Sarà la Barbie a salvare la Cina dalla crisi?
12 Marzo 2009
Alla faccia della crisi. La Mattel, il marchio di giocattoli per antonomasia, non ne è immune tanto che, nel 2008, ha segnato un calo delle vendite dell’1% e 188 milioni in meno di fatturato. Tuttavia, di fronte ai 50 anni del suo prodotto più celebre, l’intramontabile Barbie (che pure segna un -9% nelle vendite nell’ultimo anno) nata in questi stessi giorni del 1959, non era ammesso lo sconforto. Così a Malibù, con vista esclusiva sul Pacifico, la Mattel ha fatto costruire una casa, di dimensioni reali, della mitica bambola e lunedì ha deciso di organizzare una super festa, con scialo di inviti esclusivi, abiti firmati, menù ricchissimi.
La sfida più ardita, però, è appena stata lanciata in Cina. Sì, proprio nel Paese dove, nel 2007, montò uno scandalo di proporzioni mondiali, che mise a repentaglio non solo il prestigio della Mattel ma anche i rapporti diplomatici tra Washington e Pechino. Giusto per rinfrescare la memoria a chi non ricorda, all’epoca la casa americana ritirò dal mercato almeno un milione di giocattoli difettosi, che erano stati prodotti nel Guandong, l’ormai ex locomotiva dell’economia cinese. Lo scambio di accuse fu violento, un imprenditore di Hong Kong addirittura si suicidò. La polemica si chiuse solo con le scuse pubbliche della Mattel alla Cina, dopo che emersero difetti di progettazione nei prodotti ritirati.
Sembrano passati anni luce da quella torrida estate, mentre nel Guandong tante fabbriche (non solo di giocattoli) hanno chiuso. Eppure, oggi che la crisi incombe, proprio in coincidenza con le celebrazioni in California, la Mattel ha inaugurato il primo, impressionante, megastore in Cina, interamente dedicato alla Barbie.
La scelta, è non è casuale, è caduta su Shanghai, la capitale finanziaria e dei consumi del gigante asiatico: un investimento da 30 milioni di dollari, 3.400 metri quadrati su 8 piani, nella centralissima Huai Hai Lu, la via santificata allo shopping.
La scelta della Mattel appare chiara. Esorcizzare la crisi e lanciare un messaggio di fiducia in una nazione che, per il futuro, dovrà scommettere per forza sui consumi interni, soprattutto di quei 150 milioni di nuovi rappresentanti della classe media (qualcuno sarà pure un genitore con delle figlie piccole!). Oggi tutta l’Asia rappresenta solo il 5% delle vendite della Barbie. Ma tra 10 anni, almeno questo spera la Mattel, saremo qui a fare ben altri conti.
All’inaugurazione, lo scorso weekend, la risposta del pubblico è stata entusiasta. In migliaia si sono riversati nel negozio, in un trionfo di luci, specchi e una miriade di Barbie in vetrina, lungo le scale, sospese nel vuoto. Tutte agghindate in rosa shocking.
Le opportunità di acquisto sono sconfinate, si può scegliere tra 1.600 prodotti. Non solo bambole, ma anche cosmetici, accessori, c’è persino un centro benessere per bambine, dove ci si può truccare, vestire e sfilare in passerella. Per chi non ha problemi di portafoglio, infine, sono in vendita abiti da sposa firmati dalla celebre stilista americana, ma di chiare origini cinesi, Vera Wang. Costano 10.000 dollari. Alla faccia della crisi.