Sequestrati sei reparti dell’Ilva, la rabbia e la paura degli operai

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Sequestrati sei reparti dell’Ilva, la rabbia e la paura degli operai

26 Luglio 2012

Il gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, ha firmato il provvedimento di sequestro di sei aree dell’Ilva, il colosso siderurgico che domina il capoluogo jonico. L’accusa è quella di disastro ambientale e il provvedimento, eseguito dai carabinieri tarantini, coinvolge i dirigenti dell’industria, destinatari di un provvedimento di custodia cautelare.

Emilio Riva – presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010 – e suo figlio Nicola, che prese il suo posto alla guida dell’industria tarantina, sono stati arrestati insieme a Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento, Ivan Di Maggio, dirigente capo dell’area del reparto cokerie, e Angelo Cavallo, responsabile area dell’agglomerato. Gli arresti eccellenti hanno sconvolto il capoluogo tarantino perché l’Ilva è, ancora oggi, la principale risorsa economica della città. Settemila dipendenti, appena sentito il rumore delle manette e dei lucchetti ai cancelli d’ingresso, sono scesi in strada percorrendo le strade della città, fino alla Prefettura, per difendere il loro posto di lavoro.

I reparti che sono stati chiusi dalla magistratura sono, come detto, sei: i sigilli sono previsti per i parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e per il reparto che gestisce i materiali ferrosi. Sebbene il ministro dell’ambiente, Clini, assicuri che “il sequestro non significa che l’intera industria venga chiusa”, in città la paura monta perché le famiglie che grazie all’Ilva vivono sono tantissime. I settemila che subito dopo gli arresti sono scesi in piazza sono solo una parte di tutti coloro che rischiano, davvero, di perdere il loro prezioso posto di lavoro.

Le organizzazioni sindacali, infatti, sono tutte unite per difendere il comparto siderurgico: “Cgil, Cisl e Uil sono a fianco di tutti i lavoratori coinvolti, sia diretti che dell’indotto, in quanto il diritto al lavoro, pur nel rispetto delle prerogative della magistratura, non può essere messo in discussione in un paese già così colpito dalla crisi economica ed occupazionale”. Anche il governatore della regione Puglia, Nichi Vendola, si dice vicino alle famiglie dei lavoratori che adesso sono in bilico, ma non nasconde la volontà della Regione Puglia di costituirsi parte civile qualora il processo ai vertici dell’Ilva dovesse andare avanti.

Non una partenza perfetta quella del governatore che forse, in questo momento, avrebbe fatto meglio a usare prudenza per preservare quella che è la risorsa primaria della provincia tarantina. I cittadini jonici, inoltre, più volte si sono espressi sull’Ilva, accordando fiducia a quei politici – eletti – che hanno sempre sostenuto la sopravvivenza dell’industria a Taranto. Le scelte che il popolo tarantino democraticamente ha fatto attraverso il diritto di voto sono oggi messe in discussione dalla magistratura che chiude, con la freddezza di un provvedimento giudiziario, comparti fondamentali dell’industria siderurgica.

I problemi legati all’Ilva e alla tutela dell’ambiente sono, di certo, fondamentali per Taranto, per la Puglia e per tutto il sistema Italia, ma un provvedimento della magistratura che va a rompere equilibri economici fondamentali per una città chiama in gioco anche la politica e le istituzioni. La Regione Puglia e il ministero dell’Ambiente negli anni scorsi hanno chiuso diverse intese con l’Ilva e sembrava che i paletti posti dalle istituzioni fossero rispettati dai dirigenti dell’industria. Oggi è arrivata la decisione del gip Todisco ed ora non si può far altro che aspettare il nuovo capitolo della saga, incrociando le dita per i lavoratori e per i cittadini di Taranto.