Sono berlusconiano, milanista e soddisfatto della vendita di Kakà

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Sono berlusconiano, milanista e soddisfatto della vendita di Kakà

10 Giugno 2009

Per un belusconiano di fede rigorosamente milanista la giornata di lunedì è stata una catastrofe. Il combinato fra delusione elettorale e cessione di Kakà è stato micidiale. Oggi, a mente fredda, è possibile provare a riprendere il filo del ragionamento e notare come in realtà in entrambe le situazioni non manchino elementi che inducono ad un maggiore ottimismo.

Cominciamo ovviamente dalla cosa più importante: il Milan! Sulla vicenda Kakà occorre uno sforzo di lucidità. E’ ovvio che la cessione di un fuoriclasse, che per di più era diventato una bandiera della squadra, non può che determinare sconcerto e disorientamento fra i tifosi. Non è però possibile dimenticare il fatto che ormai da cinque anni il Milan non è più una squadra veramente competitiva. Bisogna ammettere che la stessa conquista della Champions League del 2007 fu abbastanza casuale. In sei anni, con Kakà in campo, il Milan ha vinto uno scudetto ed una Champions. E del resto chi segue con attenzione le vicende rossonere sa che nelle ultime stagioni il nostro beneamato, che resta un campione di classe cristallina, aveva subito una certa involuzione. Si era inoltre consolidato un equivoco sillogismo nella stessa mentalità della società: abbiamo Kakà, il più forte del mondo, ergo siamo i più forti del mondo! Ma il calcio non funziona così. Le qualità dei singoli rischiano di essere del tutto inutili se non vengono messe al servizio di un progetto di lavoro collettivo. Se inquadriamo così la storia, possiamo concludere che la cessione del gioiello brasiliano (in combinato con il cambio dell’allenatore) lungi dall’essere l’avvio di una “svendita” può diventare il primo passo di un processo di rifondazione rossonera del quale c’è un evidente bisogno. In questo Berlusconi dimostra di mantenere intatti quegli animal spirits che hanno fatto la fortuna del sistema capitalistico (e dei capitalisti). Il mercato si basa su quella funzione di distruzione creatrice dei processi economici, in assenza della quale le imprese (anche quelle di maggior successo) cadrebbero rapidamente in un’irreversibile spirale di sclerotizzazione e decadenza. Naturalmente non basta distruggere occorre anche ricreare. Ma Berlusconi che più volte in passato era stato duramente attaccato dai soloni del calcio per le sue scelte politicamente scorrette (ricordiamo la vicenda Liedholm – Sacchi o quella Capello?) ha dimostrato di possedere invidiabili doti di preveggenza ed innovazione.

Ma anche la vicenda elettorale presenta alcuni elementi che inducono all’ottimismo. E qui non interessa tanto consolarsi con le (ben più pesanti) disgrazie del Partito Democratico. Anzi, dal nostro punto di vista, il vistoso arretramento del PD, combinato con il successo dipietrista e con il risultato delle estreme (che se non avessero follemente deciso di presentarsi divise avrebbero tranquillamente superato la soglia del 4%), rappresenta un elemento di inquietudine. La stabilizzaizone del bipolarismo presuppone infatti la stabilizzazione di entrambi i partiti maggiori. Un Pd esposto alla tempestosa concorrenza di partiti minori estremisti e fortemente identitari mette a rischio l’intera costruzione.

L’elemento di rassicurazione deriva piuttosto dalla considerazione che il modesto arretramento del PdL, se correttamente analizzato e se accompagnato da una conseguente azione politica, può rappresentare un utile segnale. Il più importante messaggio uscito dalle urne è che il PdL non può immaginare di trasformarsi in mero soggetto gestore dell’esistente. Il PdL non può ambire a rinverdire i fasti della Balena Bianca, immobile ed eterna al centro dello schieramento politico della Prima Repubblica. Per le caratteristiche proprie di un partito carismatico e per le profonde trasformazioni che hanno interessato la società civile, in Italia l’egemonia politica oggi può essere conquistata e mantenuta solo tenendo sempre in movimento il partito che la esercita. Anche in questo caso l’auspicio è che Berlusconi riesca a dimostrare quelle straordinarie capacità di distruzione creatrice che ne hanno determinato l’incredibile successo come imprenditore politico.