
Se l’Italia non cresce la colpa è della rigidità del mercato del lavoro

07 Dicembre 2010
Si susseguono su un autorevole giornale come il Corriere della Sera e nelle analisi del Censis e della Banca di Italia le diagnosi sulla scarsa crescita dell’economia italiana, che i primi due pensatoi tendono ad attribuire a cause sociologiche e , più o meno larvatamente, alla stagione del centro destra, cioè all’era berlusconiana, accusandola di non essere animata da spirito innovativo , mentre il terzo pensatoio si focalizza su una specifica causa economica, la bassa crescita della produttività . E la individua essenzialmente nei fattori fiscali, in quelli infrastrutturali, nelle eccessive regolamentazioni dell’economia.
Ma nessuno di questi tre pensatoi ha fino ad ora voluto accendere il faro sulla questione più importante, che in effetti riguarda innanzitutto la produttività, ma si riferisce alla rigidità dei contratti di lavoro, L’emblema e non solo l’emblema di questo cappio al collo della nostra economia è costituito dalla vertenza fra la nuova Fiat , di Elkhan e Marchionne, e la Cgil , per i contratti aziendali, in deroga al contratto nazionale di lavoro, basati sulla produttività e sul merito, in cambio di nuovi investimenti, con il programma di azienda Italia. La vertenza, da Pomigliano, è passata a Mirafiori, ove c’è il nucleo duro, operaistico, della Cgil, ed ove essa ha il suo potere storico, dall’occupazione delle fabbriche degli anni ‘20 del 900, ai tempi di Gramsci e dell’Ordine Nuovo, ai tempi di Berlinguer e del compromesso storico. Una tradizione che ha un valore simbolico.
La Cgil, con riguardo alla vertenza di Pomigliano, ove i lavoratori, nel referendum, avevano accettato il contratto, proposto da Sergio Marchionne, aveva sostenuto che nella linea della Fiat c’era un inganno. Essa chiedeva l’adesione dei lavoratori al nuovo modello contrattuale, ma in cambio di un programma di investimenti, che era stato quantificato in un cospicuo ammontare di miliardi di euro , ma non specificato nel contenuto. Però , per Mirafiori , la Fiat di Marchionne, ha mostrato le carte, ossia il programma concreto, che comporta il rilancio della storica fabbrica, basato in parte su modelli di auto italiane e in parte sulla produzione di jeeps della Chrisler , per il mercato europeo e per quelli finitimi, un lavoro certo . In cambio per altro la Fiat chiede delle clausole, in sé non molto esigenti, che tuttavia comportano deroghe al contratto nazionale vigente, che non sono con esso compatibili . E che quindi , nella impossibilità di modificare adesso tale contratto, implicano per la Fiat l’uscita da tale contratto, mediante l’uscita da Confindustria , salvo che questa, a sua volta, lo denunci , con una spaccatura con la Cgil. Mentre la Cisl sta tentando una mediazione e la Uil di Angeletti dichiara che una soluzione certamente si troverà, la Cgil , da sola, ha rotto la trattativa, ritenendo assolutamente inaccettabile un contratto aziendale che non rispetta le clausole di quello nazionale, riguardanti le modalità e i limiti dei contratti aziendali in deroga. E per dare più peso a tale dissenso ha proclamato uno sciopero preventivo di 2 ore , a Mirafiori, proprio nel giorno in cui, terminata la cassa integrazione, i lavoratori avrebbero dovuto riprendere il lavoro .
L’Uil ha affermato che si tratta di una decisione incomprensibile e anche la Cisl ha rinnegato questo sciopero in quanto intende riprendere le trattative. Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria che ha discusso del tema con Marchionne, ora deve pronunciarsi e scegliere da che parte stare . Il segretario del Pd Luigi Bersani, dal canto suo, la scelta di campo la ha fatta in modo chiaro e netto, dichiarando che non vede alcuna ragione per essere contrari al contratto nazionale di lavoro . E’ pertanto evidente che le “lenzuolate” di liberalizzazioni di Bersani, amato in via Solferino e in Piazzetta Cuccia, perché ha liberalizzato la produzione elettrica, a favore della concorrenza, ma anche di Edison (azionista di Rcs) e di Elecricité de France (che è il maggiore azionista di Edison) si fermano davanti al mercato del lavoro.
Per esso, invece, per Bersani , deve valere un solo contratto, deciso al centro, dai sindacati nazionali dei lavoratori e dai datori di lavoro. Il massimo progresso consentito sono le deroghe aziendali al contratto nazionale previste da esso medesimo. Invece non è possibile, secondo questa concezione, considerare il contratto nazionale come vincolante solo per le aziende che non intendono derogarvi. Eppure questo, è , sostanzialmente, il modello tedesco , in cui coesistono un diritto del lavoro, con i suoi vincoli, e un diritto civile, con la libertà di contratto. In questo modello il contratto nazionale è soprattutto uno strumento per semplificare i rapporti fra le parti, riducendo i costi delle contrattazioni.
Esso vale, fra le parti nella misura in cui lo desiderano. In caso di contrasto prevale il principio della libertà di contratto, fra sindacato aziendale e datore di lavoro e persino (in linea di principio) fra singolo addetto e datore di lavoro , nei limiti del rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e del principio di equilibrio fra i contraenti. Il tasso di crescita del Pil della Germania è quest’anno superiore al 3 per cento , quello italiano è dello 1 per cento. Anche l’anno prossimo, secondo le previsioni internazionali, il Pil dell’Italia crescerà molto meno di quello della Germania. Fra le ragioni, c’è certamente la flessibilità dei contratti di lavoro che consente di valorizzare la produttività , rende convenienti gli investimenti, accresce l’occupazione e pertanto fa crescere la domanda di consumi, di investimenti e di esportazioni, dando impulso all’economia. Se non vogliamo adottare subito un modello di smantellamento del contratto nazionale, possiamo però rendere molto più vasta e flessibile la sua derogabilità, per portarci sempre più verso il federalismo contrattuale .
Bersani vorrebbe fare , insieme a Fini, Casini, Rutelli una grande coalizione di governo, che dovrebbe rilanciare la nostra economia, che il centro destra non sarebbe in grado di rilanciare , per mancanza di spirito innovativo. Ma la linea che Bersani ha esposto, per i contratti di lavoro è una linea arcaica , che comporta un enorme danno per il polo industriale dell’auto del Piemonte , da Mirafiori all’indotto. Esso impedisce di sbocciare ai cento fiori della libertà di contratto aziendale, in tutto il resto di Italia. Il 14 di dicembre, il parlamento , con il voto di fiducia sul governo, parteciperà anche a un referendum silenzioso sul contratto nazionale di lavoro, come strumento di monopolio o come strumento di programmazione indicativa. Questa è la linea del ringiovanimento italiano , non quella anagrafica.