Se anche Air France ha paura dei sindacati un motivo c’è

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Se anche Air France ha paura dei sindacati un motivo c’è

13 Marzo 2008

Nonostante l’offerta vincolante di Air France per comprare Alitalia sia prevista per domani, il ministro Bianchi ha detto di ritenere “cosa saggia” che si aspetti il prossimo governo per procedere.

La ragione di tale “saggezza” va ricercata nei “vincoli” posti da Air France all’acquisto. La necessaria ristrutturazione dell’azienda non piace ai sindacati, ed è normale che il compratore voglia la garanzia di poter procedere, una volta acquisita la compagnia, a rimetterla in ordine.

L’allergia all’opzione Air France di buona parte della classe politica (e di non pochi di quelli che saranno presumibilmente al governo), assieme con la nota facilità di mobilitazione dei sindacati del ramo, lasciano presagire che il treno della privatizzazione potrebbe essere perso. Con soli due esiti possibili: o il fallimento della compagnia, o qualche giochetto improbabile e vischioso per salvarla dal patatrac.

La vicenda Alitalia dovrebbe insegnare invece due cose, soprattutto al centro-destra. La prima è che c’è un solo modo per evitare che altri privatizzino poi male: privatizzare prima bene. Se in cinque anni di berlusconismo non fosse girato il carillon del “patriottismo economico” (un Paese importante deve avere un vettore col suo vessillo nazionale!), si sarebbe potuta vendere Alitalia attraverso una gara più trasparente, e soprattutto il contribuente non avrebbe perso tanto tempo e tanto denaro.

La seconda è che il potere dei sindacati in questo Paese resta fortissimo. L’Italia, non avendo avuto una Thatcher, non ha avuto neanche una vertenza coi suoi “minatori”: e i risultati si vedono. Da noi il governo non riesce a piegare una corporazione chiassosa ma numericamente esigua come quella degli “operai del traffico”, i tassinari, figurarsi se riesce a dare un giro di vite alle sigle dei dipendenti Alitalia.

Ma chi mai comprerebbe un’impresa certo che qualsiasi tentativo di rimetterla a nuovo costerà reputazione, lacrime e sangue, visto che i lavoratori cercheranno di stoppare ogni tentativo di razionalizzazione del personale?

E’ vero che i liberisti rischiano di passare per campioni del licenziamento facile, personaggini con la bava alla bocca ogni volta che ad alcuni (agli altri) si consegna il foglio di via. E’ un po’ la caricatura che se ne fa anche dibattendo il saggio di Giulio Tremonti, “La paura e la speranza”.

Quelli che scoperchiano le frontiere, aprendo possibilità prima inimmaginabili al grosso del pianeta, vengono spacciati per consapevoli affamatori dei propri vicini di casa. Quando invece le libere organizzazioni dei lavori, se libere, possono rivestire un ruolo importante in una prospettiva liberista: dove invece non ce l’ha la pretestuosa e radicale dissociazione degli interessi degli impiegati da quelli dell’imprenditore, come se l’impresa non fosse la barca su cui stanno gli uni e l’altro. E come se i diktat sindacali producessero solo benefici nell’immediato, e non un conto salato da pagare: nel caso di Alitalia, il fallimento.

E’ chiaro che, alle obiezioni “solidaristiche” alle liberalizzazioni, può sembrare assurdo replicare che un’economia di mercato si sa adattare, e pertanto la sua più completa liberalizzazione e liberazione dalla presa delle corporazioni nel lungo periodo va a vantaggio anche di chi oggi ne esce apparentemente perdente. Sarà ottimismo, ma non è immotivato.

L’alternativa è, come insegna il caso Alitalia, la mera preservazione dell’esistente. Un tempo presente in cui abbiamo tutti i difetti che gli anti-liberalizzatori ascrivono a liberalizzazioni ancora non fatte, e in più la sistematica depressione delle forze vive di questo Paese. Siamo sicuri che il cambiamento sia necessariamente verso il peggio?