Se il Pd segue le orme dei “Ragazzi di Berlinguer”

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Se il Pd segue le orme dei “Ragazzi di Berlinguer”

04 Settembre 2013

Roberto Maroni, governatore della Lombardia e segretario pro tempore (per sua stessa ammissione) della Lega Nord, confida che Silvio Berlusconi stacchi finalmente la spina al governo Letta ed imbracci le armi contro il Partito democratico che lo starebbe trattando come all’epoca fu trattato Bettino Craxi.

Non è certo un mistero che il Carroccio frema per un rapido ritorno alle urne, anche se vien da sorridere al ricordo di un movimento leghista tra i più solleciti a cavalcare l’onda giustizialista che travolse il sistema dei partiti della prima Repubblica.

Su un punto, però, le dichiarazioni di Maroni meritano una riflessione: l’atteggiamento che gli epigoni della sinistra comunista tennero vent’anni fa dinanzi al “caso Craxi” è paragonabile all’attuale condotta del Partito democratico, posto dinanzi ai dilemmi apertisi con la condanna di Berlusconi in Cassazione?

L’operazione di salvataggio finalizzata ad evitare di farsi travolgere dal fiume impetuoso della Storia, consigliò all’epoca ai «ragazzi di Berlinguer» un approccio sostanzialmente opportunistico alla vicenda che riguardava il destino del segretario socialista: essi reagirono con autentico sprezzo dinanzi al tentativo di individuare una soluzione politica alla crisi della prima Repubblica; intensificarono al contrario l’opera di demonizzazione nei confronti del nemico che proprio a sinistra li aveva sfidati e battuti sul terreno fecondo dell’elaborazione politica e programmatica.

Picchiarono duro, i massimi dirigenti di Botteghe Oscure, bollando come inaccettabili i tentativi di «autoassoluzione di tutta la classe politica italiana», e rispedirono al mittente, quasi fossero immuni alle logiche distorte, qualsivoglia «chiamata di correità alla responsabilità dei partiti nella questione morale».

Giunsero persino ad annunciare, contro la pericolosa modernità rampante targata Psi (sempre nella scia di quella diversità antropologica teorizzata a suo tempo da Enrico Berlinguer), una sorta di “preambolo” sulla questione morale, un recinto della politica con dentro i buoni e fuori i cattivi, a cui il neonato Pds avrebbe subordinato qualsiasi eventuale alleanza di governo.

«Adesso fatti da parte», intimò alfine il segretario del Pds Achille Occhetto al nemico Bettino, ormai «l’uomo di una stagione politica conclusa», per utilizzare la terminologia di Massimo D’Alema. Né poteva mancare, ad ispirare la crociata giustizialista, il solito Scalfari: «Craxi non può più essere un interlocutore valido per le forze politiche rappresentate in Parlamento».

Il segretario socialista, si badi bene, non era stato ancora raggiunto dagli avvisi di garanzia che ne avrebbero decretato la fine politica. Frammenti di Storia recente, quelli appena ricordati. Ma se la Storia è maestra di vita, c’è solo da sperare che gli eredi di Botteghe Oscure abbiano compreso i guasti che vent’anni di giustizialismo forcaiolo hanno arrecato al paese.

Confidiamo, insomma, che tra il livore di Stefania Pezzopane e la ponderatezza di Luciano Violante, i democratici finiscano per avvalorare le tesi del secondo.