Storia degli Stati Baltici dai Crociati alla fine del Comunismo
22 Marzo 2009
In un volumetto seriale, pubblicato mesi orsono per i tipi del Mulino, si raccontano, in forma estremamente succinta quanto completa, le millenarie vicende politico-statuali dell’area oggi occupata da Lettonia, Lituania ed Estonia. Il volume in questione s’intitola semplicemente “Storia dei paesi baltici” ed è scritto da Ralph Tuchtenhagen, esperto di Europa nord-orientale e prof all’Università di Amburgo. Il testo parte, com’è giusto e opportuno, addirittura dalla preistoria, ma l’autore spiega subito che si può parlare di terre baltiche solo dal momento della loro conquista da parte dei “cavalieri crociati”, la cui affermazione congiunta all’arrivo dei mercanti tedeschi provoca “la graduale scomparsa degli antichi domini tribali”.
L’intreccio di interessi fra crociati e commercianti è strettissimo. “Per le comunità mercantili anseatiche”, osserva lo studioso, “il commercio con le popolazioni non ancora cristianizzate nei territori del Baltico meridionale e orientale era fonte di eccellenti profitti, ma a causa della diffusa pirateria non costituiva un’attività priva di pericoli. Ai mercanti occorreva pertanto la protezione armata dei cavalieri crociati, che a loro volta ambivano, con il sostegno della Chiesa, a cristianizzare e a sottomettere la popolazione baltica e baltofinnica locale”.
Una realtà di periferia, dove si intrecciano e confliggono etnie e culture, che segna il destino delle tre future nazioni. L’autore si addentra nelle peripezie moderne di quelle regioni confinarie a cominciare dal celebre ducato di Curlandia, due secoli e rotti di storie, e da un complicatissimo gioco di equilibri con i potenti vicini, dalla Russia alla Polonia, dalla Prussia alla Svezia. Lo stop a quel difficile gioco di incastri arriva nel 1795, quando la regione passa “sotto la sovranità russa”, dove rimane sino al 1917, “formando una delle tre ‘provincie’ privilegiate ‘del Baltico’”.
Con l’avvicinarsi dell’epoca contemporanea si fa strada il cosiddetto “risveglio nazionale”. Ogni singolo territorio si sente un popolo, anche ispirandosi a quanto accade nel resto del continente, e specificamente guarda ai “grandi movimenti nazionali” di Italia e Germania. Ma solo la fine della Grande guerra trasforma in realtà quelle aspirazioni. Nascono così sulle ceneri della Russia zarista, dal ridimensionamento della Germania imperiale, ma anche in concomitanza con la formazione della Polonia indipendente, i tre staterelli baltici.
La pace separata fra Soviet e imperi centrali di Brest-Litovsk libera le risorse, la conferenza di pace di Versailles farà il resto. Fra le due guerre è però esistenza stentata, laboriosa ricerca di autonomia fra troppi minacciosi e terribili vicini. L’intesa fra Ribbentrop e Molotov chiude peraltro la partita.
Le popolazioni baltiche saranno fra le più bersagliate dall’intero periodo bellico: consistenti porzioni di residenti sradicati, le tradizionali comunità ebraiche ridotte al lumicino (275 mila gli sterminati, grazie anche all’attiva collaborazione di porzioni non trascurabili di locali). Sorte non diversa per i movimenti di opposizione nazionale, sotto duplice schiaffo, russo e tedesco. “L’occupazione tedesca”, scrive Tuchtenhagen, “fu accompagnata in tutti e tre i paesi baltici da forme di collaborazione, ma anche di resistenza”. Se gli estoni e i lettoni entrano nella polizia germanica, non così in Lituania “a causa della più aspra resistenza all’occupazione”. L’arrivo definitivo dell’Armata Rossa per una volta ancora chiude ogni margine di manovra politica e di autonomia. Guerra Fredda e Cortina di ferro faranno il resto.
Intanto, da Mosca, si tentano assimilazione e russificazione anche attraverso spostamenti massicci di popolazioni. L’arrivo di Gorbaciov al Cremlino rompe per sempre un cinquantennale problematico equilibrio basato, essenzialmente, sulla forza. Intanto fra il 1989 e il 1991 è abolita la censura e, di fatto, consentita la nascita di nuovi partiti, ultima tappa prima delle libere elezioni che mettono all’angolo le vecchie oligarchie comuniste. Sarà infine una “valanga” a travolgere ogni residuo legame con gli eredi di Lenin.
L’occasione è fornita dal cinquantenario del famigerato patto fra la Berlino nazista e la Mosca di Stalin. Capita così che per quel funesto anniversario, il 23 agosto 1989, i locali “fronti popolari” organizzino “una catena umana lunga seicento chilometri, da Vilnius a Tallin, composta di milioni di persone che reclamavano la libertà”. Di lì a qualche mese i tre paesi rompono l’indugio e si proclamano indipendenti da ciò che resta dell’Unione Sovietica. Il resto, l’ avvicinamento all’Europa comunitaria eccetera, è storia di oggi e quindi, opportunamente, fuori dalla ricostruzione proposta da questa agile “Storia dei paesi baltici”.