginosa del traffico automobilistico. Particolarmente chiacchierato fu il nuovo aeroporto internazionale Leonardo da Vinci, costruito a Fiumicino su 1500 ettari di acquitrino di proprietà della famiglia Torlonia, acquistati nel 1948 per 15 miliardi. La necessità di iniettare grandi quantità di cemento per stabilizzare il suolo, infatti, fece lievitare a dismisura sia i costi che i tempi di lavoro. E a tutto questo si aggiunsero le mazzette. Sull’aria del Sor Capanna, anche i tradizionali posteggiatori commentarono la vicenda con toni salaci: “Un giorno un pezzo grosso dello Stato/ Doveva annà a fa un pranzo sopraffino/ E da l’amichi je fu consijato/ De sceje tra Frascati e tra Marino…/ Lui rispose: ‘Amichi belli,/ Nun ce vado a li Castelli!/ È bono er vino/ Però… se magna mejo a Fiumicino!”.

Non solo il vecchio aeroporto di Ciampino, ma anche l’infrastruttura alberghiera generale della città era carente, con appena 28.500 posti letto. Così, il 28 novembre 1958 la giunta Cioccetti approvò anche la costruzione dell’Hotel Hilton sulla cima di Monte Mario, originariamente destinata a parco pubblico. Sul costo della XVII Olimpiade si aprì una polemica che non arrivò mai a chiarire quanto denaro pubblico fosse stato effettivamente speso. E tuttavia il grosso delle realizzazioni del 1960 sono ancora funzionali. Sia pure, per alcune, con forti critiche sul modo in cui si sono inserite nel paesaggio urbano. In conclusione, era un periodo in cui i lavori si facevano comunque per ricavarne qualcosa di durevole. Anche se, quando c’era l’occasione, si badava a intascare il più possibile e i vincoli paesaggistici e ambientali erano l’ultima cosa a venire considerata.

In Italia, da allora Olimpiadi estive non ve ne sono più state. In compenso, ci sono stati i Mondiali di Calcio del 1990, le Universiadi di Palermo del 1997, le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006, i Mondiali di Nuoto di Roma del 2009. E col tempo la polemica si è via via ingigantita. I Mondiali del 1990, in particolare, rappresentarono l’ultima grande occasione di speculazione edilizia a livello nazionale prima dello scatenarsi del ciclone Tangentopoli, e furono la motivazione per cui venne lanciato il nuovo strumento della Conferenza dei Servizi. Nell’immediato, ciò che più colpirà l’opinione pubblica e i media saranno gli incidenti a catena nei cantieri, con ben 22 morti. “Micidiali ’90”, titolerà un polemico manifesto. “La prima squadra è stata già eliminata”. Ma in prospettiva, ci si rederà conto che le pur drammatiche polemiche sulla sicurezza hanno paradossalmente distratto da altri scandali, meno appariscenti ma altrettanto gravi. Le cifre ufficiali alla fine diranno che si sono spesi 7.320 miliardi, contro i 3.500 preventivati. Il paravento per far raddoppiare i costi è stato quello dei tempi stretti per l’ultimazione, in modo che l’85% degli appalti è stato concesso senza nessuna gara. Roma si troverà piena di cattedrali nel deserto: dal Terminal Ostiense, chiuso dopo tre anni; alla stazione di Farneto, 15 miliardi di spesa in funzione per 20 giorni e 12 convogli. Ma anche lo Stadio Delle Alpi di Torino sarà definito dal sindaco Castellani “la follia degli anni ‘80”. Il Meazza di Milano è ribattezzato “Stadio Mazzetta”. A Napoli vengono costruite tre torri presto soprannominate “le tre follie di piazzale Tecchio”. A Palermo i maxiparcheggi sono inaugurati quando le uniche tre partite inaugurate dalla città sono già state giocate. E così via.

La stessa Palermo con le Universiadi del 1997 ospiterà il primo Grande evento della Seconda Repubblica. I 5000 posti in 25 hotel offerti a 7000 atleti che dovranno essere sistemati fino a otto per camera, più quell’idea di disperdere i 10 sport in 13 città di tutta l’isola che il sindaco Leoluca Orlando giudica “avvenieristica”, avranno poi un ruolo pesante nel determinare voto con cui il Comitato Internazionale Olimpico assegnerà le Olimpiadi del 2004 a Atene invece che a Roma. E Torino dopo il 2006 si riempirà di impianti mai più utilizzati. Mentre Roma 2009 non è riuscita in pratica a creare alcun impianto nuovo, finendo per dover ripiegare su quanto era già stato realizzato nel 1960. Neanche uno dei bandi vinti ha rispettato i costi di realizzazione previsti negli importii di aggiudicazione, e in più c’è ora la coda dei 33 rinvii a giudizio. Tuttavia, i problemi italiani sono diversi da quelli greci. L’Italia fa pasticci e obbrobri, spreca, ma non arriva a collassare economicamente per un Grande Evento sportivo. Anche se, forse, i Mondiali del ’90 hanno contribuito al collasso politico di Tangentopoli.

Va detto che le Olimpiadi moderne rischiarono di morire in culla proprio per l’organizzazione disastrosa di quelle del 1900 e 1904: che, dopo l’inaugurazione di Atene 1896, furono abbinate alle Esposizioni Universali di Parigi e Saint Louis, e degradate a fenomeni da baraccone. Proprio per evitare il naufragio De Coubertin cercò di far svolgere a Roma le Olimpiadi del 1908, tornando dunque a un’ambientazione classica. Ma l’eruzione del Vesuvio del 1906 spaventò il Cio, e così anche Londra 1908 fu abbinata a un’Esposizione: poiché però si trattava di quella franco-britannica, si creò una concorrenzialità con Parigi che fece dedicare all’Olimpiade risorse importanti. In particolare, fu la prima volta che furono realizzati stadi apposta per l’evento. Il successo portò Stoccoloma 1912 a tornare a un evento non abbinato, che andò bene. Nel 1920 le Olimpiadi di Anversa, concepite come risarcimento a un Paese distrutto dall’invasione tedesca, furono un flop, con lamentale degli atleti per un po’ tutto: dalla qualità del cibo all’acqua ghiacciata delle piscine. Ma il percorso riprese in ascesa tra Parigi 1924, Amsterdam 1928 e Los Angeles 1932: fino al gigantismo di Berlino 1936, che pur nell’occasione valorizzato dai filmati di Leni Riefenstahl, avrebbe in seguito acquisito una simbologia sinistra, all’idea di quel che era successo dopo.

Insomma, col dopoguerra si tornò alle Olimpiadi a misura umana, fino appunto a Roma 1960. Dopo di che, da Tokyo 1964 riprese una corsa al gigantismo. E da Città del Messico 1968 anche la rincorsa delle polemiche politiche. Il massacro di Piazza delle Tre Culture in cui Oriana Fallaci finì addirittura all’obitorio e il pugno chiuso degli atleti Pantere Nere, appunto, a Città del Messico 1968. La strage degli atleti israeliani a Monaco 1972. Il boicottaggio degli africani a Montreal 1976. Quello degli occidentali a Mosca 1980. Quello dei Paesi comunisti a Los Angeles 1984. E gli attentati dei servizi segreti nord-coreani contro Seoul 1988. Ma è vero che dopo Seoul, con la fine della Guerra Fredda, la polemica politica si è calmata. E nel clima del Nuovo Ordine Mondiale le Olimpiadi hanno ripreso a essere sempre più un fiore all’occhiello e un biglietto di presentazione per le economie in ascesa: appunto, come erano state Roma 1960 e Tokyo 1964. La stessa Seoul. Barcellona 1992. Poi, dopo le parentesi celebrative di Atlanta 1996 per la Coca Cola e Sydney 2000 per il centenario ell’indipendenza australiana, Atene 2004, e Pechino 2008.

Il nuovo ciclo politico che è iniziato nel 2001, col passaggio dal post-guerra fredda alla Guerra al Terrorismo, non ha in realtà cambiato molto i dati, a parte per il maggior sforzo di sicurezza. I dati rischia invece adesso di cambiarli il nuovo ciclo economico, dalla crisi del 2009 in poi. Ma è davvero la Grecia il primo Paese che collassa per sindrome post-olimpica? Retrospettivamente, forse anche Mosca 1980 può essere considerata un esempio di quel tipo di spese insostenibili dell’era brezneviana, che fecero poi affondare l’Urss. E, andando nell’ambito dei Grandi Eventi non olimpici, anche in Cile i Mondiali del 1962 precedettero il rivolgimento che portò al collasso del sistema politico tradizionale, con il successivo arrivo di Frei nel 1964, Allende nel 1970 e Pinochet nel 1973. Mentre in Argentina le spese tremende per il Mondiale del 1978 contribuirono alla crisi che la Giunta Militare cercherà di esorcizzare quattro anni dopo con quell’avventura delle Falkand-Malvinas che invece le si ritorcerà contro.