Ieri sera Le Figarò ha pubblicato un articolo del Cardinale e questo scritto è senza dubbio una delle voci più forti che dal mondo della Chiesa si sono alzate nel corso di questa pandemia: è una riflessione sul confine tra terra e cielo; è la proposizione ragionata della centralità del tema della morte nella società moderna; è un grido contro i rischi che la Chiesa ceda di schianto di fronte alla secolarizzazione; è, infine, una attualizzazione del tema delle minoranze creative caro a Joseph Ratzinger.
L’analisi parte dalla constatazione di come una serie di compiti nei secoli tradizionalmente assolti dalla Chiesa – iniziando da quelli caritatevoli legati alla sfera della salute – sono oggi appannaggio dello “Stato provvidenza”. La società moderna ha sempre meno bisogno di Santi perché ha i suoi angeli secolari, che in questa crisi si sono mostrati in camice bianco. Questo processo, che in realtà dura da tempo ma che in questi mesi si è disvelato in tutta la sua profondità, ha portato la Chiesa a “mettersi in concorrenza” spinta dalla paura di diventare inutile: è per questo che la Chiesa è divenuta sempre più “esperta di umanità”. Sarah non condanna tale attitudine ma pone una condizione imprescindibile: che il cristiano non dimentichi mai il fatto che la legittimità ad agire in questo mondo gli proviene dalla fede in un altro mondo, che viene dopo la morte.
Questo è il punto centrale della sua speculazione. Il processo di secolarizzazione, infatti, ha portato l’uomo a considerarsi Dio, ma non ha risolto il mistero della morte. L’uomo- Dio ha provato a sconfiggerla o, quanto meno, a banalizzarla ma la pandemia lo ha brutalmente messo davanti alla pochezza del suo sforzo. Tutta la potenza dell’uomo, l’arroganza scientista, sono rimaste inerti di fronte ai drammi che si sono consumati nelle case degli anziani specialmente in Italia e in Francia, a quanti sono morti senza una speranza, una carezza, una preghiera. Il mondo secolarizzato, insomma, di fronte alla morte trasmessa dal virus è rimasto senza risposte.
Perché, secondo il Cardinale, queste risposte possono venire solo dalla fede. Ed è per questo che egli chiede alla Chiesa di occuparsi meno delle cose di questo mondo; di non trasformarsi in un’ONG qualunque e neppure in un ONG speciale per ricordarsi come la sua prima missione è quella di coltivare la fede in Dio.
La Chiesa rischierebbe in tal modo di estraniarsi dalla cose di questo mondo? Sarah non ha dubbi: è un rischio da correre e, soprattutto, è un rischio assai meno grave rispetto a quello di smarrire Dio, il proprio principio di legittimità. Non bisogna aver paura di essere “impopolari”, di essere minoranza – è il messaggio finale del Cardinale – perché la Chiesa appartiene alla terra quanto più trova la forza di guardare innanzi tutto verso il cielo.
Inutile aggiungere, a questo punto, quanto queste riflessioni possano apparire eretiche rispetto all’indirizzo dell’attuale pontificato. L’auspicio è che non vengano fatte cadere nel vuoto e che da quanti non la pensano come Sarah giungano risposte alla medesima altezza e, soprattutto, espresse con un linguaggio altrettanto chiaro e persuasivo.