Se pure la Lega Araba getta la spugna vuole dire che Assad è davvero finito
01 Febbraio 2012
Nonostante da più di dieci mesi in Siria si assista al massacro di uomini e donne che secondo fonti delle Nazioni Unite ha finora provocato circa cinquemila morti, lo scorso 29 Gennaio i membri della Lega Araba hanno annunciato la fine della loro missione di ispezione sul territorio. Il gruppo di funzionari inviati in Siria a fine Dicembre ha deciso, secondo quanto affermato dal presidente della Lega Nabil el Araby, di lasciare il Paese in virtù del susseguirsi di numerosi atti di feroce violenza registrati negli ultimi giorni.
La repressione del dissenso ad opera dell’esercito di Assad si è intensificata notevolmente: i lealisti hanno riconquistato alcuni quartieri caduti in mano ai ribelli e le strade delle principali città siriane si sono insanguinate ancora una volta. I disordini, che assumono sempre più la forma di una guerra civile, si stanno trasformando in conflitto di ampie dimensioni con la mobilitazione, secondo fonti della Reuter, di circa duemila soldati e cinquanta mezzi corazzati.
La presenza di un occhio esterno in territorio siriano aveva lasciato sperare in un alleviamento delle ostilità a cui avrebbe dovuto seguire l’attuazione di un piano per riportare stabilità e pace nel Paese.
Si sperava che la pressione provocata dai funzionari della Lega avrebbe spinto il presidente a mantenere la promessa, fatta al popolo mesi fa, di varare una nuova costituzione e garantire elezioni multipartitiche per il mese di Marzo. Il progetto che la Lega Araba avrebbe dovuto portare a compimento prevedeva le dimissioni del presidente Assad, il successivo passaggio di ogni potere nelle mani del suo vice e l’istituzione di un governo di unità nazionale. A circa un mese di distanza dall’inizio della “missione” si può affermare con certezza che nessuno degli obiettivi in programma è stato raggiunto.
Il clima di violenza, come risulta chiaramente dalla cronaca degli ultimi tre giorni, non solo non è stato smorzato ma si è, al contrario, intensificato. Il presidente Assad ha chiarito che non si dimetterà fino a quando non sarà il suo popolo a chiederlo. Inoltre, il progetto che la Lega Araba intende presentare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite incontra, fin d’ora, l’opposizione della Russia che, al contrario di Stati Uniti, Portogallo, Germania e Gran Bretagna, si oppone fortemente a qualunque forma di sanzione nei confronti della Siria, all’embargo sulle armi e alle dimissioni di Assad. Sebbene alcuni funzionari della Lega resteranno sul territorio ancora per qualche tempo, il presidente el Araby ha chiarito che non saranno impegnati in alcuna attività ma attenderanno le decisioni prese in seno al Consiglio.
Non resta che attendere la risposta dell’Onu al piano che la Lega Araba presenterà a New York per risollevare la situazione in Siria, e l’avvio dei colloqui di confronto con i leader russi per giungere ad una soluzione che possa essere condivisa anche da loro. Durante queste settimane di ispezione sul territorio siriano, in definitiva, la Lega Araba non è riuscita ad ottenere molto, se non la conferma della gravità della situazione e dell’asprezza del conflitto in atto. Nonostante l’acquisizione di questa consapevolezza siamo ancora ben lontani dalla presenza di una condanna seria e aperta del comportamento del presidente Assad, e ancor più dall’elaborazione di un piano d’azione che prospetti una soluzione definitiva e soprattutto condivisa al problema siriano.