Sul nucleare l’Italia punta a diversificare per non farsi colonizzare

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Sul nucleare l’Italia punta a diversificare per non farsi colonizzare

L’Italia continua senza respiro nel processo verso il rilancio del nucleare ed entra nel circolo delle potenze nucleari (parliamo di nucleare civile s’intende). Dopo la firma dell’accordo Italia-Francia lo scorso febbraio, ed il Memorandum of Understanding (MOU) fra AtomStroyExport (ASE) – responsabile per la costruzione dei reattori in Russia destinati all’esportazione – Inter RAO UES (la utility responsabile per le esportazioni di elettricità) ed Eni Power e Gruppo Finmeccanica, si aggiunge adesso l’accordo fra Italia e Giappone.

Tale accordo è stato firmato domenica scorsa a seguito del meeting fra i ministri dell’energia dei membri del G8 a Roma. L’accordo, descritto come “generico”, copre risorse umane e lo scambio di informazioni e non riguarderà la costruzione di impianti nucleari in Italia. Dopo la firma, il ministro Scajola ha puntualizzato che il governo aveva già contattato vari paesi ed è particolarmente interessato alla tecnologia giapponese ed americana.

Al tempo stesso il ministro dello Sviluppo economico Scajola ha anticipato l’accordo nucleare Italia-Usa nel fine settimana, il quale è figlio dell’intesa siglata dal suo predecessore Bersani nel novembre 2007, focalizzato sulla ricerca per la quarta generazione.Con questo accordo l’Italia continua sulla strada per acquisire conoscenza ed accesso a tutte le tecnologie per reattori nucleari.

La firma dell’accordo con la Francia apre la strada alla tecnologia EPR sviluppata da Areva; l’accordo con la Russia permette di mantenere aperta la possibilità per la tecnologia VVER-1000 e 1200; e il recente accordo con il Giappone (e l’interesse per la tecnologia statunitense) apre la strada per le tecnologie EBWR, sviluppata da General Electric – Hitachi, e in parte quella AP1000, sviluppata da Westinghouse (ma controllata dalla Giapponese Toshiba).

In aggiunta il pre-annunciato accordo Italia-USA sarà un chiaro segnale della volontà politica di aprire la strada alla tecnologia americana Westinghouse per la seconda fase del piano di rilancio dell’atomo nel nostro Paese, dopo che la prima è stata in qualche modo monopolizzata dalla francese Epr, che verrà sviluppata dall’asse Edf-Enel-Areva. Manca solo un MOU con il Canada, che possiede l’unico altro reattore sul mercato, CANDU sviluppato dalla canadese AECL, per chiudere il circolo.

Tale strategia rispecchia quella già sviluppata da ENEL, la quale attraverso partecipazioni e collaborazioni, sta già accumulando esperienza con tutti tali reattori – in Spagna (reattore PWR), Francia (reattore EPR), Romania (reattore CANDU) e Slovacchia (reattore russo V-213).

Il processo di collaborazione internazionale si sta infatti intensificando e ha visto il proliferare di accordi e MOU fra diversi paesi, dimostrando la volontà dei paesi con esperienza in campo nucleare a fornire supporto ai paesi nucleari emergenti. Alcune collaborazioni sono con obiettivi specifici, come è il caso dei paesi che hanno firmato il GIF (Generation IV International Forum) o per la costruzione di reattori (l’accordo fra India e Kazakhstan), ma la maggior parte degli accordi sono più ampi e spaziano fra strategie, policy, collaborazioni tecnologiche o di know how, ad accordi riguardanti investimenti.

Quello fra Italia e Giappone è un accordo generico anche se limitato nello scopo (a risorse umani e scambio di know how) ma in questo modo il nostro paese continua a preparare il terreno per la costruzione di nuovi impianti in maniera sistematica ed intelligente. E c’è da aspettarsi una serie di nuovi incontri, dialoghi ed accordi nel futuro con altri paesi. Questo è infatti un aspetto fondamentale per garantire che la costruzione di nuove centrali avvenga nel contesto di un mercato aperto e competitivo.

In definitiva, la strategia del Governo italiano pare indirizzata a creare le condizioni politiche affinché si possa evitare quella “colonizzazione tecnologica” più volte paventata da diversi operatori del settore e di recente esplicitamente negata dallo stesso Scajola, e si apra invece la strada ad una diversificazione tecnologica che garantisce sicurezza, efficienza e competitività.

(Giorgio Calì e Filippo Gaddo)