Su crescita e sviluppo economico l’Europa dovrebbe imparare da Israele
04 Febbraio 2012
Più del 90% circa delle notizie trasmesse dai media televisivi degli Stati Uniti relative allo Stato d’Israele riguardano il suo rapporto conflittuale con i palestinesi e le relazioni scomode, avversariali e spesso marziali, tra Israele e i suoi vicini, tra cui, eufemisticamente, possiamo anche annoverare l’Iran degli ayatollah.
Per questo una bella maggioranza di coloro i quali visitano per la prima volta in Israele, rimangono stupiti dal dover constatare quanto “normale” sia questo paese. Sfortunatamente per i nemici dello Stato ebraico, Israele non è sull’orlo del collasso, come lo sono invece altri suoi Stati rivali. Al contrario vive, ormai da tempo, un miracolo economico straordinario, praticamente ignorato dalla stampa mondiale.
Il rapporto qui di seguito fornisce una ulteriore prova a conferma di quanto sia unico il progresso economico e tecnologico israeliano: il tasso di disoccupazione in Israele è sceso ad un minimo storico da più di 30 anni (solo il 5% nell’ottobre 2011), ha riferito pochi giorni fa l’ufficio centrale di statistica dello stato israeliano. Le informazioni dell’Ufficio indicano che il numero degli israeliani disoccupati, è ora di 155.000 persone, meno 1,3% rispetto al Dicembre 2010.
Ciò significa che ci sono meno di 40.300 solo ieri disoccupati che oggi godono di un lavoro retribuito. Questi numeri sembrano sfidare e contraddire le previsioni degli economisti della Banca d’Israele e dell’OCSE, che hanno previsto che la disoccupazione dovrebbe aumentare dell’1-1,5%, e raggiungere un 6,5% entro la fine di quest’anno.
L’inaspettato calo della disoccupazione può essere attribuito a una rapida crescita economica, una maggiore efficienza a livello produttivo e una migliore qualità della vita. Mentre il resto del mondo è infatti in una sorta di spirale verso il basso, Israele sta sorvolando la crisi economica mondiale. Il rapporto mette Israele in una posizione più elevata rispetto alla maggior parte dei paesi occidentali. Tanto per fare qualche paragono, uno per tutti gli Stati Uniti, hanno un tasso di disoccupazione del 8,3% e le nazioni della zona euro hanno una media del 10,3%.
Un’affascinante cronaca e analisi sulla ‘genesi’ della prosperità odierna israeliana, merita di essere letto il libro "Laboratorio Israele" (tradotto in italiano da Mondadori) di Dan Senor e Saul Singer. Il successo economico e tecnologico di Israele deriva sicuramente dal forte incentivo che in Israele viene dato alla ricerca e alla nascita di aziende tecnologiche (Israele ha il più alto tasso di investimenti in ricerca e sviluppo del mondo).
Anche le privatizzazioni e le liberalizzazioni intraprese nel 2003 da Netanyahu quando era ministro delle Finanze (e in particolare la sua riforma del sistema bancario) hanno dato una bella spinta in avanti al paese. A questi fattori si aggiungono inoltre una buona riserva di capitale umano qualificato, il 45% della popolazione israeliana è in possesso d’istruzione universitaria (un dato invidiabile se confrontato con il 15% italiano). Dati che fanno rabbrividire molti editori di giornali che sono più propensi a dare cattive notizie riguardanti lo stato di David anziché scrivere titoli come “Prospero Israele!”.
Sarebbe un buon punto di partenza ricominciare a normalizzare l’immagine di Israele nel mondo, cosicché la pessima reputazione attuale abbia la possibilità di essere sostituita da qualcos’altro, ovviamente di positivo questa volta, da trasmettere al resto del mondo, e con ciò descrivere la straordinaria forza economica e tecnologica che vanta, ovviamente oltre alle bellezze muliebri alla Bar Rafaeli s’intende.