Sul federalismo la Sardegna è ancora ferma al palo

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Sul federalismo la Sardegna è ancora ferma al palo

18 Marzo 2011

In Sardegna il tavolo è stato avviato ma poi si è fermato. Si sta cercando di farlo ripartire. Il tavolo in questione è quello relativo al federalismo fiscale e a gettare ombre sulla celerità del processo sardo è il presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, Copaff, Luca Antonini.

A margine di un convegno organizzato dalla Fondazione Magna Carta a Roma, all’interno della rassegna "dialoghi diVini", Antonini mostra ottimismo sulle altre regioni a statuto speciale e un velo di preoccupazione per quel che riguarda la Sardegna. Al Nord (Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige) in questi ultimi anni sono stati compiuti (in senso federale) passi in avanti, tanto che, spiega Antonini, “alcune delle Regioni hanno già assunto funzioni statali”, scrivendo nei propri Statuti nuove norme relative all’autonomia finanziaria, assumendo quindi a proprio carico gli oneri corrispondenti. Procede anche la Sicilia, dove il tavolo di confronto tra Governo e Regione “sta ripartendo proprio in questi giorni” mentre in Sardegna “al momento è tutto fermo”. Eppure la Sardegna, storicamente afflitta da un gap infrastrutturale e da cronici problemi legati all’insularità, è forse la regione che più di altre ha bisogno d’attenzione.

“Le Regioni speciali sono “blindate” all’interno dei loro statuti”, spiega Antonini. E siccome – questo il ragionamento – nessuna legge ordinaria può eliminare le difese costituzionali della “specialità” (bisognerebbe appunto intervenire per via costituzionale ma non è una ipotesi al vaglio), “è indispensabile un accordo”. Dal laboratorio di idee politiche che fa capo al vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, il presidente del Copaff lo dice chiaramente: “I tavoli avviati dal Governo servono proprio per questo”, lasciando intendere la necessità del Governo di trovare la quadra al più presto per avviare quel sistema di riequilibrio e ridistribuzione che nelle intenzioni dell’Esecutivo colpirà sprechi e inefficienze. O, per dirla con le parole del ministro Tremonti, “raddrizzerà l’albero storto”.

Quanto è stato fatto fino a oggi per le regioni a statuto speciale? Nella legge delega sul federalismo, solo due articoli su 29 (il 22 e il 27) puntano un faro su queste regioni. Il primo è frutto del pressing del deputato sardo Mauro Pili, che ha spinto affinché, alla lettera G dell’articolo 22, venisse misurato il divario insulare e si provvedesse alla compensazione attraverso progetti speciali costituzionalmente riconosciuti (la richiesta che si vari immediatamente il decreto sull’insularità è stata rilanciata ieri dallo stesso Pili con la mozione sottoscritta anche dai parlamentari sardi del Pdl). Questo il ragionamento del deputato: “Se il passo in avanti lo fanno solo le regioni ordinarie e non anche quelle speciali, si viola la Costituzione”. Il secondo articolo è decisamente più programmatico e stabilisce che le regioni dovranno conseguire obiettivi perequativi e di solidarietà, secondo i criteri fissati dalle norme di attuazione dei rispettivi statuti.

Intanto, il ministro Calderoli (cui Bossi ha affidato la missione di portare a casa la riforma) continua la strada del dialogo con gli interessati, Regioni in primis. “L’ho lasciato al lavoro sulle proposte del fisco regionale”, ha detto Antonini giustificando il lieve ritardo al tavolo del convegno. E, più a monte, facendo intendere il continuo lavorìo per arrivare a un testo il più possibile condiviso. Di certo, fino a oggi, nella partita sul federalismo fiscale solo chi ha avuto il coraggio di "attaccare" in nome del futuro delle competenze e dei bilanci, ha fatto gol.

(Tratto da l’Unione Sarda)