Se anche la Spagna ci ha superato un motivo c’è

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Se anche la Spagna ci ha superato un motivo c’è

19 Dicembre 2007

Il sorpasso della Spagna (in termini di pil
pro-capite) nei confronti dell’Italia – e un possibile analogo sorpasso da
parte della Grecia – vengono da lontano e potrebbero andare lontano. Così
avrebbe detto Palmiro Togliatti. Ed una volta tanto –  la prima e forse
l’ultima- siamo d’accordo con Il Migliore.

Uno studio della Banca centrale europea, pubblicato a Francoforte a fine
novembre ma ignorato dai media italiani (e
quel che più conta dalla maggioranza impegnata a farsi doni di Natale, a spese
di tutti, tramite la finanzia), stima all’1,3% l’anno il potenziale di crescita
di lungo periodo dell’economia italiana rispetto al 2,2% l’anno per la media
dell’intera area dell’euro.

L’Europa dell’unione monetaria ha un potenziale
basso di crescita a lungo termine rispetto al 3,2% l’anno stimato dalla Bce per
gli Usa, al 2,8% del Canada ed al 2,5% della Gran Bretagna.

All’interno
dell’area dell’euro, corre la piccola Olanda al 2,8%, ma è superata da Paesi di
media portata come Spagna e Grecia (ambedue al 3%) ed anche i due grandi,
Francia e Germania, hanno un potenziale di crescita (di lungo periodo)
leggermente superiore al 2% l’anno.

L’Italia non è solo l’ultima ruota del
carro nell’area dell’euro, ma sfigura pure di fronte al vecchio e addormentato
(da tre lustri) Impero del Sol Levante (il cui potenziale di crescita a lungo
termine è stimato all’1,5% dallo studio econometrico Bce).

In linguaggio asettico, l’analisi specifica Bce afferma che le
determinanti principali dei nostri guai sono il declino relativo della
popolazione in età da lavoro, le modeste spese in ricerca e sviluppo e, quindi,
il comparativamente basso tasso di produttività multifattoriale. Sono
determinanti, quindi, ben differenti dall’alto stock di debito pubblico che,
secondo quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio Romano Prodi, sarebbe
all’origine dell’insoddisfacente andamento del sistema Italia e, quindi, del
sorpasso.

Senza dubbio, il debito pubblico limita i margini di manovra per
tutte le politiche pubbliche (anche e soprattutto per quelle relative di
crescita); tuttavia, il manuale di storia economica di Augusto Graziani (per
decenni coerentemente collaterale alla sinistra radicale) individua nella fine
degli Anni 70 (quando Prodi è stato componente dell’Esecutivo) l’inizio del
rapido aumento del debito pubblico. E’ testo utilizzato da dieci anni nelle
maggiori Università.

Sarebbe, però, almeno poco elegante addebitare alla prima esperienza di Governo
dell’attuale Presidente del Consiglio non solo “la legge Prodi” (per il
salvataggio, con i soldi di tutti, di aziende decotte) ma anche il sorpasso di
oggi da parte della Spagna.

La volata finale (quella che verosimilmente ci
porrà pure dietro alla Grecia) è stato l’aumento fiscale che VVV (Viceministro
Vincenzo Visco) ha chiesto al tecnico imprestato, temporaneamente, alla
politica TPS (Tommaso Padoa Schioppa). Non lo diciamo noi ma una serie di studi
internazionali, l’ultimo dei quali viene dalla lontana Università
Internazionale della Florida. E’ un ateneo distinto e distante dai nostri
problemi di bottega; VVV e TPS potrebbero seguire un seminario davvero speciale
sugli effetti di tasse, imposte e tributi vari su crescita e sulla concorrenza
fiscale sempre più serrata che ci viene fatta dai Paesi neocomunitari diventati
nostri soci dell’Ue anche e soprattutto grazie alla frenetica attività di
Romano Prodi quando presiedeva la Commissione Europea.

Inoltre, l’aumento del carico fiscale è stato accompagnato da un incremento
vertiginoso della regolamentazione in materia di tutto e di più.

Il Governo ha
l’obbligo dalla fine degli Anni ’90 di applicare l’Air (Analisi dell’impatto
della regolazione) non per scopi accademici ma per trarne indicazioni
operative. Sino ad ora pare siano state condotte (ma non ancora pubblicate)
analisi della regolamentazione in materia di frantoi, vivai e biscotti.
Tralasciando temi davvero critici. Lo si è toccato con mano all’Internazional
Regulatory Reform Conference (IRRC) organizzata dalla Bertelsmann Stiftung (una
fondazione privata emanazione del gruppo editoriale): uno degli argomenti all’attenzione
dell’IRRC è il ritardo relativo dell’Italia, e tra i Paesi Ocse e tra i Paesi
Ue, in termini di modernizzazione della regolazione. Ce lo dice anche un lavoro
recente della Banca Mondiale.

 L’aumento delle tasse e della regolamentazione non hanno neanche portato
a quella “pace sociale” promessa in campagna elettorale ostentando la Cgil come
“king maker” della coalizione guidata (per così dire) da Romano Prodi. Da mesi
quel resta della coalizione capitola anche di fronte a corporazioni che non ne
riconoscono le ordinanze, ossia l’autorità e l’autorevolezza. E ci costringe ad
una crescita rasoterra.

Riferimenti

Andres L. , Guasch J-L, Straub S. Do Regulation and Institutional Design
Matter for Infrastructure Sector Performance?”
World Bank Policy
Research Working Paper No. 4378

Cahn C.,  Saint Guilhem A. “Potential Output Growth in Several
Industrialised Countries: A Comparison” ECB Working Paper No. 828


Fisher E. “Risk Regulation and Administrative Costitutionalism” Hart
Publishing, 2007


Graziani G. Lo Sviluppo dell’Economia Italiana- dalla ricostruzione alla
moneta europea”
Bollati Boringheri, 1998


 
Mcgee R. “Tax Burden in Transition Economies and the European
Union: A


Comparative Study”
Florida International University 2007


 


Nationaler Normenkontrollat Strengthening Cost Consciuosness for Better
Regulation- Annual Report of the National Regulatory Control Council
, Federal
Republic of Germany


Nijsen A., Hudson J., Mueller Ch., Van Paridon K., Thurik R.“Business
Regulations and Public Policy: the Costs and Benefits of Compliance“ 
Springer,
2007