Sbandamenti antitrumpisti (con sempre più piccole speranzine di impeachment)
02 Marzo 2017
Sbandamenti antitrumpisti (con sempre più piccole speranzine di impeachment). “Effetto-Trump /Wall Street record” così il titolo a otto colonne del Sole 24 ore del 2 marzo. Anche il superantitrumpista quotidiano confindustriale si allinea alla stampa nemica del “Donald”, a partire dal Washington Post, che registra il successo (di critica, di pubblico e di mercato) del discorso del nuovo presidente americano al Congresso. Solo il New York Times rilancia qualche “speranziella di via per l’impeachment” con un articolo di Adam Goldman, Matthew Rosenberg e Michael S. Schmidt in cui si cerca di investigare se l’attuale Attorney General Jeff Sessions abbia incontrato nel 2016 due volte l’ambasciatore russo (in un caso insieme ad altri 25 ambasciatori) nelle sue vesti di consulente di politica estera della campagna di Donald Trump, o nel suo lavoro di routine di membro del “Senate on armed services committee”.
Il famelico Renzi e i danni da questione morale. “Il metodo della designazione è frutto di un peccato originale che è l’essenza della questione morale” scrive sulla Repubblica del 2 marzo Gianluca Di Feo che rilancia la cura Berlinguer del 1981 cioè che i partiti tornino a occuparsi di politica. Che il quadro che emerge anche dal caso Consip faccia intravedere un aspetto, più o meno profondo del renzismo “senza dubbio famelico, spregiudicato e del tutto privo di etica pubblica” come scrive Stefano Folli sempre sulla Repubblica del 2 marzo, è evidente anche al di là del merito penale della vicenda che talvolta appare un po’ vago come già è successo nelle indagini sui sistemi di relazione di Alfredo Romeo. Che la soluzione sia un ritorno allo Stato dei partiti della Prima repubblica come invocava Enrico Berlinguer contro Bettino Craxi, mi pare francamente insensato: la via per costruire in Italia uno Stato dei cittadini (nel quale dunque i partiti siano uno strumento di questo rapporto e non un mondo a sé) analogo a quello di gran parte dell’Occidente repubblicano (e con tutti i compromessi che poi la realtà impone), non è semplice, ma è l’unica alternativa alla disgregazione politico-sociale che un approccio moralistico ed essenzialmente repressivo al terribile tema della corruzione ha aperto dal 1992 in poi.
Il federalismo rimosso. “La guerriglia a colpi di ricorsi davanti alla Corte costituzionale pare essere l’ultima frontiera in fatto di battaglia politica” scrive Andrea Senesi sulla Repubblica del 26 febbraio. Il quotidiano diretto da Mario Calabresi avanza qualche riserva sul fatto che la Regione Lombardia si difenda rivolgendosi all’Alta Corte da provvedimenti come quello preso dall’esecutivo sui ticket ospedalieri. Ma un po’ di guerriglia giuridica in una fase in cui la discussione istituzionale è stata così a lungo sequestrata dal pasticcetto Boschi e dalla sua anima centralistica è pienamente giustificata. In questo senso è interessante ricordare la vittoria che il comune di Padova, grazie innanzi tutto all’opera del professor Luca Antonini, ha ottenuto vincendo il ricorso al Tar su un provvedimento di inasprimento “centralistico” dell’Imu che non teneva conto della virtuosità finanziaria del comune veneto. Certo, e su questo ha ragione Sanesi, non ci può limitare ai ricorsi giuridici. In Lombardia e in Veneto in questo senso con i referendum che chiedono una vera autonomia degli enti regionali, una certa iniziativa popolare è in corso. Vi è bisogno però di registrare un nuovo impegno federalista, tenendo anche conto che alcuni ex esponenti del Pd particolarmente attenti alle logiche autonomistiche come Vasco Errani ed Enrico Rossi, proprio su questo punto hanno rotto con Matteo Renzi.
Tra storia e pettegolezzi. “Questo movimento volto a ricostruire un nuovo centrosinistra si inserisce in un processo generale che coinvolge parte della sinistra europea” così Marc Lazar sul Corriere della Sera del 27 febbraio ricostruisce i movimenti della sinistra italiana tra rilancio del renzismo e scissione dei democratici progressisti. La riflessione del politologo francese è particolarmente utile perché consente di guardare un po’ oltre ai risentimenti e agli scontri caratteriali che dominano le cronache politiche di questi giorni sulla sinistra. La vicenda italiana fa parte di un articolato processo continentale con la Spd che si sposta a sinistra e ha iniziato a fare maggioranze in città e Land con la Linke, gli ex (ma non troppo) comunisti. In cui i socialisti portoghesi appoggiano il governo in carica insieme ai comunisti. In cui il socialismo francese si divide profondamente tra un’ala tecnocratica e una radicale, ed effetti simili si registrano in Spagna. Mentre in Grecia la fine del grande partito socialista Pasok è interamente consumata. Ogni tanto oltre che i pettegolezzi bisognerebbe ascoltare almeno un po’ il flusso della storia.