Se la questione operaia è ancora una questione politica, a che serve il sindacato?

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Se la questione operaia è ancora una questione politica, a che serve il sindacato?

11 Ottobre 2007

La questione operaia è ancora una questione politica. Se
Epifani, dopo il risultato del referendum sul pacchetto del Welfare, canta
vittoria insieme a Bonanni e Angeletti, ciò significa che il sindacato è ormai
al traino della politica. Dunque: a cosa serve il sindacato?

In prima pagina sul Corriere
della Sera
abbiamo, a chiare lettere, la cartina di tornasole della mia
tesi: il dono di Epifani. Dunque, la lobby mediatico-finanziaria del Corriere sbandiera la cifra politica del
referendum; di conseguenza, il sindacato ha accettato di salvare il governo da
una fine certa; allora, siamo alla deriva politicistica del sindacato.
Conclusione: vittoria di Pirro. Perché, la domanda vera che giace da tempo sul
tavolo è ineludibile: a quale prezzo il sindacato ha “vinto”? Se a Mirafiori
fanno gli eretici e votano no al protocollo sul Welfare, la questione operaia,
nei suoi connotati originari, muta aspetto e qualità. Inutile il trionfalismo
di Epifani: “abbiamo fatto cappotto, il lavoratori si fidano”, titola sempre il
Corriere. I lavoratori sono alla
canna del gas come il governo e il sindacato. Questa è per loro l’ultima
spiaggia. Hanno votato i marginali della società. Se ne rende conto il leader
della Cgil? Non solo. La Cgil
sta facendo la battaglia per la riduzione della tassazione sul lavoro
dipendente, che oggi anche i sindacalisti stanno riscoprendo, dopo averci fatto
vedere in piazza pensionati in carrozzella e noglobal. Bene. Operazione da
valutare positivamente. Ma anche in questo caso siamo di fronte al rovesciamento
di una prospettiva: l’economia sociale di mercato non è mai stata la strada
della Cgil. La questione fiscale è diventa questione sociale per la Cgil, bene, ma allora come si
fa a tenere insieme un sindacato fino a ieri saturato di predicozzi acidi sul
declinismo e di rampogne sulla legge Biagi? Se si cambia posizione e non si
giustifica razionalmente la ragione di fondo del cambiamento, il caso impera e
l’eclettismo inconcludente riaffiora.

Epifani è un mediocre leader sindacale e
un politico senza visione. Dopo l’eresia di Mirafiori, emerge un paradosso
insostenibile per il sindacato: per rendere visibile la nuova questione
operaia, legata a doppio filo al protocollo sul Welfare ed alla riduzione della
tasse, Epifani è costretto a scegliere la strada liberale, che non gli è
naturale. E, alla fine, ciò comporterà lo sbilanciamento della sua azione con
molti caduti sul campo. La condizione attuale del sindacato è analoga e
speculare a quella della sinistra nel suo complesso, registrata anche da Bertinotti:
è in gioco la sua stessa esistenza. A cosa serve oggi il sindacato? E a cosa
serve oggi una sinistra ridotta così? L’obiezione di fondo dell’operaismo
marxista alla linea di condotta del sindacato, fin dalla fine degli anni
Ottanta, è esemplare: se il sindacato si perde nei giochi politicistici, la
ristrutturazione capitalistica la subiscono soltanto i lavoratori nella più
totale marginalità sociale. Rovesciando il punto analitico, si potrebbe dire:
l’economia sociale di mercato ha bisogno di lavoratori dipendenti qualificati e
di un capitalismo capace di valorizzare il capitale umano. Ha bisogno di
un’alleanza storica tra lavoro e capitale. Di qui la possibilità di ripresa
dell’ascensore sociale per la classe operaia.

Un sindacato che crede di vincere
un referendum basato su un equivoco di questa portata e con mille avversari a
sinistra dove andrà se non che ai margini della vita pubblica? Già la
rappresentanza sindacale e politica è oggetto di discussione politologia e
politica da almeno tre decenni, con forti ricadute sul senso comune e sul
comportamento elettorale dei cittadini, se adesso il sindacato diventa la pezza
d’appoggio di un governo senza respiro politico e senz’anima, che vede ai suoi
tavoli di concertazione soltanto la Confindustria e la Trimurti sindacale, con
qualche banchiere a fare da convitato di pietra, cosa ne sarà della tutela
degli interessi dei lavoratori? Queste sono le domande di fondo. I sindacati
rappresentano ormai soltanto gli assistiti e i super-garantiti, i pensionati dell’età
d’oro delle garanzie reali, cioè del periodo pre-globalizzazione. Oggi la
musica è diversa e Mirafiori cambia il tono complessivo della cosiddetta
vittoria. Due passi avanti e uno indietro. Ma verso la terra di nessuno, verso
qualcosa che per i metalmeccanici è destra allo stato puro e verso l’ok alla
legge Biagi, la legge 30 per chi si prepara ad andare in piazza dopo la
vittoria di Pirro dei sindacati. Il tono crea la musica. Il tono scandito da
chi ha molte ragioni e pochi rappresentanti. Dunque, a cosa serve il
sindacato?