Se la forza del Sud parte dall’Università
07 Settembre 2010
Qualche giorno fa, nell’aula magna dell’Università di Bari, i rettori delle Università di Puglia, Molise e Basilicata hanno annunciato un’importante iniziativa che, se ben coltivata, potrà costituire un esempio nazionale e dare un impulso decisivo alla crescita del Mezzogiorno.
Alla presenza dei governatori delle tre Regioni e di una nutrita pattuglia di parlamentari di spicco, fra cui il Sen. Gaetano Quagliariello, è stata annunciata la nascita della Federazione degli Atenei delle tre Regioni (Università di Bari, del Salento, del Molise, della Basilicata, Politecnico di Bari, Università di Foggia).
L’iniziativa è perfettamente in linea con la riforma Gelmini ed anzi la anticipa, proponendo temi interessanti e strategici per la crescita del Mezzogiorno. I Rettori hanno ben spiegato che l’alleanza fra Atenei persegue molteplici obiettivi, senza peraltro mortificare l’esigenza di competizione, che deve essere spostata su livelli di eccellenza.
Il primo risultato atteso è quello di ottimizzare la spesa, tentando di eliminare dannose duplicazioni che disperdono le limitate risorse disponibili. La ricerca ha bisogno ovunque, ed in particolare nel Mezzogiorno di Italia, di nuova linfa: risorse umane, attrezzature, laboratori. Se si vuole competere con le altre Università europee è necessario fare un salto di qualità, evitando gelosie e battaglie di retroguardia e tentando di destinare le risorse verso progetti innovativi che partano dalle tante strutture di eccellenza già presenti sul territorio.
Piuttosto che investire in nuove strutture, meglio potenziare quelle esistenti, aprendole in primis ai ricercatori degli Atenei promotori dell’iniziativa, magari creando le necessarie strutture di accoglienza in modo da essere maggiormente attrattive verso i ricercatori stranieri che possono contribuire alla crescita culturale del nostro Mezzogiorno.
Anche per quanto attiene alla valutazione della qualità dei singoli, prodromica alla selezione di ricercatori sempre più competenti, la Federazione potrà avere un ruolo propulsivo ed ha già costituito un gruppo di studio per mettere a punto criteri di valutazione ex ante, che indirizzino il lavoro dei ricercatori. E’ indubbio che i criteri nazionali attualmente in uso no sono idonei a fornire un quadro esaustivo del sistema nazionale, poiché non tengono in alcun conto l’eterogeneità dei nostri Atenei e li valutano svincolandoli dal contesto socio economico in cui operano.
La Federazione potrà incidere profondamente anche sul piano della didattica, definendo un’offerta formativa complessiva di grande livello, grazie ad una maggiore sinergia fra Atenei e, possibilmente, grazie ad una maggiore mobilità dei docenti. Le Università meridionali, al pari delle altre, hanno già avviato un processo di dimagrimento dei corsi di laurea, in linea con i criteri ministeriali già da tempo definiti. Come fare per evitare che tali tagli producano un depauperamento delle figure professionali necessarie per la crescita del Mezzogiorno? E’ necessario evitare duplicazioni, magari a distanza di pochi chilometri, consentendo ai singoli Atenei di concentrare gli sforzi sui corsi di laurea più consolidati, con maggiori tradizioni e, possibilmente, con vocazione fortemente territoriale. Solo così si potrà aumentare l’attrattività dei nostri Atenei che già oggi ospitano numerosi studenti provenienti da altre Regioni. Anche in questo caso, come peraltro sottolineato dal Governatore della Regione Puglia, è necessario potenziare le strutture di supporto, come ad esempio gli alloggi per studenti, sempre più spesso reperibili a prezzi troppo elevati e fuori contesto.
Non si tratta in definitiva di un accordo esclusivamente mirato a perseguire un’economia di scala, ma una vera e propria rivoluzione che consenta di esaltare le eccellenze e di competere ai massimi livelli con il sistema universitario internazionale.
Se questa iniziativa avrà un seguito, sarà il segno inequivocabile che il mondo Accademico ha deciso di riappropriarsi del suo ruolo guida nel Paese: non più essere al seguito dei provvedimenti della Politica, ma avere capacità di anticiparli, interpretando al meglio le sfide della modernità, senza rinunciare ad essere fucina di cultura.
E’ indubitabile che il mercato richiede professionalità sempre più elevate, così come è indubbio che il vero progresso passa attraverso un lento processo si crescita culturale. Se dunque il sistema universitario deve uscire dalla sua torre d’avorio per andare incontro alle esigenze del mercato, è altrettanto vero che tali esigenze non devono sopraffare i bisogni della cultura, imponendo tempi di formazione molto brevi e eccessivamente mirati a specifiche competenze.
Con la Federazione, il corpo docente lancia un chiaro messaggio di disponibilità al sacrificio, rinunciando a interessi particolari, in nome di un bene più grande, che sia veramente “comune” e che abbia importanti ricadute socio economiche.
Il Sen. Quagliariello, nel prendere la parola nel corso della Conferenza Stampa, dopo aver riportato ai presenti il plauso del Min. Gelmini, ha sottolineato come l’iniziative vada nella direzione del superamento dei due capisaldi che hanno fin qui retto l’Università italiana e che è necessario abbattere quanto prima per essere competitivi a livello mondiale: la separatezza e la cooptazione.
Se dunque le Università federate hanno assunto l’impegno di rinunciare ai propri privilegi al fine di garantire un servizio migliore al Paese, è anche vero che la Politica ha l’obbligo di assecondare questo processo virtuoso, garantendo le risorse necessarie. La lotta agli sprechi è un dovere di tutti, ma è anche vero che il sistema universitario italiano è allo stremo per i continui tagli dei finanziamenti ordinari che non hanno eguali in altri comparti della pubblica Amministrazione e per le incertezze che impediscono qualsiasi programmazione.
L’impegno dei politici presenti alla conferenza stampa lascia ben sperare. Si tratta ora di costruire nuovi percorsi che vedano impegnati, insieme al governo centrale, anche le Regioni, le Province ed i Comuni che finora, fatti salvi finanziamenti occasionali, non hanno fatto molto per dimostrare la loro attenzione al sistema universitario ed il loro riconoscimento del ruolo degli Atenei come motore di sviluppo del territorio (basti pensare all’indotto che un Ateneo con decine di migliaia di studenti sviluppa nel territorio di competenza). L’auspicio che si possa sviluppare un modello sistemico, sulla scorta dell’esperienza lucana, che prevede un finanziamento annuale permanente all’Università, magari basando la distribuzione delle risorse su criteri di meritocrazia.
L’Università reclama a gran voce una maggiore attenzione degli organi di Governo, non a difesa di uno statu quo, ma per rivendicare il suo ruolo importante nella Società. E se è vero che per vocazione le Università sono attente ai bisogni sociali, per esempio con una politica di contenimento delle rette di iscrizione, è altrettanto vero che oggi le Università sono Enti Autonomi che devono prestare grande attenzione ai bilanci. Far quadrare entrate e uscite, con l’attuale regime di finanziamento, è operazione improba che necessariamente va a scapito della qualità.
Non si può pretendere che le Università si facciano carico da sole di sostenere il costo sociale della funzione che sono chiamati a svolgere e, allo stesso tempo, che le entrate pareggino le uscite.
Sarebbe sin troppo facile pareggiare le entrate aumentando le tasse degli studenti, chiedendo loro di sopperire ai tagli imposti al sistema universitario e di coprire i costi reali dell’Università, ma tale operazione sarebbe ingiusta, specie nel contesto meridionale, contraria ad ogni principio di solidarietà e non degna di una democrazia avanzata che, come obiettivi primari deve porsi quelli del merito e della crescita culturale dei giovani e non quello di premiare quelli che dispongono di maggiori risorse. E’ anche vero, però, che l’attuale contribuzione studentesca è spesso indecente, in ossequio al principio assai diffuso in Italia, e molto meno nel resto del mondo, che l’istruzione è gratuita. Questa tendenza va smontata, facendo comprendere a tutti che l’istruzione universitaria è sì un diritto, ma deve essere anche una conquista, importante per sé e per gli altri, e che, come tutte le conquiste, costa sacrificio, impegno ed anche rinunce.
In conclusione è auspicabile che l’annuncio della Federazione di Atenei Meridionali possa rappresentare un punto di svolta nel nostro sistema universitario, che costa sacrifici, ma che punti ad esaltare le eccellenze. Il Mondo accademico ha già cominciato a fare sacrifici, agli studenti è stato già imposto un aumento di contribuzione ed è probabile che altri aumenti verranno richiesti. Adesso tocca agli organi di governo a tutti i livelli per assecondare questo processo virtuoso, evitando che una pianta che promette di crescere rigogliosa possa appassire ancora giovane per mancanza d’acqua.
Leonardo Damiani è Delegato del Rettore del Politecnico di Bari