Se gli imbroglioni Barack e Hillary danno dell’imbroglione a Donald
26 Ottobre 2017
Se gli imbroglioni Barack e Hillary danno dell’imbroglione a Donald. “Republican leaders of three House committees announced Tuesday they are launching two separate investigations involving former secretary of State Hillary Clinton”. Erin Kelly su Usa Today del 24 ottobre scrive come due commissioni della camera americana abbiano lanciato due separare indagini investigative che coinvolgono Hillary Clinton. “Democrats immediately dismessed the inquieries as nakedly partisan attempt to disctarct the attention“. Nicholas Fandos sul New York Times sempre del 24 dice che i democratici hanno immediatamente sconfessato le indagini perché apertamente partigiane e fatte per distrarre l’attenzione. Che un partito che ha candidato una pasticciona come la Clinton e che ha avuto come presidente quel furbacchione di Obama, uno che avvisato di anomali interventi dei russi nella campagna elettorale, si è tenuta per sé la notizia per sperare di sfruttarla nei suoi giochi di potere, punti gran parte delle sue carte sullo smascheramento degli imbrogli di Trump, è sintomo di uno scarso senso della realtà: per ogni scheletro trumpiano ne spunteranno sempre almeno due obamian-hillariani. Chissà se il processo di autodistruzione americana ha ancora margini per essere frenato con quei tempi brevi di cui ha bisogno tutto il mondo.
Tu quoque, Luciane, pro Zittamentum! “Il Parlamento non può far tutto altrimenti diventa ininfluente” scrive Luciano Violante sul Corriere della Sera del 23 ottobre. L’ex magistrato, poi dirigente del Pci e infine presidente della Camera, da tempo svolge una preziosa funzione nazionale riflettendo con spirito di verità sul tentativo fallito di trasformazione della nostra democrazia per via giudiziaria (usando la Costituzione a correzione del Parlamento come spiega nel suo libro “Magistrati”). Grazie all’analisi critica delle sue precedenti esperienze Violante ha recuperato un ruolo neocostituente particolarmente utile all’Italia. Ora però, nell’occasione della polemica sulla mozione Pd di critica a Bankitalia, mobilitandosi generosamente in soccorso di un autorevole ispiratore in piena crisi di risentito e senile protagonismo, e di un sostanzialmente inetto seguace come il Guardasigilli Andrea Orlando, il nostro Luciano si mette sciaguratamente in coda alla campagna per affermare come lo Zittamento sia meglio del Parlamento.
Una lacrima e un sorriso per l’ultragiustizialista Milella. “Sta per finire l’epoca del ‘copia e incolla’ delle intercettazioni” scrive Liana Milella sulla Repubblica del 22 ottobre. Uno si immagina che la gloriosa giornalista giustizialista annunci questa nuova epoca di intercettazioni di cui si potrà riportare solo l’essenziale, con una lacrima sul viso, come un bonapartista rievocherebbe la battaglia di Waterloo, un puttaniere la legge Merlin, un comunista l’ammainarsi della bandiera rossa sul Cremlino. Però poi la nostra spiega come alcuni spazi per magnifiche indiscrezioni siano di fatto ancora garantiti dal “confronto tra accusa e difesa, di cui si è sempre favoleggiato”. In quel “favoleggiato” si legge la fiducia che il potere dei pm e dei loro amici giornalisti alla fine non verrà realmente intaccato.
Brexit, la Grande bottegaia alla fine tratterà. “In the Eu, deadlines are never deadlines” Wolfgang Münchau sul Financial Times del 15 ottobre scrive come in Europa gli “ultimatum non siano mai ultimatum”: siamo in Cacania, dove le dichiarazioni sono apparentemente ultrarigorose, le prassi solamente ultraburocratiche e lo spirito filisteo-bottegaio è quello che alla fine prevale, e dunque come scrive ancora il nostro Münchau sempre sul quotidiano della City del 23 ottobre: “One of my expectations directly after Brexit was that Germany would ultimately come to aid the UK because of its trading interests”. Cioè spiega, uno degli opinionisti più convincenti del Ft, come si sia sempre aspettato che alla fine la Germania avrebbe cercato un accordo per difendere i propri interessi commerciali. Una convinzione opposta a quella di Tonia Mastrobuoni che scrivendo sulla Repubblica del 20 ottobre ritiene che Santa Angela abbia: “Una visione alta della politica e la salvaguardia dell’unità europea davanti alla ratio economica”. In realtà quando il sottosegretario al Commercio Internazionale Liam Fox dice al Guardian del 22 ottobre che il no deal sulla Brexit “it’s not exactly a nightmare scenario” (non è uno scenario da incubo per la Gran Bretagna perché Londra è al centro di un sistema di relazioni internazionali che la sosterrà), fa un’affermazione sostenuta da una nazione forte anche perché libera. Mentre la burocrazia brusselese e il difficile asse franco-tedesco, invece, che oggi reggono l’Unione abbondano in dichiarazioni retoriche ma non in scelte nette, e in questo contesto Berlino determina in ultima istanza l’indirizzo prevalente basandosi essenzialmente – con buona pace della Mastrobuoni – sui suoi più immediati interessi. Non è impossibile che un Continente guidato da un’arroganza bottegaia non finisca tanto bene. Certamente va preso atto che è meglio che la possibile (probabile?) deriva avvenga tra mediocri trattative invece che in mezzo al già sperimentato uso di shrapnel. E’ questo un dato da tenere sempre presente. Anche se poi gli squilibri troppo forti in un Continente come quello europeo non si sa mai dove possano portare.