Siria e Iran: i Fiori del Male

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Siria e Iran: i Fiori del Male

21 Maggio 2011

Un file rouge attraversa lo scacchiere mediorientale e lega indissolubilmente il destino di due paesi: Iran e Siria. Nell’intricato scenario geopolitico mediorientale le relazioni bilaterali più che trentennali tra Damasco e Teheran sembrano aver trovato nuova linfa vitale. L’Occidente guarda sospettoso questa liaison su cui grava il sospetto di favoreggiamento verso il terrorismo internazionale di matrice islamica, condiviso antioccidentalismo e disprezzo della democrazia e delle sue libertà.

La partita che si sta giocando nello scenario mediorientale inciderà nel breve e lungo periodo sui destini dei popoli arabi ed su quelli dei vicini regionali. Tutti vogliono giocare un proprio ruolo, per gestire il timone di una trasformazione politica che potrebbe potenzialmente minare il loro stesso predominio. Una valutazione sempre più fondata se si osservano gli sforzi economici, bellici e logistici messi in campo da Damasco e Teheran per rafforzare quella leadership bicefala che li vede protagonisti. L’uno, la Siria, con lo sguardo sempre rivolto verso Beirut e Gerusalemme, storiche spine nel fianco; l’altro, l’Iran di Ahmadinejad, che mai ha negato le proprie aspirazioni egemoniche regionali, in un marcato spirito antiamericano ed antisemita.

Un’amicizia che non è venuta a mancare in questi mesi, quando Damasco ha dovuto gestire le manifestazioni antigovernative iniziate a Daraah e propagatesi in tutto il paese. Secondo fonti dell’opposizione siriana, la Repubblica islamica ha inviato unità della Guardia Rivoluzionaria e di Hezbollah per supportare il presidente Assad e i suoi fedelissimi nella repressione delle rivolte. La violenza ed efferatezza della repressione delle manifestazioni a Darah ha sollevato il dubbio che dietro ci fosse la mano della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Quasi un marchio di fabbrica inconfondibile, se si ricorda il modus operandi della repressione del movimento verde, insorto dopo la controversa rielezione del presidente Ahmadinejad nel 2009. Un aiuto dato per certo se si ascoltano le dichiarazioni del mese scorso del presidente statunitense Barack Obama, quando affermava che il presidente Assad avrebbe dovuto ascoltare di più le richieste della sua gente, piuttosto che preoccuparsi di indicare un nemico esterno –Israele– colpevole di fomentare i rivoltosi.

Nel quadro di un comune spirito di intenti e spartizione d’influenza regionale, Siria ed Iran cementificano giorno dopo giorno la propria alleanza strategica, garantendosi reciprocamente sostegno politico ed alleanza militare. Nel giugno 2008, il Guardian riportava i sospetti di Israele circa il coinvolgimento siriano nel rifornimento all’Iran di combustibile nucleare per l’arricchimento dell’uranio impoverito a scopi militari. Sospetti riportati anche dalla rivista tedesca Der Spiegel in un articolo dove si sosteneva che strutture di stoccaggio nucleare, site nella parte orientale della Siria, sarebbero state utilizzate temporaneamente per sviluppare armi atomiche iraniane, almeno fino a quando Teheran non sarà capace di provvedere autonomamente nel proprio territorio.

Un sospetto pesante come un macigno, se si tiene conto delle strette relazioni nel campo militare che legano i due paesi sin dal 1998, quando venne firmato il primo trattato di cooperazione bilaterale. Un accordo nato in sordina che nel tempo si è ampliato tanto da far siglare nel 2006 e nel 2008 un’intesa di cooperazione militare. Un’alleanza che ha trovato piena attuazione in manovre ed addestramenti congiunti, come dimostrato dall’incidente del luglio 2007, quando 15 ingegneri sono morti per un’esplosione a Al-Safir, una fabbrica di missili gestita congiuntamente da Iran e Siria. Secondo il celebre settimanale Janes, tra le vittime vi sarebbero stati anche alcuni esperti iraniani.

Un’amicizia militare e politica che ha messo in allerta tutti i paesi dell’area, primo tra tutti Israele, per i pericolosi risvolti che questa potrebbe determinare per la sicurezza e la pace mondiale. Da lungo tempo, i sospetti di un coinvolgimento diretto dei due paesi mediorientali nel rifornimento di armi, denaro e proseliti per i gruppi terroristi di matrice islamica si aggirano tra le stanze delle diplomazie occidentali. Il Dipartimento di Stato americano ha già indicato chiaramente Siria ed Iran sponsor del terrorismo internazionale: Damasco offrirebbe rifugio sicuro per alcune organizzazioni terroristiche palestinesi, prime tra tutte Hamas e la Jihad Islamica Palestinese, mentre Teheran li doterebbe di quegli armamentari bellici e logistici di cui necessitano per condurre la loro lotta terroristica.

Proprio un recente Report delle Nazioni Unite ha riacceso l’attenzione sul tema, evidenziando come ben sei di nove violazioni registrate nel traffico di armi convenzionali si registrassero nella tratta Teheran–Damasco. Nel dossier si dichiarava che con molta probabilità altri trasferimenti avvenuti tra i due paesi siano passati inosservati o non siano stati denunciati al Comitato ONU predisposto al controllo della compravendita mondiale di armi convenzionali. Dunque la percentuale potrebbe essere molto più alta di quella stimata. Questa weapons route mediorientale rifornisce inoltre il movimento Hezbollah, che riceve dalla Siria sostegno politico, logistico e materiale, essenziale per la propria affermazione all’interno del paese dei cedri. L’Iran, dal canto suo, vede Hezbollah come la perfetta testa di ponte influenzare la scena politica libanese e lanciare attacchi di ogni genere contro Israele. È da attribuirsi a Teheran, infatti, il merito di aver trasformato l’organizzazione sciita in un’efficace forza militare, avendogli garantito per lungo tempo basi logistiche di addestramento e armamentario bellico, nonché aiuti politici, diplomatici e più in generale organizzativi.

Un’intricata rete di relazioni pericolose che l’Occidente e tutta la comunità internazionale non cessano di osservare, consci della pericolosità che questa ha per la pace e la stabilita mediorientale e più in generale mondiale.