Se l’ateismo sono Augias e Odifreddi non possiamo non dirci cristiani
06 Novembre 2010
Fino a pochi anni fa l’ateismo sembrava scomparso dalla scena. Poi d’un tratto ha ripreso voce. Qualche giorno fa sul salotto rosso di Serena Dandini si è seduto il filosofo Giulio Giorello per rivendicare la necessità, l’imprescindibilità dell’ateismo. Incalzato dalle domande (si fa per dire) dell’intervistatrice, Giorello ha illustrato il punto di vista del suo ultimo libro “Senza Dio. Del buon uso dell’ateismo” (Longanesi).
Saltellando di gioia la conduttrice ha affermato che addirittura il libro è stato pubblicamente elogiato dal cardinale Carlo Maria Martini. Poi la conversazione ha assunto toni divertenti con l’arrivo del Dario Vergassola. Prendiamone atto: l’ateismo è tornato, seduto anche nel salotto dei comici. E la variante italiana dell’ateismo si incarna in tre paladini: Vito Mancuso, Corrado Augias e Piergiorgio Odifreddi. La via italiana all’ateismo si racchiude in una serie di recenti pubblicazioni bagnate da grande successo di vendite, e una messe sterminata di articoli, interviste, interventi, dichiarazioni, chiose. Non c’è giornale, programma televisivo o radiofonico, premio letterario, manifestazione pubblica che non brami di accogliere un loro pensiero. E la triade non lo fa mai mancare. Ovviamente ognuno si esprime come sa. Augias è il campione delle buone maniere, della sobrietà linguistica, della giusta posa. Mancuso, dall’aria apparentemente mite e inoffensiva, è invece tagliente come un rasoio. Odifreddi, infine, si diverte a spararle grosse, talvolta in maniera provocatoria e ridanciana.
Il primo è un giornalista di qualità convertitosi all’anti-cattolicesimo. Il secondo è uno studioso di teologia convertitosi anch’esso all’anti-cattolicesimo. Il terzo è uno studioso di matematica e logica, anche lui convertitosi all’anti-cattolicesimo. Ogni loro recente pronunciamento intellettuale è rivolto contro la Chiesa di Roma, contro gli ultimi due inquilini dei Sacri Palazzi (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) e contro l’impossibilità, l’impraticabilità, l’insostenibilità dei rapporti tra scienza e fede. I tre, pur battendo strade diverse, frequentando discipline e linguaggi diversi, concentrano il fuoco del loro pensiero su un punto: la fede non è razionale. E, soprattutto, bisogna cacciare Dio dalla mente degli uomini. È il vecchio progetto illuminista di espellere il cristianesimo dal corso degli accadimenti storici, come sosteneva Proudhon, il padre dell’ateismo moderno, alla metà dell’Ottocento.
La triade non fa altro che rimodellare, nell’epoca postmoderna dominata dal vuoto etico e dai mass-media, il progetto di ricominciare tutto da capo, riducendo il pensiero di Dio, così come aveva indicato Cartesio, a mera manifestazione del pensiero umano. Alla serrata e precisa contestazione della linea ateistica Mancuso-Augias-Oddifreddi è dedicato il bel libro di Vincenzo Vitale “Volti dell’ateismo. Mancuso, Augias, Odifreddi. Alla ricerca della ragione perduta” (Sugarco). Da una parte la scienza e la razionalità: dall’altra la fede cattolica priva di razionalità. Ai tiepidi, ai dubbiosi, agli atei, al variopinto mondo dei nemici della Chiesa cattolica, Mancuso-Augias-Odifreddi offrono il nutrimento quotidiano. Prendiamo un esempio recente. Nel comasco un veggente sta richiamando l’attenzione. Odifreddi mette subito un paletto: chi sente le voci o ha visioni per la scienza è malato di schizofrenia o assume sostanze allucinogene (intervista a “Il giornale di Como”).
È l’ennesima conferma della dottrina atea che la scienza debba confutare definitivamente, e senza repliche, l’esistenza di Dio, togliendo qualsiasi valore alla fede religiosa (qualsiasi fede religiosa), uno dei tanti miti fasulli della contemporaneità. L’uomo deve liberarsi del pesante fardello religioso del passato, diventando così definitivamente libero. Contro la mentalità scientista è duro misurarsi, poiché il cristianesimo si basa su una visione razionale del mondo, che alimenta una visione trascendentale. Questo è il punto cardine. I nemici dell’uomo religioso fanno sempre finta (compresi Mancuso-Augias-Odifreddi) di non sapere che la fede autentica deve essere animata dalla razionalità (come Ratzinger prima da teologo e poi da Pontefice ha costantemente richiamato all’attenzione), poiché hanno un disperato bisogno di dimostrare che la fede in definitiva incarna il senso più profondo della irrazionalità. E l’irrazionalità è nemica giurata della scienza, di ogni ragionamento e verità scientifica.
Diventa così facile mettere fuori gioco il cristianesimo, etichettarlo come residuo di un’epoca oscurantista, fortunatamente rischiarata dalla scienza. I miracoli non si possono dimostrare. Si accettano così come sono, o si rifiutano in blocco. Non ci può essere nessuna macchina scientifica in grado di confermare (o smentire) in maniera chiara e obiettiva (quindi scientifica) la loro esistenza. Anche la Chiesa, quando è chiamata a pronunciarsi sui miracoli, pondera i fatti, valuta le dichiarazioni, interpreta i segni dei tempi, fa ricorso all’intelletto e alla razionalità. Ma poi dichiara un principio di fede. Non cerca di ricorrere (o rincorrere) a prove scientifiche inoppugnabili. Male fece chi sottopose la Sacra Sindone a prove scientifiche. Il risultato finale ottenuto è che la scienza stessa si divise, portando risultati diversi, come ci si divide sull’efficacia delle cure farmacologiche, sulle letture dei dati economici, sull’apparente neutralità dei calcoli statistici. Ad esempio il miracolo dell’apparizione della Madonna di Guadalupe ad un indio, potrebbe essere dimostrata attraverso un lavoro scientifico.
Nell’occhio del quadro raffigurante la ”Morenita” (la Madonna nera apparsa in Messico), se ingrandito in fasi successive, ad un tratto appare, “miracolosamente” e da una prospettiva rovesciata, l’immagine di un indio inginocchiato. Prove indiscutibili, scientifiche? C’è il rischio di rimanere intrappolati nella mutevole spiegazione del “triangolo della Bermuda”, che inghiottirebbe aerei e navi senza un perché. Ogni tanto qualcuno offre una versione scientifica sempre nuova, sempre diversa. E via, aspettando la prossima. La fede, almeno in Occidente, è una libera scelta. Una libera e difficile scelta, che richiede molta, ma molta razionalità. Sarebbe più facile, ed in parte lo è, lasciarsi andare nel mare placido dell’irrazionalità, credendo al potere magico delle pietre e dei cristalli, della forze benefiche nascoste nelle viscere della terra o vaganti nel cielo. Sarebbe facile credere negli extraterrestri, considerarli esseri luminosi portatori di pace e serenità. E se sono cattivi, ha detto recentemente Stephen Hawking? Se sono imperialisti e colonizzatori come lo siamo stati noi, e in possesso di armi micidiali? Cosa ci succederà se li contatteremo? Lasciamoli stare in pace. Questa è una bella riflessione razionale.
Dimentichiamoci degli alieni. E visto che ci siamo, dimentichiamoci anche del voler imporre gabbie scientifiche alla fede. Non serve a niente. Voltaire pensava di aver sconfitto definitivamente la credulità miracolistica. Perché, disse, non troviamo mai nessun miracolo di qualcuno che ha recuperato una gamba amputatagli? Bene, pensò il padre dell’incredulità moderna, dopo avere letto tutto quello che c’era da leggere, consultato tutto quello che c’era da consultare, il punto debole era stato finalmente individuato. Voltaire aveva lavorato con mentalità scientifica. Aveva schedato tutti i miracoli possibili, e neppure ad uno dei miracolati era ricresciuta la gamba. Quindi, ne aveva dedotto scientificamente, se tutti i cigni osservati sono bianchi, allora vuol dire che non esistono i cigni neri. Ma tanta fatica aveva un tarlo. Lo studioso illuminista non era a conoscenza del “miracolo di Calanda”.
In un piccolo paesino della Spagna, nel 1637, a un giovane contadino, Miguel Juan Pellicer, era ricomparsa la gamba amputatagli due anni e mezzo prima, alla quale era stata tributata addirittura cristiana sepoltura. Documenti inoppugnabili certificano tale miracolo. Testimoni su testimoni hanno riconosciuto il miracolo. Quindi le verità testimoniali e sperimentali dimostrerebbero i miracoli? Ma non scherziamo. Tali testimonianze, ieri come oggi, serie e documentate, servono a garantire la fede dall’assalto di ciarlatani, impostori, truffatori. In “I segreti del Vaticano. Storie, luoghi, personaggi di un potere millenario” (Mondadori) Corrado Augias in quasi quattrocento pagine martella senza sosta la corruzione millenaria della Chiesa di Roma. L’ateismo contemporaneo si nutre di queste visioni unilaterali, nate dal presupposto di sconfiggere la visione razionale della fede cattolica. L’ateismo contemporaneo, lo ricorda Gerhard Lohfiln nel saggio “Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo” (Edizioni San Paolo), vive su congetture e pregiudizi anti-cristiani privi di fondamento. Lohfiln rivolge la propria attenzione all’opera demolitrice di Richard Dawkins “L’illusione di Dio” (Mondadori, 2007), ma sembra scritto per confutare il pensiero di Mancuso-Augias-Odifreddi.