Scarantino, i lampi e i tuoni mancati

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Scarantino, i lampi e i tuoni mancati

03 Febbraio 2014

Primo scenario: per la meteorologia spicciola dopo un lampo non lontano arriva sempre un tuono, lo sappiamo e ce lo aspettiamo. E’ nell’ordine naturale delle cose. E se non arriva? Rimane il mistero sulla mancata armonia naturale che lega causa ad effetto.

Secondo scenario: vediamo una serie di lampi non lontani, ma tutti senza il proprio tuono. Mistero? Mancata armonia della natura? Mah. E’ più facile supporre che si tratti di una disarmonia prestabilita, di una volontà precisa del Grande Architetto di  scollegare il lampo dal tuono.

Vediamo alcuni recenti lampi senza tuono, tutti legati alle stragi del ’92-’93. Carmelo Canale – oggi maggiore dei carabinieri – fu per molti anni e sino alla fine il braccio destro di Paolo Borsellino. Poco più di un anno addietro ribadì e spiegò che la morte del procuratore aggiunto di Palermo fosse da ricollegare al dossier su mafia e appalti, indagine che, promossa da Giovanni Falcone, venne archiviata subito dopo la morte di Borsellino.  Sembrava un tuono e invece era soltanto un lampo muto. Tant’è che nessun
Santoro o Travaglio si è mai attivato, neanche per  deridere o smontare. Silenzio seppellitore.

Antonio Ingroia lasciò alcuni mesi addietro la magistratura, insoddisfatto – disse – della sede aostana affidatagli dopo la disfatta elettorale. Se le dimissioni  fossero state la conseguenza di una caratterialità indomita ne resterebbe un ricordo deludente perché non conforme all’aspettativa di senso del dovere da parte di un servitore dello Stato proclamatosi partigiano della Costituzione. 

Nessuno potrebbe  credere a queste dimissioni per ragioni legate alle proprie aspettative “capricciose”.  Il dominus del processo sulla “trattativa” – considerata da lui e da altri la causa della morte di Borsellino – dismise comunque  la toga e affidò ad un libro – intitolato Io so –  la bontà della sua tesi accusatoria. Ma l’Io so di Ingroia non vale, come ha preteso che si pensasse, quanto l’Io so  di Pasolini.

Infatti le parole di un poeta che descrivono la sua lettura del mondo  hanno una semantica lontanissima da quelle di un pm che descrive una propria concreta indagine. Le dimissioni di Ingroia dalla magistratura, orfane di una ragione accettabile, rimangono un lampo senza tuono. Un altro lampo muto.

Pochi giorni addietro, intervistato da La Repubblica, il pentito Franco di Carlo dice: ”Falcone e Borsellino erano un pericolo anche per chi nello Stato temeva la propria fine. L’idea di costituire Dia e Dna, di abbattere il segreto bancario, rappresentavano una minaccia per chi, politici compresi, aveva condotto una lotta di facciata, accordandosi sempre con noi”. 

Queste parole – ed altre che non trascrivo per essenzialità di racconto – sono lampi che chiunque abbia voglia di capire non può non collegare alle affermazioni di Canale sul dossier mafia-appalti.  E’ un lampo sentire – ma non è una novità – che né Falcone né Borsellino sarebbero stati graditi a capo della Direzione Nazionale  Antimafia. E’ un lampo sentire che vi erano stati politici che avevano condotto “una lotta di facciata” contro Cosa nostra e che con essa facevano affari. 

E’ un lampo pensare a come sarebbero andate le cose se, con uno dei due eroi alla Dna, Tangentopoli avesse fatto l’uso che sappiamo dei codici penali. Ed è un lampo chiedersi chi fossero quei complici ad un tempo  protagonisti conclamati della lotta alla mafia di sola facciata. Qualcuno ha sentito i tuoni? Nessuno.

Infine Vincenzo Scarantino, arrestato all’uscita dal programma tv Servizio Pubblico.  Un lampo. Uno solo? No. E’ un lampo, infatti, apprendere che la Procura piemontese che lo cercava non sapeva come rintracciarlo. E’ un  altro lampo avere appreso da Scarantino che esiste un nome, apicale per responsabilità nel depistaggio su via D’Amelio, che egli non può fare perché troppo rischioso. Ed è un lampo che ormai Scarantino – con la nuova accusa infamante sulle spalle – sia rientrato in quell’aura di disprezzo e conseguente nuova incredibilità dopo essere stato già conosciuto come rivelatore drammaticamente ridicolo.  O in un’aura di protezione… Chissà.

La riflessione inquietante, però, non è sui lampi, ma sui silenzi, sui tuoni mancati, sul disinteresse incomprensibile o meglio ingiustificabile.  O forse sì.