Sotto il manto dell’ideologia si svela tutta la modernità di Aleksandr Deineka
20 Febbraio 2011
di Carlo Zasio
Aleksandr Deineka. Il maestro sovietico della modernità al Palazzo delle Esposizioni fino al 1° maggio è la mostra che apre, non senza qualche sorpresa, il fitto calendario di eventi dell’anno della cultura Italia-Russia. Inaugurata mercoledì scorso dai Presidenti Berlusconi e Medvedev, raccoglie ottanta opere provenienti in gran parte dalla Galleria Tretyakov di Mosca, dal Museo Statale Russo di San Pietroburgo e dalla Pinacoteca Statale di Kursk, città d’origine del pittore.
È la prima grande monografica dedicata al campione del realismo sovietico al di fuori della Russia, se si esclude la mostra Aleksandr Deineka. Malerei. Graphic. Plakat svoltasi alla Staedliche Kunsthalle di Duesseldorf nell’ormai lontano 1983, e in molti avevano storto il naso per la scelta delle autorità russe di affidare a un protagonista di una stagione così ideologica l’onore di aprire le celebrazioni dell’anno Italia-Russia. Al confronto con la realtà delle tele, dei manifesti, dei mosaici e dei bronzi di Deineka, però, ogni dubbio scompare.
Quello che ci si rivela è un artista sorprendente, con un tratto moderno all’interno di una campitura degli spazi assai classica, come si può constatare ammirando il quadro Strada romana in cui tre figure – due cardinali di spalle rosso vestiti e un uomo al passeggio il cui sguardo si perde oltre l’orizzonte dello spettatore – sono immerse in una perfetta geometria di colori primari, in cui l’azzurro del cielo terso si contrappone – quasi come in una tela di Rothko – al marrone virato seppia del muro di un imponente edificio alla cui unica apertura circolare sembra guardare una statua marmorea curiosamente sollevata sulla punta dei piedi dal basamento su cui poggia ieratica. Una composizione sorprendente, che non rappresenta un unico nell’opera di questo artista, costretto, tra l’altro, negli anni della campagna zdanoviana contro la creatività non allineata ai principi della propaganda staliniana, ad abbandonare la tela per dedicarsi alla scultura, al mosaico e alla grafica per manifesti.
Impressionante anche la Kolchoziana in bicicletta, dove il rosso fiammante dell’abitino indossato dalla contadina rende quasi visivamente la sensazione dinamica della giovane donna che percorre pedalando una cangiante strada sterrata immersa in un paesaggio rigoglioso di verde. Potenti anche le pitture che ritraggono aerei ed acquaplani in volo, sensazione che Deineka fu tra i primi a sperimentare in Russia e che marchiò indelebilmente la sua percezione dello spazio, e il corpo umano nella sua nudità, esuberante, innocente ed estremamente naturale come nelle Bagnanti, in Dopo la lotta o in Bambino addormentato con fiordalisi.
Ecco allora che la mostra si offre non come una rivalutazione à la page di un’epopea militante, ma come lo svelamento di qualcosa che per troppi anni il manto dell’ideologia ci aveva celato: l’opera di un grande artista, libero e non riducibile all’interno dei rigidi schemi dell’arte di regime, consapevole del proprio amore per la semplicità, la forza del colore, il movimento e la spazialità.