Siamo costretti a schierarci. È il Pd che rifiuta il dialogo

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Siamo costretti a schierarci. È il Pd che rifiuta il dialogo

08 Aprile 2010

In questi giorni amari per i credenti, in cui l’attacco al papa assume toni di volgarità finora mai raggiunti (la richiesta di dimissioni, il riferimento al Watergate; come se il capo spirituale della cristianità fosse il presidente di una nazione, chiamato a rispondere ai propri elettori), la politica dovrebbe porsi domande più attente sul rapporto con i cattolici, e sul significato di questa aggressione.

Benedetto XVI è un grande pontefice, in grado di affrontare con strumenti adeguati il sommovimento prodotto dai cambiamenti culturali e scientifici che, per la prima volta nella storia, mettono in discussione la condizione umana così come da sempre l’abbiamo conosciuta ed elaborata simbolicamente. E un uomo di pensiero e di fede, con una straordinaria fiducia nei mezzi della ragione, capace di contrastare a livelli alti la mancanza di speranza, il banale nichilismo che sta invadendo il mondo, in particolare l’occidente. Senza capire questo, è improbabile che si possano capire pienamente i motivi di una violenza mediatica, nei confronti della Chiesa, che si somma alla violenza fisica nei confronti dei cristiani in tanti paesi.

Di fronte alle questioni di biopolitica, spesso raggruppate sotto l’espressione “temi etici”, Benedetto XVI ha un’assoluta limpidezza e lungimiranza di visione, che però, sul piano pratico, non si è tradotta in atteggiamenti rigidi, anzi, ha comportato sforzi notevoli di confronto. Se prendiamo una ad una le polemiche di questi ultimi anni, e le affrontiamo con obiettività, senza soccombere a furori ideologici che eludono la reale ricerca di informazioni scientifiche, lo verifichiamo facilmente.

Per esempio, basta vedere come di cellule staminali embrionali non si parli più. La sperimentazione sulla clonazione terapeutica era già fallimentare quando è scoppiata la polemica referendaria sulla procreazione assistita, ma le voci (rigorosamente scientifiche) di chi cercava di spiegarlo erano inascoltate. Quella ricerca, che doveva rappresentare il futuro, è stata accantonata in fretta, nel silenzio imbarazzato di chi l’ha sostenuta, senza che alcuno ne abbia tratto qualche logica conclusione. Sul testamento biologico, sulla procreazione assistita, sulla pillola abortiva, in Italia i cattolici non hanno mai semplicemente trasferito in politica una posizione dottrinaria; se così fosse, non ci sarebbe stata la difesa della legge 40, o l’appoggio a una normativa sul fine vita, o la richiesta di un minimo di prudenza sulla Ru486, ma si sarebbe replicato lo scontro frontale degli anni ’70 su aborto e divorzio.

L’appello di Alfredo Mantovano per arrivare, nel PdL, a un orientamento preciso su questi temi parte dal riconoscimento di un’urgenza: evitare gli argomenti di biopolitica sarà sempre più difficile.

Se non per lungimiranza, almeno per convenienza, perché accettare una posizione di “indifferentismo etico” vorrebbe dire lanciare un’ancora di salvezza alla sinistra, che su questi argomenti è fisiologicamente destinata a dividersi o a schiacciarsi su posizioni laiciste. Ma anche nel PdL, si ribatte, convivono culture politiche e convincimenti diversi, e non è vero che la maggioranza dei nostri elettori sia vicina alle opinioni dei cattolici. Una risposta seria a questa obiezione richiederebbe molto più spazio, ma almeno ricordiamo che i sondaggi devono essere interpretati e accompagnati da considerazioni politiche.

Provo a suggerire qualche elemento di riflessione. La forte caratterizzazione laicista è ormai un elemento identitario della sinistra, mentre non è così per chi vota PdL o Lega, anche quando sia di estrazione culturale laica: è raro, per esempio, che elettori che provengono dall’area socialista scelgano il PdL in base alle posizioni su pillola abortiva o testamento biologico, mentre è su questi argomenti che i cattolici sono sollecitati e mobilitati. E in un sistema bipolare ilvoto cattolico di centro, inteso come quello meno schierato, soggetto a oscillazioni, è decisivo: Roberto Cota, come abbiamo visto, l’ha capito, e ha vinto.

Tratto da Libero.