Sarebbe bene conoscere l’identità degli anonimi crocerossini di Battisti
07 Gennaio 2011
Mentre in Italia impazza la discussione sul "caso Battisti", tra accuse al "compagno Lula" e speranze, probabilmente vane, di ribaltare un verdetto che fa comodo a molti, non è superfluo andare un po’ indietro nel tempo e ricordare alcuni dettagli della fuga che condusse questo ex terrorista dal ghigno beffardo al riparo in Sudamerica. Stando alla versione fornita alla stampa dallo stesso fuggiasco, l’addio all’amata ed accogliente Parigi sarebbe stato a dir poco rocambolesco: in auto dalla Francia alla Spagna e poi in Portogallo. Da Lisbona, viaggio fino all’isola di Madeira; raggiunte in nave le Canarie, aereo prima per Capoverde e dopo all’indirizzo di Fortaleza. Come si capisce, non proprio un’escursione organizzata last minute da operatori turistici alle prime armi.
Ancora più interessante della descrizione autobiografica del periplo, la chiosa del galantuomo-scrittore: "L’idea della mia fuga in Brasile è stata di un membro dei servizi segreti francesi". Ora, non sappiamo se quella di Battisti fu una calunnia gratuita – parrebbe improbabile – un segnale convenzionale o una postilla cifrata, ma provare a far chiarezza su un punto potenzialmente determinante dell’affaire non sarebbe sgradito ai parenti delle vittime del già criminale comune passato in carcere nelle fila dell’estremismo rosso armato.
E’ possibile che in via riservata alcune spiegazioni siano già state fornite dal governo di Parigi, ma la zona d’ombra permane. Italia e Francia sono Paesi alleati; la dottrina Mitterrand, almeno nella sua applicazione generale, può consegnarsi alla storia. Su questo caso, che pesa, come altri che riguardano reati di sangue sostanzialmente impuniti, sulla coscienza civile dello Stato, uno sforzo di verità, pur comprendendo le ragioni della necessaria riservatezza di talune pratiche dei segreti uffici, potrebbe esser operato.
Conoscere l’identità dei presunti crocerossini di Battisti non è un inutile orpello a una storia che da tragica vorrebbe anche sfiorare i territori del farsesco. Senza demonizzare l’opzione- pur essa legittima, con buona pace del Secolo finiano- di non riaddentrarsi nei meandri degli "anni di piombo", come suggeriva un articolo dell’Occidentale di qualche giorno fa. Qualunque sia la scelta, l’importante è che l’Italia non si faccia prendere per il naso.