Ru486, la politica non riuscirà a liberarsi del voto eticamente sensibile
02 Aprile 2010
Esiste il voto cattolico? Durante la campagna elettorale qualcuno ha sbrigativamente liquidato il dibattito sul tema, sostenendo che si tratta di un voto che non ha caratteristiche omogenee e che tende a distribuirsi, con qualche scarto percentuale, fra tutti i partiti; illusoria, dunque, l’idea che si possa compattare sui valori non negoziabili, cioè in primo luogo difesa della vita e integrità dell’umano. Non sarebbero i temi eticamente sensibili a esercitare un richiamo sui credenti bensì, come per tutti, le questioni economiche, magari con un’attenzione accentuata per la sussidiarietà e la solidarietà.
Sbagliato attaccare Emma Bonino o Mercedes Bresso sull’aborto o l’eutanasia; nel Lazio, come in Piemonte, avrebbe vinto chi dimostrava di avere le proposte giuste per un buon governo della regione.
Le cose, come si sa, sono andate diversamente. Berlusconi, anche per rimediare all’assenza della lista Pdl a Roma, ha preso in mano con energia la campagna elettorale, mentre i candidati della Lega hanno seguito il proprio istinto politico, buttandosi a capofitto su argomenti scottanti come la pillola abortiva. Roberto Cota, in particolare, ha puntato sull’esistenza di un sentimento cattolico identitario e profondo, da mobilitare sui famosi valori non negoziabili, e ha vinto. La Polverini, che ha perso voti a Roma, li ha recuperati con abbondanza in provincia, dove il dibattito sui nuovi diritti individuali lascia gli elettori indifferenti, e deve la sua vittoria proprio allo scarsissimo richiamo che i radicali esercitano sul tessuto culturale dell’Italia profonda: se a tutto questo aggiungiamo l’ultima prolusione del presidente della Cei, il cardinale Bagnasco, imperniata sulla centralità dei valori non negoziabili, è ancora più chiaro come l’affermazione contenuta nell’enciclica Caritas in veritate, “la questione sociale è ormai integralmente antropologica”, indichi una direzione netta per l’orientamento dei cattolici. Non è più possibile, dopo la limpidezza di pensiero con cui Benedetto XVI ha affrontato la questione, mettere in fila uno accanto all’altro, senza un preciso ordine di priorità, gli argomenti che toccano i cuori dei credenti, dalla tutela della vita all’accoglienza per gli immigrati: se non si parte da una strenua difesa dell’umano non ha più senso nemmeno la solidarietà, nè sarà più possibile riconoscere nell’altro il proprio fratello.
Nelle ultime ore le prese di posizione dei nuovi governatori sull’introduzione e l’uso della pillola abortiva Ru486 hanno occupato la scena, disegnando un quadro del tutto nuovo. I politici, soprattutto quelli che hanno un più immediato rapporto con gli umori e i convincimenti del proprio elettorato, hanno cominciato a capire che il consenso non si coagula solo sull’economia, ma anche sulle questioni che riguardano i limiti della vita e della morte, la procreazione in laboratorio, la tenuta della famiglia composta da un uomo e una donna, i dilemmi proposti dalla biopolitica e dalla tecnoscienza. Con queste elezioni si è arenata l’illusione che il voto cattolico sia attirato da un fantomatico centro, inteso come luogo geografico del terzismo tra i due poli e della moderazione innalzata a virtù politica. Gli elettori cattolici, come tutti gli altri, hanno bisogno di essere sollecitati da una richiesta forte, e da un’offerta politica in cui le cose in cui credono siano riconoscibili e riconosciute.
L’Udc, che portava con sé uno storico bagaglio di credibilità nei confronti dei cattolici, ha affievolito sempre più il proprio impegno sui temi etici, privilegiando la politica dei due forni, e quindi la cautela su tutto ciò che poteva disturbare il rapporto con la sinistra. La moderazione più che uno stile è diventata uno strumento opportunistico, che gli elettori non hanno premiato. Chi fa politica è ormai costretto ad avere anche una visione antropologica, a sapere non solo quale società si vuole costruire, ma anche quale umanità, In questo nuovo scenario che si profila, la Lega pare voler giocare da protagonista, mentre il Pdl lo ha già fatto quando Berlusconi, sul caso Englaro, ha scelto di non restare spettatore inerte. Il Pd, dopo aver lasciato campo libero alla Bonino, non sembra avere ancora le idee chiare. Ma è necessario capire che dei temi etici non ci si può liberare con faciilità, e che chiedono uno sforzo di immaginazione e di pensiero, per aggiornare culture politiche vecchie e inadeguate.
Tratto da Il Riformista.