Servono medici come il pane!

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Servono medici come il pane!

Servono medici come il pane!

04 Aprile 2020

Medici in prima linea: il titolo di una fortunata serie televisiva e, purtroppo, anche una impellente necessità. Il fatto è che in Italia,nel momento del bisogno, la prima linea si è rivelata sguarnita. Realtà tragica che ha visto richiamare in corsia gli ottuagenari ormai in pensione o mandare allo sbaraglio specializzandi alle primissime armi. Il fatto è che ciò è avvenuto in un Paese dove tanti ragazzi che hanno la vocazione sono costretti ad emigrare perché non passano un test. E se il discorso sul numero chiuso della Facoltà di Medicina è più difficile da affrontare, in quanto, implica una valutazione seria delle strutture universitarie e della disponibilità di docenti, c’è un altro aspetto che, invece, merita un intervento d’urgenza da parte del Parlamento. Si tratta della competenza sulla didattica. Va da sé che questa, in ogni Paese che ambisca alla serietà, deve spettare allo Stato. In Italia non è così. E’ una competenza concorrente, compartecipata tra Stato e Regioni le quali, gestendo le strutture sanitarie, influiscono anche sui tirocini e sul numero di specializzazioni. Si tratta allora di togliere la Sanità alle Regioni? Non ci pensiamo neanche, per quanto un “tagliando” sarà bene farlo quando tutto sarà finito. Il problema, assai più semplicemente, è riportare la responsabilità della didattica – e solo di quella – in capo allo Stato, in modo che si possa effettuare una programmazione unitaria e non trovarsi mai più nella situazione che stiamo vivendo oggi. Lo Stato, d’altro canto, è tenuto a garantire a ogni cittadino della Penisola i cosiddetti Lea (Livelli Essenziali d’Assistenza). Come può garantire queste prestazioni senza determinare la guarnigione da mettere in campo? Si tratta, dunque, di una scelta che ha a che fare col buon senso assai più che con lo scontro ideale tra centralisti e federalisti. Una scelta che oggi diventa un obbligo morale nei confronti di quei medici eroi che sono morti nella battaglia contro il virus, il cui numero cresce purtroppo ogni giorno.

Su questo tema abbiamo sentito il Professor Aldo Brancati, medico di lungo corso, già preside della Facoltà di Medicina, Rettore dell’Università di Tor Vergata e per lunghi anni uno dei massimi responsabili del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ecco cosa ci ha detto.

Professore, qual è lo stato della legislazione sanitaria ai tempi del Covid-19?

Non è certamente il caso di sollevare critiche o problemi nel momento in cui, da ogni parte della pubblica opinione e da ogni ambiente  scientifico viene segnalata l’esigenza di non alimentare con polemiche inutili il dibattito sulla drammatica diffusione del coronavirus e sulle gravissime conseguenze sul piano economico che ne derivano. Ogni attenzione deve infatti essere riservata esclusivamente all’osservanza delle direttive prudenziali emanate finalmente dal nostro Governo.

Nessuna critica, dunque?

Ritengo mio dovere quale ex Rettore di una importante Università, ed anche in quanto medico, lanciare un accorata protesta per denunciare, in questo tempo di crisi, il sostanziale fallimento di una sciagurata Legge del ’98  che avrebbe dovuto razionalizzare e disciplinare i delicati e complessi rapporti tra il Personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in realazione ai compiti di gestione affidati alla competenza dell’Autorità sanitaria regionale ed il Sistema Universitario Nazionale(SUN).

Le competenze dello Stato e quelle attribuite alle Regioni: un rapporto complesso, che incide anche in materia di Sanità…

Come è largamente noto, le Facoltà di Medicina, provvedono alla formazione del personale sanitario la cui programmazione, in termini di medici, di specialisti, di infermieri e di quanto altro è in funzione servente rispetto alle esigenze del buon funzionamento dell’intero Servizio sotto il profilo scientifico ed organizzativo. E’ questo un compito fondamentale dello Stato centrale, che si esercita attraverso l’attività di vigilanza  e di indirizzo di stretta competenza dei Ministeri della Ricerca e dell’Università e della Salute, in riferimento alle Università Statali e a quelle Private riconosciute.

Un dato incontrovertibile di base. E il problema dove risiede?

Secondo il sistema organizzativo vigente , lo strumento per regolare convenientemente i rapporti tra  le Facoltà di Medicina e la rete Ospedaliera, si basa sul dovere delle Regioni di stipulare atti aziendali convenzionati tra gli Ospedali locali e le Università  per così utilizzare le strutture assistenziali indispensabili alla formazione del personale medico, specialistico e dell’area sanitaria in genere, senza tuttavia avere né il compito né i mezzi per incidere efficacemente sulla programmazione quali/quantitativa  e sul normale ricambio del personale addetto ai servizi ospedalieri e di fatto ignorando le esigenze dei profili di professionalità di cui necessita una struttura sanitaria in continuo aggiornamento.

C’è un contro?

Di contro, i Ministeri dell’Università e quello della Salute, pur avendo il compito e gli strumenti amministrativi programmatori per conoscere  e gestire le esigenze ed il fabbisogno di personale di ogni ordine e grado del SSN, non dispongono degli strumenti per dotare le Facoltà di Medicina delle Università italiane di reparti di degenza e di cura adeguati alla formazione di figure professionali indispensabili al buon funzionamento della rete ospedaliera sia locale che generale.

Con effetti non proprio positivi…

E’ proprio tale perniciosa dissociazione tra la formazione statale centralizzata (Facoltà di medicina) e la gestione regionalizzata dell’assistenza, assolutamente necessaria per la formazione del medico e dello specialista, che è responsabile dei danni irreversibili arrecati al SSN, che proprio per questo oggi lamenta un numero inadeguato di medici e specialisti e di infermieri in grado di fare fronte alla emergenza sanitaria provocata dalla rapida diffusione del virus. Né vale la giustificazione che una diffusione così veloce ed improvvisa della epidemia non era prevedibile, ove si consideri che il SSN è da anni in carenza di personale qualificato per la programmazione e la gestione dell’emergenza, come dimostrato dalla chiusura di molti reparti di degenza di moltissimi ospedali italiani.

Quindi cosa si sente di domandare alla luce di tutto questo?

E’ questo il momento per chiedere, con forza e senza polemiche, al Governo ed al Parlamento che, sulla base dell’evidente fallimento di quanto previsto dal D.L. 517, per il futuro, si proceda ad una sostanziale modifica dei rapporti istituzionali tra Università e Regioni, unificandone centralmente le funzioni ed affidando allo Stato centrale la legittima responsabilità della programmazione dell’intera formazione del personale medico. con ciò salvaguardando ogni forma di autonomia della rete assistenziale accademica afferente alle facoltà di Medicina delle Università italiane, sganciata e distinta dalla rete ospedaliera regionale. In altre parole, occorre dotare le attuali Facoltà di strutture assistenziali sotto le direttive politico gestionali  centrali del concerto tra il MIUR ed il Ministro della Salute.