Sono il re dei fumetti e vi racconto a modo mio la Grande Mela
08 Febbraio 2009
Will Eisner, classe millenovecentodiciassette, è stato un peso massimo dei fumetti. Già su piazza negli anni Trenta, nel quaranta inventa “Spirit”, inserto domenicale di sedici pagine, dall’astronomica tiratura di cinque milioni di copie. Il giovane maestro ben presto cambia però genere. In qualità di sergente maggiore di stanza al Pentagono durante il conflitto “apre la strada all’uso istruttivo dei fumetti”, attività che prosegue anche dopo il millenovecentoquarantacinque, sempre per l’esercito Usa, ma anche per clienti privati, come la General Motors.
Eisner è comunque infaticabile e, sopra gli anta, dà vita alla prima graphic novel, Contract with God. Ne seguiranno altre venti. E’ oramai una vera autorità in materia tanto che, a partire dal 1988, il massimo riconoscimento americano dell’industria del fumetto porta il suo nome. Resta quindi sulla breccia sino all’età di ottantasette anni, quando muore.
New York, appena pubblicato da Einaudi, è un’antologia dell’autore maturo, una specie di fior da fiore dagli anni Novanta in poi. Ne “Il Palazzo” ci sono, ad esempio, tre formidabili resoconti su “persone che diventano invisibili”, ispirati in alcuni casi, ci spiega in una “Nota” Denis Kitchen, “dalla vera storia di Carolyn Lamboly” su cui intervenne il New York Times. Sono comunque vicende limite, dal finale beffardo e amaro. Analogamente amaro e persino più secco ed essenziale è l’universo messo in pagina nelle brevi storie a disegni della serie “City People Notebook”. Così ridotti all’osso da non essere nemmeno delle vere graphic novel, ma piuttosto “incisive vignette basate sull’osservazione di Eisner della vita reale o piccole storie inventate intorno a normali oggetti presenti sulla scena – idranti, scalinate, tombini – delle strade”.
Dunque, ecco la Grande Mela versione quotidiana, nelle pieghe del giorno dopo giorno. L’autore, nella stagione della maturità piena, ha affinato il suo colpo d’occhio. E’ severo e diretto. I suoi disegni, le sue strisce sono un racconto pieno della dimensione metropolitana. Un ritratto acre, intimo e perciò dolente e partecipe. Eppure non sono esattamente delle “lettere d’amore alla Grande città”. Sono semmai, scrive nell’introduzione Neil Gaiman, “lettere d’amore particolari – una concentrazione di desideri non esauditi, di amori sconvenienti, destini evitati e inevitabili, persone danneggiate e ferite, speranzose o senza speranza sulla via verso la tomba, da soli o in compagnia”. Insomma, uno spaccato realista e quindi una specie di bestiario universale, ma pur sempre in salsa rigorosamente urbana.
Will Eisner, “New York”, Einaudi, traduzione di Costanza Primetti, pagine 428, euro 24.00.