Se Trump, Israele e il mondo sunnita isolano l’Iran
03 Marzo 2017
Lussi spagnoli. “L’Italia non è la Spagna che ha potuto permettersi il lusso di tre elezioni prima di trovare un governo” scrive Michele Salvati sul Corriere della Sera del 3 marzo in cui spiega come solo l’Unione europea ci possa salvare. La ricerca di un salvatore esterno che ha caratterizzato la sinistra negli ultimi 25 anni secondo me è la causa fondamentale dei nostri disastri. Così come la convinzione che noi siamo antropologicamente inferiori agli spagnoli che possono permettersi di fondare le loro scelte sulle solide fondamenta della sovranità popolare. Non è questione di antropologia ma di Stato: basta un capo dello Stato che difenda la propria nazione invece di dipendere da Bruxelles, basta un federalismo vero e sostanziale, bastano collegi elettorali piccoli che producono soglie di sbarramento intorno al 10 per cento. Basta una vera separazione delle carriere della magistratura. E anche un Paese come il nostro dove abbonda una corruzione più o meno pari a quella iberica, potrebbe permettersi il lusso della sovranità popolare e non essere commissariato, come di fatto è, dal novembre del 2011.
Dopo certe dissennatezze primaverili, potrebbe arrivare la stagione della saggezza araba. “La notizia più bella degli ultimi tempi è il fatto che gli Stati sunniti abbiamo compreso che il maggior pericolo per loro non sono Israele e il sionismo , ma l’Iran” così spiega a Repubblica del 28 febbraio Avigdor Lieberman. Forse si annuncia finalmente una bella e matura estate araba dove sunniti moderati, israeliani e la nuova amministrazione americana (nonché, con diverse contraddizioni filo iraniane, i russi), finalmente sulla linea del realismo e non della retorica più sfrenata, isolando uno dei principali fattori di destabilizzazione del Medio Oriente: la linea “rivoluzionaria” innanzi tutto antisionista degli Ajatollah.
Case bianche. “In the final weeks of the Obama administration White House officials spread informations about contacts between Trump aides and russian officials” Demetri Sevastopulo sul Financial Times spiega come nelle ultime settimane dell’amministrazione Obama uomini della Casa Bianca diffusero ampiamente informazioni sui legami tra persone collegate a Trump e uomini dell’amministrazione russa. Insomma negli ultimi giorni quando il presidente uscente dovrebbe occuparsi dei limitati compiti della transizione, informazioni classificate arrivarono (illegittimamente?) a parlamentari americani se non a giornalisti. Una bella sorpresa per noi che credevamo che la Casa Bianca fosse fissa a Washington e invece poteva trasferirsi anche a Chicago.
Le colpe dei padri. “Dovrebbe essere politicamente lapalissiana l’inopportunità che questi padri – e mi riferisco a Boschi e Renzi – frequentino e lavorino in ambienti sensibili ai sistemi di relazioni che ruotano intorno ai figli divenuti potenti” Scrive Miguel Gotor sulla Repubblica del 3 marzo. Storico di professione e bersaniano di vocazione Gotor premette, con evidente sforzo di sincerità, che le colpe dei padri non ricadono sui figli. Li sfiorano solo?