Se fosse meno divisa politicamente l’Italia potrebbe fare grandi cose
14 Luglio 2011
L’Italia rischia di finire come la Grecia. E’ questa la principale paura dopo la crisi finanziaria che ha colpito il nostro paese nei giorni scorsi. Eppure le differenze sono tante, come dimostrano i numerosi commenti pubblicati sulla stampa tedesca negli ultimi giorni.
“L’Italia non è la Grecia”, scrive, il 10 luglio scorso, Tobias Piller il corrispondente da Roma della Frankfurter Allgemeine Zeitung. “Certamente l’Italia – continua Piller – ha un debito di 1890 miliardi di euro, il più grosso in Europa, ma l’Italia è diventata un obiettivo degli speculatori anche, o forse soprattutto, perché si è formata un’insolita alleanza interessata a presentare il nostro paese peggio di quel che è realmente: da una parte gli investitori e speculatori hanno bisogno di una nuova crisi, dall’altra gli oppositori di Berlusconi sperano in una fine immediata del Presidente del Consiglio italiano. Tuttavia a parlar male dell’Italia, non si fa certo un favore all’Europa e all’Euro. L’opposizione è poi doppiamente colpevole perchè utilizza la crisi per attaccare Silvio Berlusconi. Un soluzione costruttiva per l’Italia e per l’Europa sarebbe che il Governo italiano e l’opposizione collaborassero per realizzare le riforme necessarie alla crescita”. Fin qui il commento del corrispondente da Roma per il principale quotidiano tedesco.
Ma che la situazione italiana sia molto differente rispetto alla Grecia, l’ha detto anche il Der Spiegel: non c’è alcuna crisi immobiliare, le Banche sono solide ed il debito, seppur il più sostanzioso in Europa, cresce meno di quello francese. La disoccupazione italiana è al 9 per cento, in Spagna è al 20. L’Italia, che è la terza economia europea, ha una solida struttura industriale e le piccole imprese guadagnano miliardi di Euro con l’export. Dalla Germania arriva dunque una difesa, forse inaspettata, dell’Italia e della sua forza economica ed industriale.
Anche la Süddeutsche Zeitung, del resto, ha evidenziato come, in realtà, sia accaduto ciò che non doveva accadere, ovvero che l’Italia finisse nella stretta della crisi dell’Euro: l’attacco dei mercati finanziari alla terza economia europea. Qualsiasi piano di salvataggio sarebbe insufficiente. Sempre sulla Süddeutsche online, il titolo del seguitissimo video-blog di Marc Beise era eloquente: Avanti Italia! Non sono state risparmiate critiche a Silvio Berlusconi, ma si è anche sottolineato la solidità e la forza, seppur relativa, dell’economica italiana, che non ha bisogno di alcun piano di salvataggio.
Non molto diversa la lettura offerta dalla Frankfurter Rundschau secondo la quale la situazione italiana è molto differente rispetto alla Grecia. Sono i fatti puramente economici a dimostrarlo e proprio per questo il paese non doveva finire sotto l’attacco dei mercati finanziari. Anche se la crescita economica ancora non c’è, diversamente dalla Grecia, alcuni settori del mercato italiano hanno ancora forza attrattiva sul mercato internazionale. Se è vero che le imprese italiane faticano sempre di più a restare concorrenziali sul mercato internazionale, la situazione non è così catastrofica come in Grecia. Il deficit di bilancio dell’Italia nel 2010 con il 4,6 per cento è addirittura inferiore rispetto alla media europea. Il vero problema dell’Italia è la politica, dove governo ed opposizione ruotano su se stesse e dove il dibattito politico è condizionato dagli scandali e dalla contrapposizioni personali.
L’Italia trova un inaspettato ed insolito alleato nella stampa tedesca, che però non rinuncia a criticare la politica italiana. Torna, a questo punto, di grande attualità un editoriale del 28 novembre 2010 del già citato Tobias Piller, che in un contesto naturalmente molto diverso, ovvero quello dello scontro Berlusconi-Fini, invitata l’intera classe politica ad avere maggiore serietà e senso di responsabilità, a concentrarsi non sulle rivalità personali, ma sui problemi del paese. I fatti delle ultime ore nel palazzo del potere sembrano indicare un piccolo e non irrilevante cambiamento.