Se la Banca del Mezzogiorno rischia di diventare un film già visto
19 Ottobre 2009
Da qualsiasi parte la si guardi, la Banca del Mezzogiorno è una scommessa. L’auspicio è che tramite operazioni di piccolo e medio credito alle imprese si assista a un rilancio delle attività produttive del Mezzogiorno, con la creazione di nuovi distretti industriali in aree sottoutilizzate. Il rischio è che finisca per essere una banca che non fa la banca, tentata dal riproporre vecchi schemi e pericolose derive clientelari, producendo disavanzi e costi a carico della collettività. Il timore è anche che finisca per essere un veicolo di gestione politica degli aiuti all’economia.
La nuova banca del Sud creata dallo Stato sarà costituita da una federazione della banche di credito cooperativo presenti sul territorio e si avvarrà della collaborazione di Poste. Ora, che il Sud abbia bisogno di una fiscalità di vantaggio è una certezza, ma questo è un obiettivo raggiungibile anche con le strutture di credito già esistenti. Perché non spingere le banche a operare meglio e con più dinamismo piuttosto che crearne una nuova? E perché creare un ibrido tra pubblico e privato? Se è pubblica che sia pubblica fino in fondo, con tutto ciò che questo comporta. Se è privata, perché a crearla deve essere lo Stato? Forse i privati intravedendo un vantaggio economico non avrebbero già centrato l’obiettivo? Difficile crederlo.
Al Meridione, dal punto di vista delle strutture bancarie purtroppo non mancano i precedenti negativi (dopo una gestione schizofrenica del credito e delle risorse, il Banco di Napoli e quello di Sicilia sono sprofondate sotto il peso di una cattiva gestione e di conti in profondo rosso) e neppure sono mancati i finanziamenti (La Cassa del Mezzogiorno e i fondi Fas, l’hanno ricoperto di soldi). Il denaro, insomma, è arrivato ma non ci sono state e non ci sono ancora oggi le condizioni giuste per farlo fruttare. Se investire al Sud è più rischioso rispetto al Nord è perché le mafie veicolano gli investimenti, non esiste un tessuto socio economico adeguato in quanto la carenza di Infrastrutture rallenta la circolazione delle merci e delle persone e affossa l’attività imprenditoriale e la Pubblica Amminisrazione (lo sa bene il ministro Brunetta) è in larga parte inefficiente e caratterizzata da sprechi. Ecco perché una “Banca del Mezzogiorno”, della quale i dettagli non sono ancora chiari (un pool di esperti del Ministero dell’Economia sta lavorando ormai da mesi e a breve saranno resi noti i dettagli del progetto), per funzionare deve essere una struttura chiara, trasparente e diversa dagli altri Istituti di credito che in quell’area operano. O meglio: diversa sì, ma non troppo.
La nuova banca dovrà infatti operare con gli stessi vincoli e gli stessi criteri applicati agli altri. Stesse condizioni di mercato. Come potrà, allora, praticare tassi più bassi delle altre banche e concedere prestiti con minori garanzie? "Ci riuscirebbe – spiega l’economista Francesco Forte dalle colonne de Il Giornale – solo se fosse più efficiente delle banche che già operano ma è assurdo supporlo dato che che essa dovrebbe competere con Istituti che già operano e che conoscono la situazione meglio di chi comincia solo adesso". Se la nuova creatura per il Sud dovesse vivere grazie a sussidi dallo Stato, finirebbe giustamente nel mirino dell’Ue perché diventerebbe un elemento distorsivo alla concorrenza (fermo restando che una nuova banca può aumentare la concorrenza nel sistema finanziario). E siccome lo stesso Tremonti s’è affrettato a spiegare che no, non si tratterà dell’ennesimo carrozzone, conviene a tutti che l’attività creditizia di questa nuova Banca non finisca per diventare il nuovo monumento allo Statalismo.
C’è anche un altro rischio, legato anch’esso all’Europa. Riguarda il debito pubblico. Lo Stato ha infatti deciso di creare obbligazioni di scopo destinate a finanziare progetti meridionali. Queste obbligazioni, che potranno essere sottoscritte da tutti i risparmiatori italiani, potranno essere emessi anche da altri intermediari finanziari. Ma se questi titoli saranno effettivamente garantiti dallo Stato saranno del tutto assimilati a debito pubblico (ad agosto ha toccato quota 1.757,534 miliardi di euro). E l’Europa non sarebbe tenera.
Di certo, qualsiasi iniziativa che si propone di risollevare il Sud senza entrare nel vortice dell’assistenzialismo e del clientelismo politico è da guardare con favore. I dubbi ci sono e davanti a un progetto ancora poco chiaro probabilmente sono legittimi. Resta l’obiettivo principale: far risorgere il Mezzogiorno e farlo camminare con le proprie gambe, che è anche l’obiettivo che il ministro Tremonti dice di voler raggiungere con la Banca del Sud.