Statali, il Governo si piega davanti ai sindacati

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Statali, il Governo si piega davanti ai sindacati

29 Maggio 2007

La notte ha portato consiglio e frutti. Almeno per i sindacati, che davanti a un governo totalmente piegato sono riusciti a strappare 101 euro di aumento in busta paga per i dipendenti del pubblico impiego (ministeriali e non), con 600 milioni di euro in più da stanziare nella prossima finanziaria. L’aumento di 101 euro parte da febbraio 2007 e materialmente arriverà nella tasche dei lavoratori nel 2008, a conclusione del varo dei contratti all’Aran. E’ finito così (almeno per ora) il gioco delle tre carte portato avanti da novembre, con un Esecutivo che nonostante il tracollo delle amministrative (sentito soprattutto al Nord, dove gli operai percepiscono salari ben al di sotto di quelli degli statali) cede anche agli statali.  Sette mesi di dichiarazioni, minacce di scioperi e smentite.

Sette mesi che hanno visto perfino spuntare un accordo segreto (smentito dalla nottata appena trascorsa) tra Governo e sindacati che avrebbe dovuto portare a un aumento di 101 euro per i soli ministeriali. E pensare che secondo il vicepremier Rutelli  e secondo la sinistra radicale – “sarebbe stato meglio chiuderlo prima”, ha detto stamani Rutelli -, l’accordo andava fatto prima. L’impressione è invece che la decisione di Prodi e Padoa Schioppa di firmare proprio a ridosso delle elezioni sia stata una scelta maturata in base alla consapevolezza che la firma avrebbe ulteriormente aggravato la sconfitta al Nord. “Alla fine, come era prevedibile, il Governo ha ceduto e in cambio di nulla, il pre-accordo dai termini vaghi sulla durata del prossimo contratto, ha dato ai sindacati ciò che essi chiedevano, 600 milioni di euro in più”. Così il presidente dei Riformatori liberali, Benedetto Della Vedova, secondo cui “tra protocolli segreti e ipocrisie il governo ha perso ogni credibilità nelle politiche del rigore”.

Ma per entrare nel vivo della questione è necessario fare un passo indietro partendo proprio dalla Legge Finanziaria 2007, che aveva stanziato risorse complessive pari a 3,7 miliardi di euro per i dipendenti dello Stato (corrispondenti a 6,8 miliardi se riferiti a tutto il settore pubblico). Le risorse stanziate erano sufficienti per riconoscere aumenti fino al 4,46% a regime. Il ddl presentato dal Governo prevedeva, per ragioni di cassa, che una quota, pur riferita la biennio 2006-2007, decorresse dal 1° gennaio 2008. Tale previsione fu contestata durante l’esame parlamentare della finanziaria dai sindacati e – dopo la minaccia di sciopero – si giunse in tutta fretta ad un accordo che prevedeva l’immediata esigibilità dell’intero aumento. Il Governo allora dichiarò formalmente che non ci sarebbero stati oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Salvo poi smentirsi nel giro di pochissimo tempo, precisamente  il venerdì di Pasqua, quando venne annunciata la sottoscrizione di un protocollo di intesa che prevedeva l’impegno del Governo ad anticipare al 1° gennaio 2007 la quota degli aumenti, con una spesa pari a 2 miliardi per i soli statali, 3,7 per tutti i pubblici dipendenti. Passo successivo: la direttiva quadro, che prevedeva aumenti complessivi fino al 4,46%. Da qui la nuova protesta dei sindacati. E il motivo era semplice: all’insaputa degli italiani, il 17 aprile 2007 (come ha riportato il quotidiano “Italia Oggi”) era stato pubblicato un accordo riservato firmato dal Ministro Nicolais, dal sottosegretario Sartor e da CGIL, CISL e UIL, nel quale il Governo si impegna a riconoscere ai dipendenti dei ministeri un aumento non inferiore a 101 euro medi mensili. Ma un aumento medio di 101 euro mensili per i “ministeriali” corrispondeva all’incirca a un aumento medio del 5,01% (mentre un aumento del 4,46% , riferito ai ministeriali si traduceva in un aumento medio non superiore a 92 euro).

Le reazioni politiche non sono mancate. Secondo Simone Baldelli, componente del direttivo di Forza Italia alla Camera e della Commissione Lavoro Pubblico e Privato, “Con l’accordo raggiunto stanotte i sindacati hanno dimostrato, attraverso continui rilanci, di poter ottenere aumenti economici importanti senza offrire alcun impegno in tema di produttività e di mobilità, e in cui il Governo, sia per incapacità, sia per una posizione di contiguità politica col sindacato, in particolare con la Cgil, si è dimostrato incapace di tutelare l’interesse di cittadini e imprese ad avere un sistema più competitivo e meritocratico”.

Punta il dito direttamente sulle confederazioni sindacali e sul pubblico impiego, Benedetto Della Vedova: “Detengono il pacchetto di maggioranza del governo e fanno valere, da padroni, le proprie volontà. A partire da quella di assegnare agli statali aumenti superiori a quelli di qualunque altro comparto privato, in assenza di qualunque vincolo o verifica sulla produttività”.

Dello stesso tenore la dichiarazione di Gaetano Quagliariello (Fi), secondo cui  “la prima risposta al tracollo elettorale nel nord non poteva essere più efficace – ha detto stamani il senatore di Fi Gaetano Quagliariello –  Ne saranno sicuramente contenti gli operai del nord che negli ultimi 5 anni hanno visto crescere i loro salari del 15% mentre gli impiegati pubblici, piu’ garantiti e meno stressati, hanno ottenuto aumenti per oltre il 30%. La prossima volta a Mirafiori il governo, oltre ai fischi, raccoglierà pomodori”.