Se i cattolici sul Covid sembrano Cappato (di G. Quagliariello)

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Se i cattolici sul Covid sembrano Cappato (di G. Quagliariello)

22 Agosto 2021

Uno strano disinteresse, quasi un malcelato imbarazzo, ha accompagnato in alcuni settori del mondo cattolico la trionfale raccolta di firme promossa da Marco Cappato e da diverse sigle dell’associazionismo radicale per la definitiva legalizzazione dell’eutanasia. Effetto della secolarizzazione che avanza, portando con sé una sempre più evidente marginalizzazione dei temi antropologici? Forse, ma non solo. Risultato delle sconfitte registrate negli ultimi anni sul terreno della biopolitica, con la sensazione conseguente che sia rimasto ben poco da difendere? Non credo, per il semplice fatto che della gravità di queste sconfitte, e degli errori che hanno contribuito a determinarle, c’è purtroppo nel mondo “pro life” scarsa consapevolezza.

Io ritengo, piuttosto, che si tratti di un ulteriore lascito della pandemia. Nel senso che la sovrapposizione del dibattito sull’”eutanasia legale” con quello su vaccini anti-Covid e green pass ha riportato alla luce una tensione irrisolta, con tutte le sue contraddizioni: quella sul concetto di libertà. Sicché se sul ddl Zan, al di là delle sfumature tattiche, è stato semplice registrare la compattezza di un fronte in nome della libertà di opinione e di espressione del pensiero, la faccenda si fa più complessa quando i temi in discussione, più che la libertà, chiamano in causa i suoi limiti e la sua finitezza.

Mi spiego, con tutta la franchezza che l’argomento richiede. E lo faccio dalla prospettiva di chi fin dall’inizio dell’emergenza Covid ha avversato provvedimenti restrittivi fini a se stessi e privi di senso delle proporzioni e talvolta anche di senso del ridicolo, mentre ha messo la faccia su decisioni anche impopolari ma chiaramente indirizzate a mettere in sicurezza la ripartenza.

Il fatto è che le misure di incentivo alla campagna vaccinale – strumenti di cui tutti faremmo volentieri a meno ma che, soprattutto se concepiti in maniera pragmatica e non ideologica, possono aiutare a scongiurare nuove chiusure che l’economia italiana non sarebbe in grado di reggere – hanno incontrato una delle più agguerrite sacche di opposizione proprio in seno al mondo cattolico. E questo in nome di un principio di libertà inteso come assoluto.

A nulla è valso ricordare la proposizione fin troppo abusata, ma fondamento sostanziale di ogni comunità organizzata secondo regole, per cui “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri”. A nulla è valso ricordare che l’uomo è creato libero ma a ogni libera azione corrisponde una conseguenza, e quando quella conseguenza impatta sulla sfera altrui le istituzioni hanno l’onere di bilanciare le esigenze in campo, altrimenti non avrebbero ragione di esistere. A nulla, soprattutto, è valso far presente che la libertà in gioco in questo caso non è soltanto quella di farsi inoculare o meno un prodotto farmaceutico e di subire o meno limitazioni nell’accesso a determinate attività, ma è anche quella del barista, del ristoratore, dell’istruttore di palestra, di poter lavorare senza dover temere una nuova insostenibile pressione sugli ospedali e sulle terapie intensive con conseguenti chiusure; è quella del gestore di un cinema o di un teatro di poter progressivamente tornare a riempire la propria struttura senza limitazioni eccessive che ne rendano anti-economica l’apertura; è quella degli studenti di poter tornare a scuola senza il balletto della dad e delle loro famiglie di poter gestire la vita lavorativa.

A qualsiasi discorso, dalla dissertazione filosofica più elevata al più pragmatico ragionamento di sostenibilità economica, è stato opposto il totem della “libertà”. Dimenticando che è proprio dalla finitezza della libertà, da quel limite che discende dalla relazione con gli altri e dalla responsabilità verso il nostro prossimo, che muove l’opposizione “cattolica” all’eutanasia come ad altre derive antropologiche improntate a una sorta di totalitarismo individualistico. Dimenticando, soprattutto, che è proprio sul confine della libertà che si è prodotta nei secoli quella divaricazione in seno al mondo liberale fra l’umanesimo cristiano e l’assolutismo illuminista.

E’ proprio su quel confine che si gioca la differenza, decisiva, tra libertà e autodeterminazione. Una parte del mondo cattolico, non so quanto consapevolmente, sul tema della pandemia sta scivolando lungo il piano inclinato che dalla prima conduce alla seconda. Con argomenti – contro il “green pass”, ad esempio, ma anche contro la stessa semplice campagna vaccinale e non solo – che somigliano pericolosamente a quelli che i sostenitori del referendum sull’eutanasia propugnano nei loro banchetti. E con rigurgiti anti-scientifici che sembrano rimuovere il fatto che uno dei tratti distintivi del cristianesimo rispetto ad altre religioni – l’islam, soprattutto – è la capacità di riconoscere nei frutti dell’intelletto umano la valorizzazione di quei talenti che il Creatore ha affidato alle creature. Frutti ovviamente da non deificare e da considerare sempre come un mezzo e mai come un fine, ma il cui rifiuto pregiudiziale, a tratti persino superstizioso, sotterra uno dei capisaldi che contraddistinguono l’Occidente cristiano rispetto ad altre civiltà.

Non è un caso che l’armamentario polemico in voga in queste settimane contro le misure di incentivo alla campagna vaccinale, utilizzato in primo luogo in ambito cattolico, attinga a piene mani dalla riflessione di pensatori (vedi Massimo Cacciari) che sul fine vita si collocano sul fronte dell’autodeterminazione e non su quello della libertà. Sul fronte della morte non come scelta di libertà individuale ma come diritto esigibile che impone a carico della collettività l’obbligo di garantirne l’esercizio.

La differenza, cari amici “pro life”, è tutta qui. Va bene dunque diffidare dello scientismo come religione civile sul quale fondare il controllo sociale. Diverso è cadere noi per primi nella trappola dell’assolutismo individualista. Perché la libertà temperata dalla responsabilità è ciò che ci distingue da chi pretende il diritto a morire, il diritto al figlio, il diritto a determinare ogni alito della propria esistenza senza valutare cosa significhi per gli altri. Ma per questo ci sono già i banchetti di Cappato, non c’è bisogno di noi.