“Sono sveglia, non sto dormendo!”
20 Ottobre 2011
L’autobus era sempre lo stesso, quel maledetto 28/bis che pure la traghettava, Caronte al contrario, dall’inferno della periferia al vivo mondo del centro cittadino. Lì Iris aveva tutto: il suo amore, i suoi nonni, gli amici dell’università, e il negozio di vestiti preferito. Quel cassettone con le ruote era l’unico mezzo che la conduceva lì dove il suo cuore e i suoi pensieri già da tempo avevano piantato le radici. Eppure l’odiava. L’odiava perché non sopportava più di stare schiacciata tra tossicodipendenti, prostitute e ragazzi con il cellulare che espande a tutto volume musica fastidiosamente commerciale.
Provava quasi più fastidio di quando stava a casa, e le sue orecchie erano costrette a subire le urla di suo padre, eternamente in guerra con la donna che aveva sposato più di vent’anni fa, più per paura della solitudine che per i brividi lungo la schiena quando la guardava. Iris aveva spesso la tentazione di sbatterlo contro il muro e urlargli in faccia che le aveva rovinato la vita, che l’aveva fatta crescere piena di paure e insicurezze: lei, così bella, un viso da “Madonna col bambino”, una dolcezza irresistibile che quasi ti sfidava a resisterle, faceva spesso risuonare la sua anima di malinconia, il sentimento che ama premiare le persone più speciali con la sua corona velata di grigio.
Una parte della sua mente, però, non sopportava di vederla così, di starla a guardare mentre si intristiva e sprecava lacrime per colpe non sue. Era quella parte della mente che le afferrava il braccio, lo guidava verso la borsa, le faceva aprire la zip e la convinceva ad afferrare il suo prezioso lettore mp3. Come in un rituale apotropaico contro la tristezza. Lo schermo del lettore si accendeva e sembrava già sapesse quale canzone far incominciare. Perché i lettori mp3 lo sanno cosa ti piace ascoltare, conoscono la canzone che vorresti cantare proprio in quel preciso istante. Infatti, anche quel giorno, sullo schermo comparve Bad, settima traccia dell’album The Unforgettable Fire, anno 1984, gruppo U2. Era la canzone che, come una maschera d’ossigeno, tornava a farla respirare. Le bastava sentire solo l’intro per ritornare a sentire i pizzichi alle arterie che le risvegliavano il sangue. Bad era stata scritta per lei. Un giorno, se lo sentiva, avrebbe incontrato Bono e, dopo che avrebbe impiegato almeno venti minuti per riprendersi dall’emozione, gli avrebbe chiesto come cavolo sia riuscito a raccontare la sua vita senza averla mai conosciuta. Anzi, senza che lei fosse ancora nata.
Bono ha scritto Bad pensando a un suo caro amico d’infanzia, che a 21 anni era morto per overdose da eroina. Iris ascolta Bad pensando a suo fratello, che a 22 anni era morto per overdose da eroina. “Se io potessi, attraverso me stesso, liberare la tua anima, guiderei il tuo cuore lontano”. Quante volte se l’era ripetuto, Iris, quando vedeva suo fratello parlarle con gli occhi quasi spenti, eppure pieni di umanità. Non si era mai data pace, come se la sua forza di volontà e l’amore nei suoi confronti l’avessero potuto salvare. Quante volte aveva tentato di cacciare via da lui tutta quella “disperazione, confusione, separazione, desolazione”, ma suo fratello aveva sempre rifiutato ogni offerta d’aiuto, vinto dal lento e inesorabile sonno dell’eroina. Le ripeteva: “Sono sveglio! Sono sveglio! Non sto dormendo!”. Ma l’eroina usa le stesse armi dell’amore. Ti fa calare sugli occhi un velo di illusione, cosicché tu non puoi vederla mentre ti colpisce con la sua lama affilata. Anzi, sei contento, ne vuoi ancora e ancora, sempre di più.
Per Iris, ascoltare quella canzone voleva dire autoimporsi di rivivere un trauma. Ma la voce di Bono, la sua immensa generosità nel cantare ogni singola nota, la facevano sentire viva. Anche lei, come Bono, sarebbe potuta cadere nelle braccia dell’eroina, come aveva fatto suo cugino. Ma lei era stata forte. Aveva capito che la vita non scorre attraverso l’ago di una siringa. E Bono era là che glielo ricordava. Perché “Sono sveglio! Non sto dormendo!” è anche il grido di Bono al suo pubblico, la consapevolezza di aver detto sì a una sola droga, quella della musica e dell’amore dei suoi fan. E per Iris era la stessa cosa: anche lei era sveglia, non stava dormendo, e questo grazie all’amore che la legava alla sua mamma infelice. Che la legava al suo ragazzo, che al primo appuntamento le aveva rivelato “Il mio gruppo preferito sono gli U2, e la canzone Bad”. Che la legava a suo nonno e a sua nonna, che, ogni volta che li andava a trovare, le davano un bacio sulla fronte, come quando da piccola la tenevano sulle gambe.
E così, mentre la canzone era arrivata alla fine e The Edge si apprestava a chiudere l’ultimo accordo, Iris si era ritrovata ancora una volta con una lacrima che le scendeva lungo la guancia, e le andava a benedire il sorriso risorto. Poi era scesa dall’autobus, e alcuni ragazzi maleducati le rivolsero volgari apprezzamenti. Ma lei non li sentì, perché un grido dentro di sé copriva ogni rumore: “Sono sveglia! Non sto dormendo!”