Sudan, chi arresterà il presidente al-Bashir?

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Sudan, chi arresterà il presidente al-Bashir?

05 Marzo 2009

“Paese dei Neri” è il significato in arabo di Bilad al-Sudan. Antica terra dei regni di Kush e Meroe, dopo essere stata una roccaforte cristiana nel Medio Evo la Nubia dei romani fu islamizzata per conquista a partire dal XVI secolo. Ma nel XIX secolo il cosiddetto “Condominio Anglo-Egiziano” del Sudan finì per mettere assieme un Nord ormai arabizzato con un Sud ancora animista e aperto all’influenza dei missionari cristiani; e anche con un Darfur pure islamico, ma ancora legato alle sue lingue e culture africane. L’uno e l’altro, il Sud e il Darfur, soggetti ad ataviche scorrerie schiaviste dei nordisti. La rivolta armata del Sud del 1955 precede addirittura di un anno l’indipendenza del Paese. Mentre nel 1958 il sedicenne Omar Hassan Ahmad al-Bashir entra nell’esercito: nato nel Capodanno del 1944, la sua era una famiglia contadina del piccolo villaggio di Hosh Bannaga, 150 Km a nord di Karthoum nella Provincia del Nilo, che però lo ha portato nella capitale ancora piccolo.

Il 1966 è l’anno in cui il 22enne Bashir si diploma all’Accademia Militare Sudanese di Karthoum, dopo essere anche transitato per l’Accademia Militare del Cairo. Nel 1969 il nasseriano generale Nimeiry prende il potere con un golpe militare. Nel 1972, dopo oltre mezzo milione di morti, si arriva coi ribelli sudisti a un accordo di pace, sulla base della concessione al Sud di un’ampia autonomia regionale, sotto un’amministrazione locale unificata. E nel 1973 il 29enne Bashir combatte come ufficiale paracadutisti in un reparto egiziano durante la Guerra del Kippur contro gli israeliani: un episodio tutto sommato marginale, ma che gli vale un’aureola da eroe che è un elemento all’origine della sua successiva rapida carriera. L’altro elemento è la scelta con cui nel 1981 un Nimeiry in crisi di popolarità pensa di cavalcare la tigre montante dell’integralismo islamico sciogliendo l’assemblea regionale del Sud, nominando procuratore generale il leader del gruppo integralista dei Fratelli Musulmani, e iniziando a spostare le unità sudiste al Nord, sostituendole con militari arruolati nelle zone islamiche. Nel 1983 la guerra civile riprende, mentre Nimeiry proclama la legge coranica in tutto il Paese. Nel 1985 è però deposto dal golpe del generale Sewar el-Dahab, che revoca la Sharia, riporta i pluralismo e offre ai ribelli dell’Esercito Popolare di Liberazione del Sudan (Spla) un tavolo di trattative. Ma il 30 giugno 1989 il governo civile è rovesciato dal golpe del feldmaresciallo Bashir, intanto cresciuto di grado proprio combattendo i sudisti. Interrotto il negoziato, inizia una curiosa diarchia con il leader dei Fratelli Musulmani Hassan al-Turabi, ideologo del regime.

Nel 1990 il regime di Bashir e Turabi prima accoglie volontari iraniani, che vanno a combattere contro i sudisti. Poi si schiera rumorosamente dalla parte di Saddam Hussein, al momento dell’invasione del Kuwait. Tra 1991 e 1996 ospitano addirittura Osama Bin Laden. E di conseguenza il 20 agosto 1998 il Sudan, accusato di complicità con il terrorismo internazionale, subisce un bombardamento Usa. In effetti vi è ancora il dubbio se al-Shifa, la fabbrica di Khartoum colpita, producesse medicinali o armi chimiche. Ma al-Bashir capisce l’antifona. Nel 1999 apre al pluralismo. L’11 settembre 2001 condanna con forza gli attentati di al-Qaida. Nel 2002 esorta Saddam Hussein a non intralciare gli ispettori internazionali. E tra 2004 e 2005 manda per un po’ in galera al-Turabi, ponendo termine alla diarchia in proprio favore.

Il 2002 è l’anno in cui il numero delle vittime civili, a partire dal 1983, raggiunge i 2 milioni, ma anche quello in cui il processo negoziale riprende. Dopo due anni di fitte schermaglie, l’accordo di pace è infine firmato a Nairobi il 9 gennaio 2005. Al Sud sono concessi sei anni di autonomia, dopo di che un referendum potrà decidere l’eventuale secessione. Se il Sudan resterà unito, i governativi e i ribelli del Sud confluiranno in un solo esercito di 39.000 uomini. Gli introiti del petrolio saranno divisi al 50 per cento. Gli uomini designati dal governo avranno il 70 per cento dei posti pubblici nell’amministrazione centrale e il 55 per cento in quelle locali del Sud; gli uomini designati dai “sudisti” avranno il 30 per cento a livello nazionale e il 45 per cento a livello locale. La sharia potrà essere introdotta al Sud solo su decisione di un’assemblea elettiva. Lo stesso giorno il ribelle John Garang diventa vicepresidente della Repubblica. Ma il 30 luglio muore in un incidente in elicottero. Malgrado i dubbi della base dello Spla, la dirigenza del movimento concorda sulla tesi del governo, secondo cui la colpa dell’incidente è del maltempo. E designa come vicepresidente al suo posto Salva Kiir Mayardit.

Ma per un genocidio cui si è posto fine al Sud, un altro ne inizia dal 26 febbraio 2003 all’Ovest, nel Darfur. Non più cristiani e animisti contro musulmani, ma contadini neri musulmani contro altri musulmani che in realtà sono neri anche loro, ma che essendo arabofoni e pastori si considerano arabi. Riprendendo la tattica già così spesso sperimentata al Sud, nel momento in cui la regione inizia ad agitarsi il governo di Khartum scatena infatti contro i ribelli i nomadi arabizzati baggara, riuniti nella milizia Janjaweed: i “diavoli a cavallo”. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati si tratta “non di una delle più gravi emergenze umanitarie del mondo, ma della più grave emergenza umanitaria in assoluto”. L’accusa della Corte Penale Internazionale parla di almeno 300.000 morti e 5 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case, in una regione la cui popolazione non oltrepassa i 6 milioni. In base a questa accusa Bashir è divenuto il primo capo di Stato per il quale il Tribunale Penale Internazionale ha chiesto l’arresto. Bisognerà vedere chi dovrà andare a prenderlo.