Russia, la transizione democratica si è spenta con l’arresto di Khodorkovsky

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Russia, la transizione democratica si è spenta con l’arresto di Khodorkovsky

27 Giugno 2009

La Russia diventa il Paese dei processi interminabili e delle verità nascoste. Quattro anni di indagine sull’omicidio Politkovskaja (il processo su tre sospetti si è riaperto ieri) e i suoi assassini sono ancora liberi. In compenso, un uomo è in carcere da sei anni, anche se le accuse per cui lo hanno condannato non si sono mai rivelate fondate. Stiamo parlando di Mikhail Khodorkovskij, ex “oligarca”, padre della Yukos, una delle maggiori industrie energetiche in Russia. Ora è di nuovo sotto processo.

Le due storie, della Politkovskaja e di Khodorkovskij, apparentemente diversissime, sono legate da un unico filo rosso politico. Dopo l’arresto di Khodorkovskij, infatti, sono iniziati tempi durissimi per la stampa e per la politica di opposizione in Russia

Quell’episodio nel 2003 segna una svolta nella vita politica russa, secondo Boris Nemtsov, ministro dell’Energia nel 1997-’98, quando presidente era Eltsin. Ora Nemtsov è uno dei maggiori oppositori di Putin. “La nostra democrazia emergente” – ci spiega – “è finita definitivamente il 25 ottobre 2003, il giorno dell’arresto di Khodorkovskij. A quei tempi ero il leader dell’Sps (Unione delle forze per i diritti, partito liberale, ndr). Immediatamente dopo l’arresto, Vladimir Putin ha dato l’ordine di dimenticare Khodorkovskij, di non provare nemmeno a difenderlo. Subito dopo l’arresto, Putin ha iniziato a imporre la censura sulla stampa e sulla televisione. Due giorni dopo, noi abbiamo emesso un comunicato in cui definivamo ‘illegale’ la detenzione di Khodorkovskij, che per noi è tuttora un prigioniero politico. E allora Putin ha lanciato il suo famoso proclama: ‘Fermate gli isterici’. Non si riferiva tanto ai partiti dell’opposizione, quanto ai giornalisti, a tutti i giornalisti. Passo dopo passo, prima la televisione, poi la radio e i principali quotidiani sono caduti sotto la scure della censura. E la censura è un simbolo del putinismo. Tutto è ‘top secret’ sotto il suo governo. La sua relazione con Abramovic e altri tycoon è ‘top secret’. Il suo comportamento durante il massacro di Beslan nel 2004 è segreto di Stato”.

Boris Nemtsov, perché proprio Khodorkovskij, su tutti gli oligarchi russi degli anni ’90, era considerato così pericoloso da Putin?
Prima di tutto perché era un miliardario, un uomo con un grande potere economico e apertamente oppositore. Era convinto che il sistema economico russo, basato unicamente sulle esportazioni di gas e petrolio, fosse sbagliato e da riformare. Voleva sostenere una riforma costituzionale, per limitare e controllare di più il potere presidenziale. Sosteneva e finanziava i partiti di opposizione democratica. Putin era molto preoccupato da queste attività. E Khodorkovskij è stato arrestato. L’accusa principale che gli è stata rivolta è: ruba petrolio dalla sua compagnia. Io francamente non saprei proprio perché un uomo debba rubare a se stesso, ma è questo il principale capo d’imputazione. Ora Khodorkovskij è diventato un simbolo. Se venisse assolto, sarebbe una sconfitta per Putin, tale da fargli perdere il potere.

Il presidente Medvedev, con un decreto, a maggio, ha modificato la procedura per chiedere la grazia. Sembra un testo scritto pensando al caso di Khodorkovskij. Il Cremlino sta cambiando idea?
Per niente. Vogliono semplicemente che Khodorkovskij ammetta le sue colpe e chieda la grazia da colpevole. Ma lui non si considera un criminale. Per essere liberato dovrebbe firmare una sorta di confessione, dovrebbe accettare di mettere il suo nome su un documento pubblico in cui è scritta una cosa come: “Io sono un criminale, sono molto dispiaciuto per quanto commesso finora, chiedo al presidente di perdonarmi e di riottenere la libertà”. Come nel periodo comunista, se non gridi “sono colpevole”, resti in galera.

Lei ha affermato che, dopo il 2003, la democrazia in Russia è finita. Con quali riforme istituzionali la Russia si è avviata sulla via dell’autoritarismo?
Putin ha lentamente cancellato i partiti di opposizione, cambiando il sistema elettorale e soprattutto il meccanismo per la registrazione. In base alle leggi attuali, un partito può essere registrato solo se ottiene il permesso del presidente. Il risultato è che adesso abbiamo solo un numero limitato di partiti che controllano i due terzi della Duma. Inoltre, sempre il caso Khodorkovskij ha dimostrato che, per l’opposizione, cercare sponsor indipendenti è diventato un lavoro rischiosissimo.

Il nuovo presidente, Dmitri Medvedev, ha una formazione economica e ha rilasciato molte dichiarazioni da liberale. Sarà fautore di un cambiamento nella politica russa?
Medvedev è diverso da Putin per tre ragioni principali: è più giovane, non è mai stato un ufficiale del Kgb e ha una grande esperienza nel mondo economico. Ma… è debole. Per mantenere il potere, in Russia, devi essere molto forte, in tutti i sensi. Se sei debole, in questo Paese, la politica rischia di sfuggirti di mano, anche se la Costituzione ti garantisce un potere immenso. Medvedev è semplicemente un prodotto del “putinismo”. Dove per putinismo intendiamo: censura+Gazprom. Medvedev era il presidente di Gazprom, dunque adesso abbiamo un potere che impone la censura e la Gazprom al Cremlino. E’ una formula perfetta. Medvedev vorrà cambiare questo sistema? Non credo. O almeno: da quel che ha fatto finora non si vede alcun segno di cambiamento. Non è possibile prevedere che cosa faccia nei prossimi anni, ma finora si è comportato come un presidente formale, non come quello reale.

“Il sistema russo è destinato a collassare molto presto” è il monito lanciato da Khodorkovskij all’inizio del suo secondo processo. Lei è d’accordo?
Sì, penso che abbia ragione. Putin ha instaurato un sistema estremamente costoso: una grande burocrazia, grandi monopoli e una grande corruzione. Tutto questo pesa sui conti in modo insostenibile. E’ un sistema che richiede un’incredibile quantità di denaro. E i soldi arrivano alla Russia solo dalla vendita di petrolio e gas: siamo una “Repubblica delle Banane” nel vero senso del termine, un Paese che si regge sulla vendita di un unico prodotto. Dipendiamo da un unico parametro: il prezzo delle risorse energetiche. Se il prezzo è alto, il putinismo sopravvive. Se si abbassa per un lungo periodo, il putinismo muore. Ecco perché penso che, prima o poi, questo sistema verrà distrutto, per le stesse ragioni per cui è implosa l’Unione Sovietica. Naturalmente non sto sperando in una ribellione sanguinosa. Spero che ci si svegli prima e che si possa metter meno alle riforme. Non abbiamo bisogno di una rivoluzione, ma di una rapida evoluzione.