Sul fisco Prodi eTps si sfidano a duello sulle spalle della gente
14 Gennaio 2008
Da
Malta Romano Prodi ha aperto la conferenza stampa con un frase diretta
a rincuorare la stampa che con il Ministro dell’Economia e delle Finanze
Tommaso Padoa Schioppa sta operando grazie un’intesa molto completa: le
risorse per dare corpo al “patto per la crescita” (nuova versione delle tante
guise prese dalla concertazione negli ultimi venti anni) si troveranno, TPS lo
confermerà in marzo (quando verrà presentata la prima “trimestrale di cassa”
del 2008), ma nel frattempo le parti sociali dovranno metterci del loro e
definire regole che esaltino la produttività.
Un’apertura di conferenza-stampa
del tutto inattesa (Prodi era a Malta per celebrarne l’ingresso
nell’euro).
Quasi in parallelo con la
conferenza- stampa di Prodi, un telegiornale della sera sparava una non-notizia
(in quanto relativa ad un fatto già noto e su cui sono stati già scritti
centinaia di articoli, nonché due libri a firma di Giuliano Amato): un eventuale aumento dell’aliquota di imposta
sulle rendite finanziarie (dal 12,5% al 20%) avrebbe un effetto nefasto sui
circa 600 piccoli e traballanti fondi pensione nostrani in quanto hanno
collocato le loro attività in gran misura in titoli di Stato.
La non-notizia
otteneva titoli su più colonne nelle prima pagine di qualche quotidiano la mattina
del 12 gennaio. Dando un colpo molto duro a quella parte della maggioranza (e a Prodi in prima persona) che ha più volte richiesto l’incremento delle
aliquote.
Gli
innocenti hanno probabilmente pensato a qualche stakanovista topo di redazione
e qualche redattore capo dalla memoria corta: avrebbero tirato fuori la
non-notizia nella stanca di un venerdì sera dove scarseggiavano avvenimenti di
economia e finanza tali da interessare il grande pubblico. Gli smaliziati un
po’ malignetti ne vedono invece un episodio del duello, a colpi di fioretto, tra Prodi
e TPS sulla politica economica del prossimo futuro.
A
farlo pensare c’è anche un’imprecisione tecnica, non di poco conto: dei 600
fondi, circa 200 (i più consistenti) sono “di nuovo tipo”, ossia creati in base
alla normativa che prevede il loro finanziamento tramite versamenti (in molti
casi incentivati) effettuati somme che, altrimenti, sarebbero andate a
confluire nel tfr. Questi fondi, e molti di quelli “di vecchio tipo”
strutturati su piani di accumulo con una componente di assicurazione-vita, sono
trattati fiscalmente come investitori istituzionali; incassano, quindi, la
cedola al lordo dei successivi regolamenti finanziari. Di conseguenza,
l’aliquota effettiva sulla cedola è funzione di tali regolamenti finanziari
(verosimilmente differenti per ciascun fondo) – non rappresenterebbe un onere
secco come avverrebbe per i piccoli risparmiatori e le famiglie.
TPS si gode un privilegio da “tecnico”: non ha
sottoscritto il programma dell’Unione (che contempla la maggiore tassazione
sulle rendite finanziarie, appena accennata, invece, nel programma di Governo).
Sa anche che gli effetti di trascinamento delle misure tributarie della XIV
Legislatura (inesistenti o quasi quelle della finanziaria del 2006 sul 2007)
sono terminati e che non potrà contare su altri “tesoretti”: lo dice il modello
economico della Bce e lo sottolinea il Viceministro Vincenzo Visco che di tasse
se ne intende.
Quindi, un eventuale sostegno da parte della
finanza pubblica al “patto per la crescita” dovrebbe venire essenzialmente da
un maggiore peso della fiscalità sulle rendite finanziarie. Né TPS né Visco
hanno, in linea di principio, opposizioni teologiche o teleologiche ad
attuarla. Ne hanno, invece, a darle corpo adesso – al di là dei suoi effetti
quantitativi (piuttosto modesti in aggregato ma pesanti per piccoli
risparmiatori e famiglie). In una fase in cui ci sono forti segni di flessione
sia del private equity che delle titolarizzazioni – due delle principali forme
di finanziamento degli investimenti negli ultimi 20 (private equity) e 10
(titolarizzazioni) anni. Secondo stime in mano al Tesoro, in Europa le
titolarizzazioni hanno subito una riduzione del 25% nel 2007 (a ragione degli
effetti della crisi subprime) e ne accuserebbero una ulteriore del 30% nel
2008. Analogo il fato del private equity (anche se mancano stime quantitative
affidabile). In questo contesto, l’aumento dell’imposizione sulle rendite
potrebbe causare, anche per ragioni psicologiche quale quello che in economia
si chiama “effetto ricchezza”, una caduta del tasso d’investimento e riportarci
ad una crescita del pil inferiore all’1% ; sulla scrivania di TPS le previsioni
del “consensus” dei 20 centri di previsione economica internazionali (prodotte
la sera del 10 gennaio) davano un pallido 1,3% all’aumento del pil dell’Italia
nel 2008 (sempre che non ci siano eventi che lo trascinino al ribasso – quale
una recessione Usa o misure nostrane tali che mettano in fuga gli investitori).
Forte, quindi, il sospetto (non solo negli ambienti della maggioranza) che la
non-notizia sui fondi (uno spauracchio per i sottoscrittore che non avevano
metabolizzato quando scritto e ribadito due anni fa) si debba considerare pilotata
(magari usando la buona fede di qualche ingenuo con la memoria corta).
TPS avrebbe in tal modo reso pan per focaccia
ad un colpo di fioretto analogo che, la vigilia dell’Epifania, sarebbe partito
da Palazzo Chigi – o meglio ancora dagli uffici della Presidenza del Consiglio
a Via della Mercede : un lancio di agenzia per presentare come nuova di zecca
una notizia già da settimane, e per gli specialisti da circa un anno- una
sintesi, peraltro artata, del lavoro “Effetti di equilibrio economico generale
della politica fiscale: stime per l’area dell’euro” le stime per l’area
dell’euro” di Lorenzo Forni, Libero Monteforti e Luca Sessa del servizio studi
Bankitalia. L’analisi è disponibile novembre e le sue varie versioni sono state
oggetto di numerosi seminari in Italia ed all’estero negli ultimi due anni. E’
diverse pagine di algoritmi ed econometria- non certo il materiale che eccita i
giornalisti economisti e causa loro un orgasmo la notte della Befana. Il lancio
di agenzia e la stampa, infatti, ne
hanno colto un unico messaggio: quello secondo cui un taglio della pressione
fiscale di un punto percentuale avrà effetti positivi sulla crescita nel medio
periodo (due-quattro anni) se riduce l’imposizione sul lavoro e sui consumi,
mentre avrebbe effetti più deboli se si intervenisse (sempre per un punto
percentuale di pil) in altro modo. E’ il punto che Prodi & Co. (ammiccando
alla triplice sindacale) volevano fare ingoiare a TPS e VVV (non certo
favorevoli ad un taglio delle imposte adesso, anche a ragione della fine dei
“tesoretti”) .
Lo
studio (basato su sviluppi innovativi di una metodologia quantitativa
consolidata – Amedeo Fossati ha curato nel 1991 una raccolta di saggi, tutti di
autori italiani, su questi temi) dice molto di più di questa banalità (che ha
trovato ampio spazio in televisione e nei giornali). La riduzione dell’onere
fiscale è condizione necessaria per la ripresa (e la soluzione ottimale, tra le
alternative possibili, consiste nell’operarla sull’imposizione sul lavoro e sui
consumi), ma non è, però, la condizione sufficiente. Le equazioni relative al
mercato del lavoro (pp. 13-14, 22-23 e 41-42 del testo inglese dello studio)
sono almeno tanto importanti quanto quelle sui tributi: postulano un saggio
salariale identico nel settore pubblico ed in quello privato e flessibilità
lavoristica e retributiva nel privato. In termini di politica economica, ciò
vuole dire avvicinare le retribuzioni nel pubblico e quelle nel privato (oggi
le prime sono più elevate delle seconde, specialmente nel Mezzogiorno) e dare
la priorità alla contrattazione decentrata perché è in azienda che meglio si
coglie il nesso tra compenso e produttività. Temi che non piacciono alla
sinistra radical-reazionaria ed a Prodi, specialmente con la contrattazione collettiva
dei metalmeccanici in corso.
La
guerra continua. Con il fioretto e l’eleganza dei Gourmet Festival di St.
Marotz. Piuttosto che delle Feste dell’Unità ai giardini della Montagnola a
Bologna.
La
prossima puntata è già in calendario. La mattina del 15 gennaio, quasi in
contemporanea, nell’aula magna della Scuola Superiore di Economia e Finanza,
Franco Reviglio terrà una prolusione sul fisco e nella Sala delle Colonne della
Luiss Richard Freeman di Harvard ne terrà una su produttività e salari. Non che
Reviglio o Freeman si facciano influenzare. Attenzione, però, a come le agenzie
ed i media riporteranno i contenuti delle loro prolusioni (molto tecniche e,
quindi, filtrate da portavoce ed uffici stampa).
Riferimenti
Giuliano Amato , Mauro Maré “Il gioco delle pensioni:
rien ne va plus?” Il Mulino, Bologna, 2008.
Giuliano Amato, Mauro
Maré “ Le pensioni: il pilastro mancante” Il Mulino, Bologna 2001
Lorenzo Forni, Libero
Monteforte e Luca Sessa, n. 652 –“ Gli effetti di equilibrio economico generale
della politica fiscale: stime per l’area dell’euro (The general equilibrium
effects of fiscal policy: Estimates for the euro area) Banca
d’Italia, “Temi di Discussione” n. 652 Novembre 2007.