Se il potere di scioglimento fosse per forma del Quirinale ma in sostanza del Cav.

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Se il potere di scioglimento fosse per forma del Quirinale ma in sostanza del Cav.

10 Novembre 2010

Fonti quirinalizie informano di una certa preoccupazione del Capo dello Stato riguardo alle ultime vicende politiche e, soprattutto, alle possibili ripercussioni istituzionali. C’è da crederci. Il Presidente Napolitano dovrà trovare delle geometrie costituzionali in un contesto che si presenta piuttosto sbracato, proprio sul versante istituzionale.

Da ultimo, la stravaganza di un ministro e di alcuni sottosegretari che rimettono il mandato nelle mani del Presidente della Camera: il quale essendo ormai a capo di un partito (scissionista) non svolge più funzioni neutrali, come deve fare il Presidente di una Assemblea parlamentare. Lo dimostra, peraltro, la stravagante richiesta di aprire una crisi extraparlamentare con le dimissioni di Berlusconi, anziché una crisi di governo da discutere e votare nella sola sede che la Costituzione vorrebbe che fosse: il Parlamento. Certo, qualunque sarà lo scenario di crisi, questo consegna al Presidente della Repubblica il boccino della (non facile) soluzione.

Molto dipende dal fatto se la crisi sarà parlamentare oppure extraparlamentare. Perché se Berlusconi dovesse dimettersi senza avere un voto di sfiducia, allora i margini di soluzione presidenziali si amplierebbero: a) perché il Presidente Napolitano potrebbe verificare il formarsi di una nuova maggioranza parlamentare con una figura istituzionale cui dare l’incarico, pieno o esplorativo, per far nascere un nuovo governo; b) perché il Presidente Napolitano potrebbe dare un reincarico a Berlusconi, il quale nell’ipotesi fallisse nel tentativo di formare un governo bis, gestirebbe comunque le elezioni in ordinaria amministrazione; c) perché il Presidente Napolitano potrebbe decidere di sciogliere anticipatamente le Camere, sentito il parere obbligatorio ma non vincolante dei Presidenti dei due rami del Parlamento. Anche se ci sarebbe la “anomalia” Fini, che salirebbe al Colle nella duplice veste di Presidente della Camera e di leader del partito, che di fatto ha provocato la crisi.

Se invece Berlusconi dovesse subire un voto di sfiducia in Parlamento, è pur vero che ci sarebbero comunque (stretti) margini costituzionali per cercare una nuova maggioranza, ma si auspica, invece, che, in ossequio alla volontà elettorale, venissero sciolte le Camere e si andasse subito al voto. Il punto è: come favorire lo scioglimento anticipato senza strappi né sbreghi costituzionali? Qui si suggerisce una ipotesi a Costituzione invariata. Ovvero, si ipotizza l’avvio di una convenzione costituzionale sul potere di scioglimento, che sia in linea con quelle di stampo maggioritario già avviate, per esempio, con la nomina del Presidente del consiglio da parte del Presidente della Repubblica, che da oltre un decennio avviene “sotto dettatura” del voto elettorale.

Il punto è la funzione che può avere la controfirma, che il Presidente del Consiglio deve apporre nel decreto presidenziale di scioglimento. Infatti, in presenza di un sistema di regole istituzionali ed elettorali che hanno di fatto rafforzato la posizione del Presidente del consiglio, in quanto adesso è designato elettoralmente ed è collegato a una maggioranza parlamentare, allora, la controfirma può trasformarsi nella sottoscrizione di un or­gano “proponente”.

Chiariamo meglio questo aspetto: l’art. 89, comma primo, della Costituzione prescrive che «Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità»; questa regola costituzionale dovrebbe poter valere anche nel caso dell’atto presidenziale di scioglimento, il quale verrebbe a essere proposto dall’organo competente, cioè il Presidente del Consiglio, il quale se ne assumerebbe la responsabilità. In tal modo, il potere di scioglimento sarebbe formalmente presidenziale ma sostanzialmente governativo.

Certo, così facendo si darebbe luogo a una nuova convenzione costituzionale, della quale dovrebbe farsi promotore il Presidente della Repubblica, fondata su una innovativa lettura dell’art. 89, in combinato disposto con l’art. 88, che sarebbe in linea da un lato con le tendenze europee e dall’altro col cambiamento della nostra forma di governo parlamentare in senso maggioritario e, di conseguenza, con il rilievo che ha finito per assumere il ruolo del Presidente del Consiglio nell’interpretazione della Costituzione in senso materiale.

Va da sé che il ricorso allo scioglimento anticipato, su proposta del Presidente del Consiglio, dovrebbe essere consentito nel caso in cui sia entrata in crisi la maggioranza parlamentare prescelta col voto dal corpo elettorale. In modo da far tornare al popolo sovrano la decisione di chi deve governare il Paese.

E’ questa la democrazia, bellezza.