Steve Jobs, quando l’uomo domina la tecnologia

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Steve Jobs, quando l’uomo domina la tecnologia

23 Ottobre 2011

 Più che di rivoluzione, allo stato attuale delle cose si dovrebbe parlare di “corrente” tecnologica. I device, sempre più potenti ed efficaci vengono lanciati a getto continuo sul mercato, generando un enorme flusso di capitali. Il mercato e la società nel suo complesso cambiano a causa di quelli che erano accessori, e sono oggi strumenti di prima necessità.

Eppure la mente dell’uomo è ancora viva e pulsante. Gli effetti del pensiero e della filosofia sono sempre più labili, la logica inefficace e talvolta inutilizzata, ma la creatività, l’intuito e le virtù non sono ancora morte né replicabili.

Per questo non stupisce il cordoglio e l’addio commosso a Steve Jobs, capace di plasmare un’epoca con le sue intuizioni. E proprio l’intuizione è l’elemento che contraddistingue un genio da un mero utilizzatore. Le tecnologie esistono da sempre, possiamo chiamarle artefatti o device, ma si tratta di un concetto unico. La genialità di Jobs (ma come lui, “tecno innovatori”’ nel mondo 2.0 ce ne sono altri) è stata capire potenzialità e collegamenti tra temi e strumenti non integrati ma integrabili, nel potenziare quanto già esisteva oltre che nel generare qualcosa di interamente nuovo.

Ci siamo tutti mossi idealmente verso la Silicon Valley di recente, ma il suo ruolo nel dare forma al mondo contemporaneo non è ancora del tutto chiaro. Non lo abbiamo indagato abbastanza, o forse non nella giusta direzione. Che la primavera araba sia dovuta o meno ai blackberry e che gli indignados si muovano più o meno legalmente nel sottobosco digitale, sono discussioni marginali. Stiamo parlando di effetti, ma ne ignoriamo cause e ripercussioni. A meno che qualcuno non pensi sul serio che uno smartphone da solo generi una sommossa.

La mente dell’uomo è ancora artefice di quanto ci accade ogni giorno. Nessuna tecnologia può sostituire la volontà e l’ingegno. Può emularli, talvolta in maniera incredibilmente fedele, ma manca ancora la scintilla. Qualora accadesse, ciò metterebbe in dubbio la centralità stessa dell’essere umano. Quell’uomo che talvolta anticipa o addirittura crea le esigenze della popolazione mondiale e che, in maniera mirabile, le gestisce e le soddisfa. Jobs come pochi altri vi è riuscito. E come tutti si è scontrato infine con la sua fragilità umana. Resta però la sua visione, e l’impressione generale che ha lasciato in eredità al popolo della “mela”.

È un fatto: le tecnologie non si possono ostacolare. E forse non dobbiamo nemmeno farlo, in quanto utili e forse insostituibili. La nostra esistenza, il nostro lavoro, si basano su transazioni online, e-mail e social network; ma non parliamo di rivoluzione, da soli questi strumenti non rivoluzionano nulla. In molti, troppi, sostengono che cellulari e pc abbiano instaurato una dittatura. E che il tema primario sarebbe comprendere come limitarne il potere sull’uomo.

Forse questa prospettiva non è del tutto inesatta, ma l’assunto da cui parte lo è. Quando si incolpano gli strumenti informatici e il Web di qualcosa, non bisogna dimenticare che dietro c’è l’uomo. La tecnologia è uno strumento e in quanto tale è neutrale. Non distingue bene e male, e non ha volontà propria. Il telescopio, senza Galileo non avrebbe rivoluzionato nulla.

Spesso si tende a considerare il silicio distruttivo quanto l’atomo, ma così si cade nello stesso fraintendimento. Come il genio, anche l’etica e la morale sono ancora soltanto umani. Non si deve limitare la tecnologia, ma occorre disciplinare l’uso che se ne fa. La pietà, il genio, l’affetto materno non sono sostituibili da provette, ingranaggi e chip. Steve Jobs ha inventato molti strumenti, ma la visione l’aveva in quanto uomo. E non c’è app o avatar che possa fare lo stesso.