Su Bush a Bertinotti gli tocca rispondere

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Su Bush a Bertinotti gli tocca rispondere

31 Maggio 2007

Ci siamo appena rimessi in testa il cappello, dopo avere reso omaggio a Bertinotti che durante il suo viaggio in Israele ha avuto il coraggio di dire in faccia agli allibiti e infuriati parlamentari di Hamas che per lui “Israele è un luogo dello spirito” e subito il presidente della Camera ci delude. Ci delude due volte: la prima perché intervistato da Repubblica risponde “mi avvalgo della facoltà di non rispondere” alla domanda se l’infastidirebbe stringere la mano di Bush a Roma; la seconda perché, poche ore dopo, con un comunicato della Camera, specifica che “quale che sia la sua opinione, si atterrà strettamente e esclusivamente al pieno rispetto del suo ruolo, delle norme e delle prassi che lo regolano”, non dopo aver precisato che “distinguere il privato dal pubblico è esercizio fondamentale per la difesa delle istituzioni”.

Peggio il tacòn del buso, direbbero a Milano, perché la “correzzione” non fa che confermare e ribadire, per di più in una nota ufficiale della presidenza del Parlamento che al signor Fausto Bertinotti dà assolutamente fastidio stringere la mano a Bush e che lo farà solo per rispetto al suo ufficio. Un orrore, una buffonata. Una persona per bene, infatti, ha il diritto a negare la stretta di mano solo a un assassino, solo se grondano di sangue o di colpe innominabili, e dunque questo è il giudizio che Fausto Bertinotti dà di Bush.

Ma c’è di peggio. Il sospetto, che è certezza, è infatti che invece Fausto Bertinotti, il signor Fausto Bertinotti, stringerebbe assolutamente senza problemi la mano di George W. Bush, che non ne avrebbe nessun fastidio e che anzi sarebbe assolutamente incuriosito e stimolato da una discussione con lui, franca, ferma, ma cordialissima. Il problema, però, è che Fausto Bertinotti non sa che pesci pigliare l’8 giugno, perché larga parte della sua base elettorale (che l’ha appena bastonato nelle urne) non accetta che il governo Prodi, e men che meno lui stesso, accolgano Bush a Roma, se non a sassate. Bertinotti sa bene che la dissociazione del suo partito dalla manifestazione degli antiamericani e il raduno di Prc, Pdci e Verdi in una piazza, è una scelta perdente, minoritaria, indifendibile. Ancora peggio: Fausto Bertinotti sa bene che la logica politica spingerà i vari Casarini e “disobbedienti” proprio “a fare casino” quel giorno, per dimostrare come la sua scelta di appoggiare il governo Prodi sia miope e collaborazionista con gli yankee guerrafondai.

A fronte di una contraddizione insanabile in cui è impantanato in pieno, dunque, Bertinotti abdica al suo coraggio abituale, rinuncia a dare una eccellente lezione di quel pacifismo che pur tenta di afferrare, ma che ancora non ha ben interiorizzato, se la cava con una battuta infelice, poi ne fa un comunicato della Camera. Ora, però deve stare attento perché, messe così le cose, c’è il rischio concreto che sia George W. Bush a “essere infastidito” a stringere la mano a lui.