Romania e Bulgaria fuori da Schengen. E’ realismo non razzismo

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Romania e Bulgaria fuori da Schengen. E’ realismo non razzismo

24 Dicembre 2010

In Europa ritorna la locomotiva franco-tedesca. Ma invece di correre verso l’integrazione, Parigi e Berlino rialzano il muro con l’est, in particolare con Bulgaria e Romania, l’altra coppia che invece resta l’ultimo vagone del treno europeo. Senza il consenso franco-tedesco, il vero cuore dell’Unione Europea, l’accesso dei due ex satelliti sovietici all’area di Schengen prevista per i primi mesi del 2011 rimane un bel sogno.

Berlino e Parigi non credono alla reale capacità di Bucarest e Sofia di controllare i flussi migratori, specialmente quelli illegali che portano crimini e criminali. Sarkozy non vuole rivedere le migliaia di rom clandestini espulsi a fatica nello scorso luglio. La reazione del governo romeno riprende il dejà vu della retorica sul razzismo contro Parigi. Ma queste accuse non sono più credibili da quando il parlamento di Bucarest è pronto a votare una legge che imporrebbe il cambiamento del nome “rom” in quello di “gitano”.

Lo scopo è distinguere l’identità romena da quella rom. Ovviamente i rom non sono d’accordo nel concedere ad un altro stato il diritto di scegliere il loro nome. Ma nessuno ha ancora accusato di razzismo il governo romeno. Anzi, la stessa Romania aveva criticato proprio l’Italia al tempo del secondo governo Prodi per eccessiva tolleranza verso rom e zingari – parola dell’allora primo ministro Calin Tariceanu. C’è poi la Finlandia, che prova a convincere con incentivi economici la sua comunità rom a rimpatriare in Romania. La Finlandia è governata dalla graziosa Mari Kiviniemi, 42 anni, giovanissima leader del Partito di Centro. Non sembra rientrare nell’identikit della perfetta razzista.

In questo scontro politico tra le due metà dell’Europa manca proprio una politica europea sull’immigrazione che metta insieme sicurezza ed economia. Se n’è accorta l’Ungheria, dove dalle fine del comunismo ad oggi le sue campagne, specialmente al confine con la Romania, sono state infestate da gruppi violenti di rom che terrorizzavano interi villaggi. Oggi l’Ungheria si prepara ad assumere la presidenza di turno dell’Ue e considera la questione dei rom una priorità da risolvere nella cornice del piano “Europa 2020”, per rilanciare la crescita economica del Vecchio Continente. Infatti i rom sono un problema anche economico.

L’ingresso di Romania e Bulgaria significa, in ottica franco-tedesca, l’ingresso di migliaia di disoccupati o di lavoratori che competono, quasi mai regolarmente, su mercati del lavoro già in profonda crisi. Lo dice il commissario europeo per il mercato interno quando di recente ha parlato di concorrenza sleale all’interno dell’Europa stessa. Guarda caso il commissario è un francese, Michel Barnier, che inoltre appartiene allo stesso partito del presidente Sarkozy. Sono circa due milioni i rom in Romania, ma il governo continua ad ignorare la gravità della loro condizione, sia nel paese che all’estero. Non è cambiando il loro nome o accusando di razzismo i governi delle grandi democrazie europee che si risolve il loro problema – e neppure si costruisce l’integrazione europea sperando di affibbiare agli altri il problema dei rom. Il problema è dell’intera Europa. Ma in assenza di una politica europea e in condizioni di crisi economica non resta che la soluzione nazionale, come in Francia. Non è razzismo. E’ realismo e si usa per scongiurare problemi ancora più tragici.