Sabato a San Giovanni la politica sarà in piazza con le famiglie
17 Giugno 2015
Sabato prossimo Piazza San Giovanni a Roma si riempirà di nuovo di una folla anomala, che non protesta, che non reclama diritti, che non chiede aumenti di stipendio. Una folla allegra e tranquilla come quella che già occupò la stessa piazza nel 2007, quando un milione di persone diedero vita al family day. Ero portavoce di quella manifestazione, e ho ancora negli occhi quella marea di persone arrivate lì da tutta Italia, con i figli, i nonni, i parenti disabili, in una giornata di festa (per noi) e di stupore (per gli altri). Volevamo soltanto difendere i più elementari fondamenti della convivenza umana, e la più semplice delle verità: che siamo tutti figli di un uomo e di una donna, e che la famiglia si fonda su questo. Quella piazza, appoggiata da una parte della politica, riuscì a fermare la legge che voleva introdurre le unioni civili in Italia, i DiCo proposti dal governo Prodi.
“Difendiamo i nostri figli” è lo slogan con cui ci raduniamo adesso per dire no a una proposta molto peggiore dei vecchi Dico, il ddl Cirinnà, con cui si aprirebbe a unioni omosessuali del tutto simili al matrimonio, inclusa la “stepchild adoption”, cioè l’adozione del figlio biologico del compagno, e dunque la piena legittimazione dell’utero in affitto. Diremo no anche alla infiltrazione dell’ideologia del gender nelle scuole, con cui si è cercato di preparare il terreno al matrimonio omosessuale, e alla cancellazione della differenza sessuale.
Per battaglie come queste la sponda politica è fondamentale e a insegnarcelo sono la Francia e l’Irlanda, dove il popolo dei contrari al matrimonio gay è stato ridotto all’irrilevanza nonostante fosse tutt’altro che inconsistente, anche numericamente. In Francia, di fronte alle grandiose manifestazioni nazionali, ripetute a scadenze quasi mensili, contro il “mariage pour tous”, Hollande ha risposto velocizzando i tempi di approvazione della legge sul matrimonio gay, perché non ha trovato opposizione in parlamento. E in Irlanda coloro che hanno detto no alle nozze omosessuali – quasi il 40% dei votanti al referendum– non hanno avuto né un partito che li rappresentasse in parlamento né un organo di stampa che diffondesse la loro voce e le loro ragioni.
Per questo abbiamo costituito il ‘Comitato parlamentari per la famiglia’ promosso da Alessandro Pagano, deputato di Area popolare, che ha già raccolto un centinaio di adesioni. La manifestazione di sabato è stata presentata alla Camera alla presenza di diversi deputati e senatori tra cui, oltre a me, Paola Binetti, Rocco Buttiglione, Carlo Giovanardi, Roberto Formigoni, Maurizio Sacconi, Raffaele Calabrò di Ap; Gian Luigi Gigli e Mario Sberna di Pi-Cd; Maurizio Gasparri, Antonio Palmieri e Lucio Malan di Forza Italia, Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.
“Noi non vogliamo discriminare nessuno, difendiamo un principio costituzionale che è quello della famiglia tradizionale”, ha ribadito Gasparri, mentre Paola Binetti ha difeso “il diritto dei bambini a poter dire ‘mamma’ e ‘papà”. Maurizio Sacconi ha affermato che il punto di non ritorno è la registrazione pubblica delle unioni civili (cosa assai diversa dal riconoscimento di diritti individuali), mentre Formigoni si è scagliato contro chi cerca di far passare la manifestazione di sabato come qualcosa “contro i gay”: “non siamo contro nessuno, questa è una semplificazione fatta per evitare di confrontarsi nel merito”.
Adesso, per tutti, l’appuntamento è a Piazza San Giovanni, sabato prossimo.