Se Orban resta solo in Europa (sperando in Trump)

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Se Orban resta solo in Europa (sperando in Trump)

Se Orban resta solo in Europa (sperando in Trump)

18 Dicembre 2023

La decisione del Consiglio europeo della scorsa settimana di aprire i negoziati di adesione alla Unione Europea per l’Ucraina rappresenta una conquista importante per Kiev. Grazie a un escamotage – l’uscita dalla sala dei lavori del premier ungherese Viktor Orban al momento del voto – i leader europei sono riusciti a raggiungere l’unanimità sull’apertura dei negoziati. Un nuovo forte messaggio lanciato dalla Ue a Mosca sul conflitto: Bruxelles non abbandona Kiev.

«La trattativa si è sbloccata», dice Gaetano Quagliariello, presidente di Fondazione Magna Carta, «è un punto importante. Era una questione di vita o di morte». Più importante anche delle risorse economiche destinate dalla Ue alla Ucraina (50 miliardi di euro) su cui «c’è tempo per decidere fino a marzo». Va aggiunto, però, che se Orban non dovesse cedere, i Paesi Ue sembrano pronti a concludere l’accordo da soli, come riporta oggi il Financial Times.

Alcuni funzionari dell’UE stanno addirittura prendendo in considerazione una procedura sanzionatoria ai sensi dell’articolo 7 contro l’Ungheria per aver violato lo stato di diritto, che potrebbe privarla del diritto di voto. Una simile punizione può essere bloccata da un altro Stato dell’Ue, ma il cambio di governo in Polonia significa che l’Ungheria non ha più un difensore garantito, scrive il FT. Lo spettro resta, in ogni caso,  quello di una possibile vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, né «è detto che il blocco al Congresso» favorevole all’Ucraina «resista».

La sedia vuota di Orban

Quagliariello definisce la decisione di Orban di lasciare la sedia vuota al Consiglio nei termini di «una sorta di veto non ostativo» che ha permesso comunque alla Unione europea di «andare avanti». L’assenza di Orban era stata concordata durante l’incontro tenutosi il giorno precedente alla riunione, tra il premier ungherese, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il capo dello Stato francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Secondo Politico, sarebbe stato proprio Scholz a invitare Orban a «lasciare la sala» in modo da poter sbloccare il voto a favore di Kiev. Ad ogni modo, il capo di Stato ungherese ha criticato pubblicamente l’accordo affermando che Budapest «non ha voluto prendere parte a questa pessima decisione». Resta il fatto che l’Ungheria potrà ancora ostacolare i passaggi successivi che richiedono l’unanimità.

Il problema degli ‘allargamenti’ in Europa

La Ue ha aperto i negoziati anche ad altri Paesi come Moldova e Georgia; per Tbilisi, invece, arriva il riconoscimento dello status di Paese candidato all’adesione. La Bosnia Erzegovina dovrà proseguire invece sulla strada delle riforme e attendere il prossimo Consiglio di marzo per un eventuale apertura dei capitoli negoziali.

Guardando alla storia recente, Quagliariello distingue in due momenti definiti il tipo di approccio all’idea di un ulteriore allargamento della Unione europea: una prima fase in cui la decisione di ampliare i confini europei prevedeva tempi decisamente estesi, «basta ricordare quanto tempo ci volle per sbloccare le trattative con Spagna e Portogallo», e una seconda «quando la Storia si è messa a correre», dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine del comunismo, quando «evidentemente non bisognava far cadere in un limbo diplomatico una serie di Paesi». Una scelta che poi almeno in parte «abbiamo scontato nel tempo».

Per Quagliariello questi passaggi hanno influenzato il rapporto transatlantico: da una fase in cui la Ue si muoveva di comune accordo, siamo passati ad una fase in cui Paesi come la Polonia «hanno ricercato un rapporto speciale con gli USA» in materia di Difesa, per esempio.

Per tornare al tema, lo scontro fra il leader ungherese e le istituzioni europee non è una novità; basti pensare alle misure adottate in Ungheria e giudicate lesive rispetto allo Stato di diritto da parte della Ue. Quando la Commissione europea ha congelato i fondi destinati all’Ungheria, Orban ha spesso reagito con la minaccia di utilizzare il veto nel Consiglio europeo per ottenere concessioni. Durante la riunione dello scorso 14 dicembre, il leader ungherese ha rinunciato al suo voto negativo sull’Ucraina dopo aver incassato lo sblocco su 10,2 miliardi di fondi strutturali europei la settimana precedente.