
Se nessuno si inginocchia per Samuel Paty…

20 Ottobre 2020
di Cominius
Che nelle aule e nelle piazze cadessero tutti compunti in ginocchio – parlamentari, sardine, scolaresche partecipi e commosse – francamente non l’ho immaginato neppure un secondo. Anche se, pensandoci bene, sarebbe stato un gesto conseguente e proporzionato allo sdegno che tra maggio e giugno attraversò l’opinione pubblica alla notizia della morte violenta del giovane afroamericano George Floyd.
Ma che si riuscisse a far finta di niente in modo così spudorato è stata una sorpresa anche per l’apota più scafato e disilluso, quale con gli anni mi pare sempre più di diventare. La notizia della decapitazione di un professore di liceo da parte di un islamista fanatico nel cuore della Francia che fu dei lumi è passata di striscio nei notiziari (emblematico il mezzo minuto del TG1), riportata a malapena sui giornali, registrata dall’opinione pubblica progressista con una condanna imbarazzata e fugace.
Giulio Meotti sul Foglio ed Eugenio Capozzi qui sull’Occidentale hanno spiegato benissimo e in dettaglio le ragioni storiche e culturali di quella che è a tutti gli effetti una rimozione.
Ridotta all’osso direi che la faccenda sta così: dalla testa mozzata di Samuel Paty è obbligatorio distogliere lo sguardo. Se uno la guardasse con attenzione potrebbe vedere cose spaventose, come nello specchio di Galadriel: il mondo in rosa dell’immaginario progressista si scolorirebbe ed emergerebbero i colori cupi della finis Europae, o del tramonto dell’Occidente che dir si voglia.