Se l’Italia va ad Alta velocità

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Se l’Italia va ad Alta velocità

02 Giugno 2010

Il progressivo avvicinarsi dell’entrata in Italia di un grande operatore ferroviario (NTV) nel segmento dell’alta velocità impone una lettura critica e ragionata sui possibili scenari che potrebbero caratterizzare il trasporto ferroviario e la mobilità italiana nei prossimi anni. Anche in considerazione di un andamento macroeconomico che i paesi occidentali ancora non riescono ad invertire e che presumibilmente inciderà sulle abitudini future degli italiani in tema di trasporti.

Un elemento appare comunque chiaro: è necessario puntare su forme collettive di trasporto, da una parte per rendere la mobilità compatibile con la disponibilità, limitata, di risorse; dall’altra per rendere la fornitura di servizi storicamente in regime di monopolio indipendenti ed economicamente bilanciati.

Il sistema dell’alta velocità appare una valida alternativa all’aereo e all’auto per mettere in collegamento almeno le maggiori realtà urbane della penisola e la presenza di più operatori in concorrenza sarà in grado di portare benefici alla domanda solo se, al di là delle dichiarazioni, la partita si giocherà non solo sulla politica dei prezzi in chiave low cost, come nel trasporto aereo, ma anche dal punto di vista della qualità del servizio che in campo ferroviario si traduce sostanzialmente con la necessità di poter usufruire di un servizio puntuale, affidabile e con adeguati standard di qualità.

È probabile che in una prima fase la partita si giocherà su alcuni temi dell’offerta quali ad esempio i servizi tecnologici o elementi di esclusività, ma appare chiaro che l’elemento centrale sarà rappresentato dalla variabile prezzo, elemento verso il quale gli italiano stanno diventando sempre più sensibili. L’importante è che il processo di apertura non rappresenti una fotocopia di quanto già visto nel trasporto aereo.  

È quindi importante che i futuri contendenti sappiano sottrarsi quote di domanda a colpi di offerte vantaggiose senza però dimenticare il livello del servizio e stabilendo le necessarie collaborazioni per incidere sui problemi strutturali che caratterizzano il sistema ferroviario italiano e che hanno le loro radici non tanto nell’orografia del territorio o nella conformazione urbanistica delle città, quanto nell’assenza di una politica dei trasporti capace di determinare uno sviluppo coerente della mobilità rispetto alle effettive esigenze del paese. Su questo punto è ragionevole un certo pessimismo data la difficoltà dei governi nell’interpretare le esigenze della domanda proveniente dai cittadini e dalle imprese.

La speranza è che, come spesso accade in Italia, siano spinte esogene a dettare la direzione da seguire ed in questo senso lo scenario può essere verosimile in quanto le forze che si rinvengono nel contesto economico generale suggeriscono, senza bisogno di scomodare gli accademici, la necessità di una rapida riconversione verso l’efficienza dell’intero apparato trasportistico italiano. In questo senso l’alta velocità, intesa come sistema, avrà un compito che potremmo definire sociale e che è in contrasto con la natura di questo servizio, pensato per soddisfare un viaggiatore sempre più esigente ed evoluto in termini consumistici. Infatti, il collegamento veloce nord-sud est-ovest tra le grandi realtà urbane del paese può rappresentare un’importante occasione per accendere un dibattito su scala nazionale riguardo l’adeguatezza delle nostre infrastrutture di trasporto. Ciò è possibile senza scomodare pesanti appalti e opere faraoniche, ma considerando i recenti approcci della scienza trasportistica che considerano, e a ragione, il rafforzamento della rete già esistente quale elemento fondamentale e imprescindibile per assicurare connettività e accessibilità.

Il ragionamento fatto assume una valenza ancora maggiore se si pensa che la quota della mobilità detenuta dall’alta velocità e dal treno di media e lunga percorrenza è una frazione ridottissima del mercato globale della mobilità e che quindi è necessario destinare adeguate risorse verso un progressivo riequilibrio delle quote modali detenute da ciascun mezzo di trasporto.

Una possibile strada è certamente quella legata allo sviluppo di una cultura del trasporto collettivo e pubblico che in Italia è praticamente assente e sulla quale bisogna recuperare in fretta il divario rispetto ai principali partner europei.

È inoltre necessario lavorare con le istituzioni locali e le imprese di trasporto urbano per assicurare il massimo coordinamento in termini di offerta tra sistemi di trasporto diversi per funzioni e caratteristiche.

Vanno poi attentamente considerate le dinamiche urbane e demografiche affinché il sistema italiano dei trasporti non sia costretto, come è successo a partire dal secondo dopoguerra, a rincorrere dinamiche del tutto scollegate da qualsiasi scelta razionale in termini di politica economica e dei trasporti.

Infine, non va assolutamente dimenticato che l’alta velocità è un bene dell’Italia e che l’Italia intera ne dovrà conseguire i massimi benefici.